Tibet: Dalai Lama pronto a dimettersi, chiesto intervento Onu
09/01/2009
Roma, 18 mar (Velino) – Tenzin Gyatso, attuale Dalai Lama, ha affermato di essere pronto a dimettersi se la situazione dovesse degenerare e diventare insostenibile.
Lo ha affermato lui stesso durante un incontro con la stampa a Dharamsala, in India, sede del parlamento tibetano in esilio. “Se le cose andranno fuori controllo – ha dichiarato il Dalai Lama, riferendosi alle recenti proteste dei monaci tibetani soffocate nel sangue dalle autorità cinesi -, rimane un’unica opzione: le mie dimissioni”.
Il capo spirituale era stato accusato dalle autorità di Pechino di essere il “mandante” delle manifestazioni e delle “bugie” raccontate i giorni successivi sulla repressione da parte di Pechino. “Vi sono abbondanti fatti e numerose prove che dimostrano come questo incidente sia stato organizzato, premeditato, ideato e fomentato dalla cricca del Dalai Lama – aveva dichiarato il primo ministro cinese, Wen Jiabao -. Le ripetute dichiarazioni da parte della combriccola del Dalai Lama sul fatto che non stanno perseguendo l’indipendenza ma il dialogo pacifico, altro non sono che bugie. E le affermazioni secondo cui il governo cinese è impegnato in un cosiddetto genocidio culturale sono menzogne – aveva aggiunto il premier -. Noi, comunque, continueremo ad aiutare il Tibet a favorire un miglioramento delle condizioni di vita delle persone appartenenti a tutti i gruppi etnici. Su questo non avremo mai esitazioni”.
Wen non aveva escluso neppure un incontro diretto con il Dalai Lama, a patto però “Che sia disposto a rinunciare alla cosiddetta indipendenza del Tibet”.
Nel frattempo, continuano in diverse città nel mondo le manifestazioni contro la repressione in Tibet. Circa duemila esuli della regione autonoma cinese si sono riuniti a Siliguri (in India) e hanno chiesto l’intervento delle Nazioni Unite. In Australia, inoltre, i Verdi hanno presentato una mozione al Senato federale (votata all’unanimità), che esorta il governo di Canberra a fare pressing sulla Cina affinché vengano tutelati i diritti umani e non sia negato l’accesso dei media nelle zone più calde. Tramonta sempre più, invece, l’ipotesi che la comunità internazionale boicotti i Giochi Olimpici di Pechino in segno di protesta. Contro il boicottaggio si sono espressi oggi anche Australia e Giappone.
Il governo di Tokyo ha definito il caso del Tibet “una questione interna” cinese, pur ritenendo “normale che la comunità internazionale si interessi dei problemi dei diritti umani”.
Fonte:
Il Velino