Tutti i poteri del Presidente
09/01/2009
di Piero Fornara
La Costituzione italiana del 1948 dedica alla più alta carica dello Stato appena otto articoli su 138, concentrati nel Titolo II dall’articolo 83 al 91, ma nel corso degli anni il presidente della Repubblica da “silenzioso notaio” chiamato a ratificare decisioni prese altrove si è rivelato come un fondamentale “motore” della vita politica nazionale.
Il prossimo 25 e 26 giugno gli elettori saranno chiamati a pronunciarsi per referendum sulla «devolution», approvata nella scorsa legislatura dalla maggioranza uscente di centrodestra e fortemente voluta dalla Lega Nord, che comprende un sensibile affievolimento del ruolo del presidente della Repubblica a vantaggio del capo del Governo, ma questa è un capitolo di storia ancora da scrivere.
I requisiti per essere eletti sono pochi ed essenziali: bisogna avere compiuto i 50 anni, essere cittadini italiani e godere dei diritti civili e politici. Non ci sono limiti alla rieleggibilità, ma si tratta di un caso mai accaduto: il 3 maggio il presidente in carica Carlo Azeglio Ciampi lo ha escluso con decisione non soltanto per l’età avanzata (85 anni), ma anche perché «il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale – recita il comunicato del Quirinale – mal si confà alla forma repubblicana del nostro Stato». Il settennato inizia al momento del giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione. Rigorose sono anche le incompatibilità: non si può ricoprire nessun’altra carica, né pubblica né privata, o svolgere una qualsivoglia attività professionale.
Ecco in dettaglio i poteri previsti dalla Costituzione
Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale
Può inviare messaggi alle Camere
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione
Può sciogliere le Camere (o anche una sola di esse) dopo essersi consultato con i loro presidenti, il cui parere non è però vincolante
Non può però sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del suo mandato, il cosiddetto «semestre bianco», salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della Legislatura
Nomina il presidente del Consiglio al quale propone l’elenco dei ministri.
Riceve il giuramento del presidente del Consiglio dei ministri.
Ha il potere di rinviare alle Camere le leggi da esse approvate affinchè siano riesaminate («veto sospensivo»)
Può nominare cinque senatori a vita
Presiede le riunioni del Consiglio superiore della Magistratura
Nomina un terzo dei giudici della Corte Costituzionale
Ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio supremo di difesa, dichiara lo stato di guerra (che però deve essere deliberato dalle Camere).
Promulga le leggi ed emana i decreti
Indice i referendum popolari.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici e ratifica i trattati internazionali su autorizzazione delle Camere
Può concedere la grazia (un potere “esclusivo” del Presidente, su cui il ministro della Giustizia non può mettere il veto, come ha stabilito la Corte Costituzionale nel recente caso Bompressi) e commutare le pene
Conferisce le onorificenze della Repubblica, come quella di cavaliere, commendatore e grand’ufficiale
Non esiste inoltre un vice presidente: in caso di prolungata assenza dalla sede (per un viaggio all’estero, ad esempio) o di impedimento per motivi di salute (come fu per Antonio Segni dopo il dicembre 1964) la supplenza viene esercitata dal presidente del Senato. Specifiche disposizioni rendono ogni attentato alla sua persona un crimine di particolare gravità, così come le offese alla sua onorabilità. Il presidente della Repubblica non è responsabile per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, salvo che per i reati di “alto tradimento” e “attentato alla Costituzione”. In questo caso è il Parlamento a porlo in stato d’accusa, al termine di una riunione in seduta comune e di fronte alla Corte Costituzionale (mai successo finora). È materia di discussioni accademiche la possibilità di chiamarlo di fronte alla giustizia in caso di eventuali reati da lui commessi nel settennato, ma non nell’esercizio delle sue funzioni, oppure commessi prima dell’elezione, ma venuti alla luce dopo di questa.
Un principio, quello della “irresponsabilità”, a cui si affianca quello della “controfirma”: ogni atto del capo dello Stato, per essere valido, deve essere controfirmato da qualcuno: il ministro competente se non, a seconda del caso, lo stesso presidente del Consiglio. Principio che non si applica se il Capo dello Stato svolge una delle tre funzioni che esplicitamente gli attribuisce la Costituzione, cioè quelle di presidente del Consiglio Supremo di Difesa, presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e rappresentante dell’unità nazionale.
Fonte:
Il Sole 24 Ore