Sudamerica: una nuova rotta per il gas
09/01/2009
ENERGIA • L’instabilità politica della Bolivia ridisegna la mappa degli investimenti
Ora che una calma apparente è ritornata in Bolivia, in attesa di definire la data delle elezioni anticipate, è più facile capire i riflessi del suo caos politico sullo scacchiere energetico sudamericano. L’area, in piena ripresa economica, ha fame di energia e puntava sulle riserve di gas naturale del sottosuolo boliviano ( fra le principali del mondo e, in America del Sud, seconde solo a quelle del Venezuela) come sbocco naturale a questa domanda.
Ma l’instabilità che regna a La Paz ha ormai ” vaccinato” un po’ tutti, giganti del settore come Petrobras e Repsol Ypf, oltre ai singoli Paesi, Argentina, Cile e Brasile in testa, raffreddando gli entusiasmi. Risultato? Gli investimenti previsti in Bolivia vengono annullati o ridimensionati. E spostati altrove, inevitabilmente.
Il primo beneficiario di questi cambiamenti strategici dovrebbe essere il Perù. Che può contare su importanti giacimenti di gas naturale, in particolare nella zona di Camisea, nel Sud Est del Paese, solo in parte sfruttati. L’idea è costituire un ” anello energetico”, una rete di gasdotti, che dal Perù trasporti la risorsa nel Cile e da lì in Argentina, fino a raggiungere Uruguay, Paraguay e Brasile. « È un’eventualità che ha preso corpo dopo che il Cile ha iniziato a soffrire per i tagli alle forniture di gas da parte dell’Argentina, cominciati l’anno scorso— ha sottolineato Jed Bailey, direttore del centro studi statunitense Cambridge energy research associates —. Ora che pure l’Argentina, dopo gli scontri in Bolivia, diffida della possibilità di accrescere sul breve medio periodo l’import di gas dal Paese andino, l’appoggio alla nuova iniziativa si è consolidato » .
Un gruppo di esperti è già al lavoro per definirla nei dettagli: il progetto è stato ufficializzato la settimana scorsa ad Asuncion, in occasione del summit dei capi di Stato del Mercosur. Secondo le indiscrezioni apparse in diversi giornali dell’area ci sarebbe già un’impresa, la belga Tractebel, interessata a costruire il gasdotto di 1.200 km che manca per completare la rete, cioè la connessione dal porto peruviano di Pisco al Nord del Cile e da lì, attraverso le Ande, fino all’Argentina. Sono necessari 2,5 miliardi di dollari, che potrebbero essere finanziati in parte dalla Banca interamericana di sviluppo.
Ufficialmente l’idea è integrare al più presto La Paz al progetto. Ma in realtà appare più un’alternativa al gas boliviano che altro. La diversificazione rispetto alla Bolivia, d’altra parte, è una costante degli ultimi tempi: il Cile, dove si segnalano nelle ultime settimane importanti blackout, inaugurerà quest’anno una nuova centrale idroelettrica e si sta organizzando per la costruzione di un nuovo terminal portuario per ricevere navi cisterna che trasportino gas naturale liquido. In Argentina, dove l’economia continua a correre ( a fine anno le previsioni più prudenti stimano una crescita del 6,5%), il presidente Nestor Kirchner ha annunciato in maggio un piano di costruzione di nuovi gasdotti, per un totale di 275 milioni di dollari, con lo scopo di incrementare l’arrivo del gas della Patagonia verso il cuore produttivo del Paese.
Quanto al Brasile, nei giorni scorsi ha varato un piano di risparmio energetico per affrontare l’emergenza. Lo Stato di San Paolo, che da solo genera il 30% del Pil nazionale, dipende per il 75% dalle importazioni dalla Bolivia per il fabbisogno di gas. « Gli ultimi eventi a La Paz dimostrano la fragilità dei contratti firmati con un Paese che confonde la difesa legittima dei propri interessi con ideologie nazionalistiche esagerate » , ha sottolineato Antonio Ermirio de Moraes, uno dei principali imprenditori brasiliani.
Petrobras, il gigante pubblico del settore energetico, ha deciso di ridurre la propria ” esposizione” in Bolivia già dal 2003, al momento della prima crisi del gas, spostando una parte degli investimenti sullo sfruttamento della stessa risorsa all’interno del Brasile.
Mentre nei mesi scorsi ha annunciato che il 52% degli investimenti previsti per il periodo 2005 2009 in Sudamerica ( equivalente a 1,5 miliardi di dollari) sarà destinato all’Argentina, in particolare allo sfruttamento dei giacimenti di gas off shore.
Ovviamente tutti questi progetti necessitano di anni: nel frattempo l’area è a rischio di black out e deve accontentarsi di quello che la Bolivia può fornire, in base alle condizioni politiche e alle infrastrutture esistenti: 3 miliardi di dollari sono già stati investiti dai principali operatori presenti, ma il destino di altri 4 miliardi supplementari, necessari per sfruttare appieno le potenzialità del gas, appare altamente incerto. « La Bolivia si getta di testa in una piscina vuota » , titolava Merril Lynch uno studio sui problemi del Paese, all’indomani della nuova legge sugli idrocarburi, che ha aumentato l’imposizione fiscale sul settore energetico nel pieno del caos della crisi politica, scandita dalle proteste per nazionalizzare il comparto.
Fonte:Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO E MERCATI
data: 2005-06-28 – pag: 9
autore: LEONARDO MARTINELLI