Sprofonda l’Asia, allarme rosso per le Borse

24/08/2015

La valanga continua. L’avvio delle Borse asiatiche stamane è drammatico. Nella prima ora di scambi l’indice Shanghai Composite ha lasciato sul terreno l’8,5%, cancellando i guadagni del 2015. L’indice di Shenzhen il 7,6%. Si dà per molto probabile un nuovo taglio del tasso di sconto e altre misure espansive, tra cui l’intervento in Borsa dei fondi pensione. Ma le autorità, per ora, non si sono mosse, alimentando la sensazione che Pechino non sappia come affrontare la situazione.
L’ondata di panico ha contagiato Hong Kong, che accusa una perdita superiore al 4%.A Tokyo l’indice Nikkei subisce un calo del 2,6%, scendendo per la prima volta sotto i 19 mila punti da aprile. Sidney -2,7%. Taiwan (-7,5%) sta vivendo la peggior seduta dal 1990.
I futures su Wall Street (-2,7%) si muovono al ribasso, anticipando così la trama di una giornata che s’annuncia drammatica per i listini Usa ed europei. Continua intanto il calo del petrolio: il Brent (-2%) è scivolato sotto quota 45 dollari, il Wti sotto i 40. L’indice Bloomberg delle commodities è ai minimi dal 1999. 

Giù, con l’eccezione dello yen, tutte le valute dell’area Asia-Pacific. Ma i mercati si stanno convincendo che, di fronte alla situazione, la Fed rinuncerà all’aumento dei tassi che, scrive l’ex segretario al Tesoro Usa Lawrence Summers, “a questo punto sarebbe un errore imperdonabile”.
Colpisce l’inazione delle autorità cinesi nel week end, un’assenza colpevole dopo i rovesci della settimana scorsa, disastrosa a tutte le latitudini: 
1) In cinque sedute i mercati azionari hanno bruciato oltre 2.200 miliardi di dollari di capitalizzazione: 755 miliardi in Asia, 894 in America, 459 miliardi in Europa. Il calo più pesante, in termini percentuali, riguarda Shanghai (-11,54%). Nonostante i massicci interventi delle autorità (144 miliardi di dollari), dall’inizio di luglio la capitalizzazione di Shanghai e Shenzhen è scesa da 9.600 a 4.800 miliardi di dollari. 

2) Ha perso il 6% circa in settimana l’indice Msci Emerging Markets, la peggiore discesa da metà 2012. Da metà maggio la discesa è del 23,5%. Il decennale brasiliano è salito al 12,3%, il rendimento del bond russo è salito al 10,2%.

 3) Molto pesante la correzione delle Borse Usa: il Dow Jones -3,1% venerdì è entrato in correzione tecnica mentre l’indice S&P è sceso sotto quota 2.000. Più di un terzo del calo del DJ 30, l’indice delle blue chips, è stato dovuto alla discesa di Goldman Sachs, Nike e Boeing. Guida la discesa Apple che ha perduto più del 20 % da massimi di aprile: da allora il titolo ha perduto 164 miliardi di capitalizzazione. 
4) In una settimana Piazza Affari è arretrata del 6,5%, in linea con Parigi, un po' peggio di Madrid (-6%). E’ andata peggio a Francoforte (-8%) e a Londra (-7,5%). A Milano la maglia nera della settimana spetta a Cnh Industrial (-13,36%), di riflesso ai brutti risultati di John Deere, davanti a Prysmian (-10,85%) e a Exor (-9,06%). 

5) Sul fronte delle valute, la svalutazione dello yuan ha scatenato un effetto domino che ha provocato il tracollo delle valute emergenti rispetto al dollaro. Ma la valuta Usa è arretrata, con grande soddisfazione Usa, rispetto all’euro che ha chiuso la settimana a quota 1,35. 
6) Il greggio Wti ha bucato al ribasso la diga dei 40 dollari, tornando ai livelli del marzo 2009.Nella settimana la perdita è del 5%. Il Brent, scivolato a 45,43 dollari al barile, ha perduto il 7%.

Ancora una volta le aste dei titoli di Stato coincidono con una situazione turbolenta dei mercati del debito. Stasera il Tesoro annuncerà le caratteristiche dei Bot che saranno offerti al mercato giovedì 27. La crisi dei mercati ha innescato la fuga dal rischio favorendo la ripresa del Bund tedesco: il rendimento del decennale di Berlino è sceso a 0,578% da 0,658% del venerdì precedente (un ribasso del 12,61%). Intanto, specie da giovedì pomeriggio, sono partite le vendite sui periferici europei: i Bonos spagnoli, che già soffrono l’effetto delle elezioni del prossimo dicembre, sono saliti al 2,01% mentre i Btp rendono 1,854% contro 1,816% di sette giorni prima.
Farà caldo, da giovedì, anche tra le montagne del Wyoming dove si terrà secondo tradizione il meeting di Jackson Hole riservato ai banchieri centrali, in passato occasione per gli annunci più solenni, non ultimo il varo del Qe europeo annunciato da Mario Draghi. 
Quest’anno l’incontro intitolato “Inflation dynamics and markets policy”, ovvero se e in quale misura la dinamica debole dei prezzi può scoraggiare l’aumento dei tassi. Tema scottante ma Janet Yellen ha già fatto sapere che a Jackson Hole, a soli 20 giorni dalla riunione del board della Fed, non ci sarà. Sempre giovedì uscirà un altro dato sensibile alla luce del possibile rialzo dei tassi, ovvero il Pil americano del secondo trimestre. E’ previsto un aumento del 3,2%, assai superiore allo 0,6% del periodo gennaio-marzo. In settimana sarà anche pubblicato il dati sul Pil britannico: è previsto un aumento dello 0,7% per il secondo trimestre (+2,6% su base annua). 
Non è facile individuare temi operativi in Piazza Affari in tempi così movimentati. Sembra però in dirittura d’arrivo la trattativa tra Enel Green Power e e F2i per creare un polo italiano del fotovoltaico forte fin da subito di 270 Megawatt di potenza e capace di aggregare altre realtà del settore.  Egp, che oltre ai 120 Mw italiani può contare su altri 319 installati nella Penisola iberica, Grecia, Romania, Cile e Sudafrica, è, assieme ad Eni (- 1,98%) e a Monte Paschi (-5,59%) , uno dei pochi titoli del paniere Ftse Mib con una variazione negativa da inizio anno. Nell’ultima settimana Egp ha perduto il 7,07%. Difficile, data la congiuntura dei mercati, la conferma di Saipem , uno dei pochi titoli in terreno positivo venerdì con un rialzo dello 0,54% (-4,38% in settimana) nell’attesa di accordi di collaborazione con Gazprom. 
Soffrono anche i Big bancari dopo l’impennata dello spread. Intesa ha lasciato sul terreno il 6,98% davanti ad Unicredit (-6,31%). Ancora peggio Monte aschi (-7,50%). Hanno retto meglio le Popolari, con perdite tra il 4 e il 5%. Giova in questo caso l’attesa dell’imminente risiko del settore, alla vigilia delle assemblee per la trasformazione in spa. Sul settore però incombe la stagione delle Ipo delle Popolari non quotate (Veneto Banca e Popolare di Vicenza) più quella di Ibl. 
La gelata delle Borse rischia di complicare i programmi del Tesoro. L’Ipo delle Ferrovie è slittata al 2016, ma la prossima settimana si terrà l’assemblea delle Grandi Stazioni (al 60% in mano al gruppo) che delibererà la scissione della società in vista della quotazione della società retail. Slitta al 2016 anche la quotazione dell’Enav. In pista resta solo l’attesa operazione di Poste Italiane. La settimana scorsa il Mef ha depositato in Consob il prospetto informativo in vista dell’Ipo prevista per la fine di ottobre. 

Il Brasile è causa di gravi preoccupazioni per Fiat Chrysler (-7,09% in settimana). Il mercato registra un calo da gennaio del 19% in via di peggioramento (-23% a luglio). “La crisi è pesante e non passeggera” ha commentato Sergio Marchionne, che re confida nel successo della Jeep Renegade costruita nell’impianto di Pernambuco (2,5 miliardi di investimento). Il governo, intanto, ha previsto incentivi per le aziende che non ridurranno il personale.  Anche Telecom Italia è assai esposta sul mercato carioca e in Argentina. In Brasile i conti del primo semestre hanno registrato un calo del fatturato (-8,8%) e degli utili (-20,5%). Il 25 settembre il Cda della società si riunirà a Rio De Janeiro, dove il giorno prima si terrà lo Strategy day del gruppo. I consiglieri si recheranno anche in Argentina: i deal con Fintech, siglato dieci mesi fa, è ancora in attesa di esecuzione. 

Intanto, il 7 settembre dovrebbe esser raggiunto in una riunione al Mise l’accordo sui 1.700 esuberi già annunciati.

Fonte: gonews.it