Usa, la frenata dei prezzi

09/01/2009

Primo calo in 8 mesi dell’inflazione negli Stati Uniti – Precipita la fiducia in Germania.

NEW YORK • La tregua concessa dai mercati al petrolio è durata solo un giorno. Dopo le flessioni di lunedì, legate al successo di Chavez in Venezuela, il greggio ha toccato ieri l’ennesimo record volando a 46,95 dollari al barile a New York, per chiudere a 46,75.

In uno scenario ormai ipersensibile, la nuova corsa del petrolio è stata accesa dal persistere delle preoccupazioni sul destino di Yukos e sull’Irak, ma anche, quasi paradossalmente, da un allentamento delle tensioni inflazionistiche in America. I prezzi al consumo in luglio, infatti, sono calati dello 0,1%, prima flessione in otto mesi.

A rasserenare lo scenario americano hanno contribuito anche il dato sulla produzione industriale, cresciuta dello 0,4%, e il buon andamento del settore immobiliare. Dati in grado di preludere a nuova domanda d’energia: ma a rilanciare il petrolio si è aggiunta anche l’attesa del dato di oggi sugli stock americani di greggio, previsto in calo. Meno roseo il quadro in Germania, dove il petrolio è considerato il principale responsabile del calo della fiducia degli investitori.

Da Mosca, i timori sul destino di Yukos sono stati confermati dalla decisione di negare alla compagnia la possibilità di pagare il proprio debito con il fisco con le azioni detenute nella compagnia Sibneft. Yukos ha d’altra parte avuto il via alla vendita a Tnk-Bp della propria quota di Rospan, compagnia siberiana del gas, per 375 milioni di dollari. Intanto, con i rincari del greggio si riaprono negli Stati Uniti le prospettive per le fusioni tra compagnie petrolifere.

Il Sole 24Ore
18/8/2004