Usa, troppo lavoro: va in crisi anche il weekend
09/01/2009
Diminuisce la possibilità di staccare dagli impegni lavorativi. Risultato: crisi nelle coppie, ansia e depressione
NEW YORK – Ogni venerdì mattina Monica Leach spera di trascorrere il weekend al mare insieme al marito Jack, giornalista, e al figlioletto di 18 mesi. «Ma all’ultimo momento cambiamo sempre programma», si lamenta la 34enne ballerina, «durante la settimana non abbiamo abbastanza tempo per fare la spesa e lavare i panni e così ci tocca restare a casa e lavorare anche nel weekend. Quindi si finisce sempre per rimandare alla prossima settimana».
I Leach non sono gli unici, in America, a dover rinunciare sempre più spesso ad uno dei sacri riti a stelle e strisce: il fine settimana. Secondo una ricerca condotta dal Families and Work Institute, il 33% degli americani oggi lavorano anche al di fuori dell’orario normale d’ufficio, mentre il 37% prendono ferie che durano meno di sette giorni. Ma non è sempre stato così. Nel 1977 una coppia di giovani sposati, entrambi impiegati, lavorava in media 81 ore settimanali. Nel 2001 quel numero è salito a 91 ore a settimana e secondo le ultime stime, presto si sforerà la soglia delle 100 ore. Un aumento così vertiginoso e stressante da aver spinto molti a cercare aiuto. «Ho registrato un aumento del 50% nel numero di coppie stacanoviste che si rivolgono a me sull’orlo dell’esaurimento nervoso», racconta il dott. Peter Fraenkel, noto psichiatra newyorchese, «il lavoro le perseguita fino a casa, a cena, a letto e soprattutto durante il weekend, sfasciando dozzine di matrimoni».
«In quasi ogni seduta con i miei pazienti suona il cellulare di uno dei due, – puntualizza Fraenkel – ed è sempre una chiamata riguardante il lavoro». Di recente Fraenkel ha aiutato una coppia di celebri newyorchesi (ovviamente non può rivelarne il nome), il cui matrimonio si stava disintegrando perché la prima cosa che il marito faceva il sabato mattina era controllare l’e-mail lavorativo. «Anche quando erano a casa in campagna, lui non riusciva mai a rilassarsi», spiega lo strizzacervelli. Il problema ha assunto dimensioni epidemiche. «La linea di demarcazione tra lavoro e vita privata sta diventando sempre più offuscata», commenta Kathleen Gerson, docente di sociologia alla New York University. «Con cellulari, palmari, e-mail ed altre tecnologie, si è sempre al lavoro, specialmente in una città come New York».
Per contrastare quest’inarrestabile trend è sorto il «movimento per la riconquista del tempo libero». Organizzazioni come «Take Back Your Time» e «Leisure Time Productions» si battono per rendere obbligatoria la pausa del fine settimana. «Anche Dio dopo aver creato il mondo si è riposato», spiega Kristine Enea, autrice di «Time Off! The Upside to Downtime», la bibbia dei vacanzieri della domenica che nel 2001 ha deciso di lasciare il suo lavoro strapagato ma stressante, per dedicarsi a diffondere il vangelo del rilassamento. «E’ una necessità umana basilare che non viene quasi mai soddisfatta», spiega la Enea. Nel suo libro la scrittrice cita varie ricerche che dimostrano come gli impiegati poco stressati e ben riposati sono anche i più produttivi, energici e creativi, sia nel lavoro sia nella vita. «Dozzine di studi provano che chi non va in vacanza vive di meno», dice Enea, «e chi lavora cinque, sei ore al giorno è altrettanto produttivo di chi ne lavora otto».
Corriere della Sera
Alessandra Farkas
17/6/2005