Venezia 2015, Italian Gangsters: Recensione in Anteprima
03/09/2015
2 mesi dopo lo sbertucciato La vita Oscena, Renato De Maria è tornato al Festival di Venezia con Italian Gangsters, documentario presentato alla stampa nella sezione Orizzonti. Un vero e proprio affresco sull'Italia criminale tra gli anni '40 e gli anni '60, quello realizzato da De Maria, interessatosi ad alcuni volti celebri di quel preciso periodo storico, vedi la banda Cavallero, Ezio Barbieri, 'il Dillinger bolognese' Paolo Casaroli, Luciano De Maria, Horst Fantazzini e 'il solista del mitra' Luciano Lutring.
Un periodo storico di guerra e ricostruzione, quello rivisitato dal regista, trainato nell'operazione dagli straordinari archivi video dell'Istituto Luce, tanto da spaziare tra le città devastate dalle bombe e le prime pagine di un tempo dedicate proprio ai malaffari di questi 'italian gangsters'. A raccontarne le storie gli stessi 'criminali', ovviamente interpretati da 6 attori chiamati a sviscerare in prima persona l'esistenza dei rispettivi malviventi, ovvero Andrea Di Casa, Francesco Sferrazza Papa, Sergio Romano, Aldo Ottobrino, Paolo Mazzarelli e Luca Micheletti.
Primo piano stretto sull'intenso volto di turno, sfondo nero e pedalare. Alternando continuamente le storie dei vari protagonisti ad immagini d'epoca e a scene legate a quel cinema di genere anni '70 purtroppo dalla nostra industria dimenticato (Milano calibro 9 di Fernando Di Leo abbondantemente saccheggiato, Svegliati e uccidi (Lutring) di Carlo Lizzani, La banda Casaroli di Florestano Vancini), De Maria delinea i lineamenti di un Bel Paese dai più dimenticato, 'raso al suolo' dalla Seconda Guerra Mondiale, stritolato dal ventennio fascista, politicamente in subbuglio ed economicamente pronto ad esplodere con il boom degli anni '60.
Criminali legati al Nord del Paese, quelli dipinti dal regista di 'Paz!', in quelle Milano e Torino che in quanto metropoli industriali tiravano fuori l'Italia intera dalle secche del dopoguerra. Ma è in questo contesto di povertà e instabilità che sorgono alcuni dei personaggi più pericolosi del nostro '900. Ladri gentiluomini e assassini, rivoluzionari dal grilletto facile e rapinatori, tra banche svuotate e morti ammazzati. Teatrale nell'impostazione attoriale, con almeno 3 dei 6 protagonisti inaspettatamente credibili nell'indossare gli abiti dei criminali, il documentario (di finzione) di De Maria abbandona forse troppo presto l'enorme e ricca strada del filmato d'epoca per affidarsi con ripetitivo interesse a pellicole di genere targate Bava e Deodato, Petri e Bellocchio, per poi citare Enzo Biagi, Giorgio Bocca e Indro Montanelli attraverso parole e interviste legate proprio agli 'Italian Gangsters' presi in considerazione dal titolo.
A lungo andare ridondante nel modo in cui si evolve, tra primissimi piani dei sei attori 'malviventi' e stacchi di montaggio legati agli omaggi cine-televisivi di un tempo, il film di Cinecittà Luce ha il pregio di illuminare un dettagliato e tumultuoso periodo storico d'Italia, raccontando quelle trasformazioni sociali che successivamente, negli anni '70, divennero ancor più sanguinose e 'terroristiche' di allora. Prima delle Brigate Rosse e della Banda della Magliana furono proprio questi Cavallero, Barbieri, Casaroli, De Maria, Fantazzini e Lutring a calamitare l'opinione pubblica nazionale, impaurita e al tempo stesso per 20 anni affascinata dai 'gangsters' all'italiana. Temerari, ideologici, egocentrici e violenti eppure mai 'morti sul campo', bensì catturati e sbattuti dentro, per poi rimanerci e/o tornare in libertà. Ricominciando a vivere. Un progetto imperfetto ma al tempo stesso intrigante anche in previsione 'tv', quello targato De Maria, tanto da poter sbandierare l'idea di una serie alla 'Romanzo Criminale' dedicata ai vari malviventi che hanno segnato il nostro secolo passato. Uno per puntata, città dopo città, anno dopo anno. Ma questa è un'altra storia.
Fonte: cineblog.it