Sui bond argentini è scontro frontale
09/01/2009
WASHINGTON – Si allarga il fronte del no all’offerta di ristrutturazione del debito che l’Argentina presenterà nelle prossime settimane, mentre il ministro dell’Economia di Buenos Aires, Roberto Lavagna, insiste che non farà alcuna concessione ai creditori esteri, rivela che entro giovedì annuncerà invece un accordo con i fondi pensione argentini e attacca pesantemente l’Italia.
Il Global Committee of Argentina Bondholders, che rappresenta detentori di titoli argentini per oltre 38 milioni di dollari (su un totale di 81 miliardi in default dal dicembre 2001), compresi oltre 400mila risparmiatori italiani, ha annunciato a Washington un’intesa con l’associazione dei piccoli risparmiatori argentini (la Adapd), che a loro volta detengono obbligazioni pari a poco meno del 20% del totale.
«Abbiamo i numeri per bloccare il piano di ristrutturazione del debito argentino – dice Nicola Stock, uno dei due presidenti del Gcab – siamo pronti fino all’ultimo a trattare, ma, se non ci saranno aperture, siamo pronti anche a far ricorso ad azioni legali». Stock ricorda che nei giorni scorsi la ristrutturazione del debito della Provincia di Mendoza, articolata in modo simile a quella proposta dall’Argentina nel giugno scorso e che dovrebbe essere ufficializzato a breve, è stata bloccata da un giudice negli Stati Uniti. Stock sostiene che i piccoli risparmiatori sono massicciamente contrari alla proposta argentina di giugno, che ha un valore attuale netto, secondo le valutazioni del Gcab, del 20% del valore originale del debito. Un’indagine svolta dall’Emerging Markets Creditors Association fra gli investitori istituzionali afferma che solo il 5% di questi è disposto ad accettare una proposta fra il 24 e il 26%. La percentuale di accettazione potrebbe salire al 35% se venissero offerti 30-32 cents per un dollaro. L’analisi del Gcab, presentata ieri sera a Washington a una platea di investitori e rappresentanti delle istituzioni finanziarie internazionali, afferma che l’Argentina ha le risorse per pagare una percentuale molto più alta, almeno del 55%, in valore attuale netto. Il surplus primario destinabile al ripagamento del debito è, secondo il Gcab, di circa 25 miliardi di dollari. Inoltre, ricorda Stock, le riserve ufficiali sono cresciute da 10 a 18 miliardi di dollari: 5 di questi, dice il presidente del Gcab, potrebbero essere destinati ai creditori. Un duro richiamo all’Argentina perché rispetti i suoi impegni (nell’accordo con il Fondo monetario c’era il riferimento a un negoziato «in buona fede» sul debito, mentre Buenos Aires, sostengono i creditori, si è sempre mossa unilateralmente) è venuto nei giorni scorsi dal G-7 e, in toni più sfumati, dallo stesso Fmi, dietro forte pressione del Tesoro italiano.
Anche per questo, Lavagna, nel ribadire che l’offerta non cambierà rispetto a giugno, ha attaccato l’Italia. «E’ un Paese molto amato e con legami forti con noi – ha detto il ministro – ma a un certo punto dovrà scegliere fra una relazione strategica con l’Argentina o con qualche banca o broker, responsabili in parte del fatto che molti italiani di reddito basso o medio abbiano comprato titoli argentini». Lavagna si è detto sorpreso dei toni duri dell’intervento italiano dopo che un incontro con il ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco, era stato a suo dire cordiale. In realtà, secondo fonti del G-7, Lavagna ha avuto un duro scontro anche nel bilaterale con il ministro tedesco Hans Eichel.
L’Argentina sta intanto cercando di mobilitare l’appoggio al piano che sta per annunciare. Entro giovedì, ha detto Lavagna, ci sarà un accordo con i fondi pensione argentini, che detengono titoli in default per 16 miliardi di dollari e che, secondo fonti argentine, dovrebbero ottenere condizioni migliori rispetto a quelle riservati ai creditori stranieri. Ai fondi pensione nazionali verrebbero offerti, in cambio del vecchio debito, bond detti “quasi par” a 35 anni, denominati in peso e sotto la giurisdizione argentina, il che annulla la loro attrattiva per i creditori esteri. «Dal punto di vista politico – dice Walter Molano, specialista di mercati emergenti alla Bcp Securities – l’Argentina non è nella posizione di presentare un’offerta accettabile ai creditori esteri, ma la sua linea dura a parole può esser vista come un segno di debolezza».
Il Sole 24 Ore
6/10/2004
ALESSANDRO MERLI