Tassi Usa al 3,5% in agosto. Ibernati al 2% quelli europei
09/01/2009
Milano. Ancora un rialzo dei tassi Usa nella riunione di agosto e poi forse una pausa. Dopo gli ultimi dati macroeconomici pubblicati ieri dagli Stati Uniti, che hanno confermato una crescita ancora sostenuta senza inflazione, gli analisti non hanno dubbi sul mantenimento della politica di aumento graduale dei tassi americani.
L’ufficio studi di Mps Finance si dice convinto che i dati sui consumi e l’inflazione di giugno “confermano la possibilità della continuazione dell’approccio graduale da parte della Fed anche nel prossimo Fomc del 9 agosto”. “Visti i livelli raggiunti dagli indici tendenziali sui prezzi ( 2,5% dato generale e 2% in termini core) – aggiungono subito dopo – ed il delicato ruolo giocato dal settore immobiliare nell’attuale fase congiunturale, non è però ancora del tutto da escludere l’ipotesi di una pausa da parte della Fed dopo tale meeting “.
Anche per Ubm, la Fed procederà ad una nuova stretta di 25 punti base nella prossima riunione, portando così il costo del denaro al 3,5% (4% la stima per fine anno).
Con il rialzo messo in conto per agosto, si prospetta dunque un allargamento ulteriore del differenziale tra tassi statunitensi e tassi europei. Questi ultimi, d’altro canto, sembrano destinati, almeno per tutto l’anno in corso, a restare inchiodati al 2%. Con l’unica eccezione di Goldman Sachs, che continua a ribadire la sua convinzione che la Bce porterà entro fine anno il costo del denaro all’1,5%, il mercato sembra tutto compatto nel ritenere improbabile una manovra ribassista.
L’ultima conferma – a questo proposito è arrivata ieri dalle parole del capo economista della Bce, Otmar Issing. Secondo Issing, lo scenario per l’inflazione è chiaramente peggiorato da giugno e, anche se il secondo trimestre potrebbe essere significativamente più debole del primo, sono recentemente emersi elementi positivi per la crescita futura. I rischi verso l’alto per la stabilità dei prezzi derivanti dal prezzo del petrolio e dall’eccesso di liquidità sono limitati dalla fragilità del mercato del lavoro e dalla moderazione dell’attività economica.
Se l’indice dei prezzi al consumo è sotto controllo non si può dire altrettanto dei prezzi delle attività, in particolare degli immobili, e per questo motivo la BCE mantiene alto il livello di vigilanza ed invita le autorità fiscali competenti a prendere le appropriate contromisure. “Le parole di Issing – commentano gli analisti di banca Intesa in una nota odierna – sembrano confermare che al momento la BCE esclude la necessità di intervenire al ribasso sui tassi, soprattutto grazie ai segnali di stabilizzazione dell’economia che potrebbero preludere ad una svolta più chiaramente in positivo.
I rischi verso l’alto per la stabilità dei prezzi sono peggiorati, ma sussistono elementi che ne calmiereranno l’impatto effettivo. L’ormai usuale riferimento ai prezzi delle attività ed al rischio di bolle speculative è soprattutto strumentale a sottolineare un elemento assolutamente contrario all’opportunità di tassi più bassi, ma di per sè non è un elemento sufficiente a giustificare in questa fase mosse verso l’alto’.
“In sintesi – concludono – continua ad essere probabile che il tasso refi rimanga ibernato al 2% per diversi mesi ancora. Questa appare ora anche la posizione del mercato che ha nelle ultime sedute totalmente rimosso la probabilità di taglio dei tassi. Non appare però nell’orizzonte dei prossimi dodici mesi alcuna concreta aspettativa di rialzo. Ci sembra verosimile che nelle prossime settimane i dati possano spingere il mercato ad aumentare la probabilità implicita di mosse al rialzo nel corso del prossimo anno”.
Fonte:
La Repubblica
Economia.it
15/7/2005