Siniscalco al Senato: operazione verità
09/01/2009
Oggi il ministro in Parlamento. Il Governo muove sull’Irap. Nella maggioranza si fa strada l’ipotesi di tassare le rendite finanziarie.
di Dino Pesole
La situazione è obiettivamente molto complessa, ed è racchiusa in queste cifre: la contrazione del Pil (-0,5%) registrata nel primo trimestre 2005, la più che probabile bocciatura da parte di Eurostat di alcune partite contabili del 2004 (Anas e Ferrovie) proiettano a bocce ferme il deficit di quest’anno in una forchetta compresa tra il 3,5% e il 4% del Pil. Per il 2006, a politiche invariate e senza tagli fiscali, il “tendenziale” è già nei dintorni del 4,5-4,6 per cento.
Fin qui i dati, premessa indispensabile di quell’«operazione verità» che il ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco, ha annunciato nei giorni scorsi, e che oggi esporrà nel dettaglio davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Per far fronte a tale situazione, il Governo ha in cantiere il varo in tempi rapidi di un decreto che assicuri, per quanto possibile, il gettito Irap a rischio per l’incertezza creata dall’imminente sentenza della Corte di giustizia sulla presunta incompatibilità dell’imposta con l’ordinamento comunitario (si parla di circa 3 miliardi).
Nello stesso decreto si avvierà una prima riduzione del costo del lavoro dalla base imponibile Irap: sull’argomento è in corso un serrato confronto con Bruxelles, e la soluzione più accreditata è che si proceda a tappe. Due le ipotesi sul tappeto: tre tranche annuali da 4 miliardi l’una, due tranche da 6 miliardi. Al momento, sembra alquanto improbabile che si possa procedere, come auspicato dal premier Silvio Berlusconi, alla soppressione in una unica soluzione dell’intera componente costo del lavoro. In ogni caso, la linea di Siniscalco (e di Bruxelles) è che il taglio dell’Irap dovrà essere coperto da una contestuale riduzione della spesa corrente. L’eventuale ritocco della tassazione sulle rendite finanziarie sarà, se mai, oggetto della prossima Finanziaria.
La situazione sarà monitorata day by day, dirà Siniscalco, e pur senza pronunciare la fatidica parola «manovra bis», non potrà non mettere nel conto che a luglio, quando la Commissione europea aprirà la procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia, si debba ricorrere a una correzione in corso d’opera, il meno possibile “recessiva”, come del resto avvenne nel luglio dello scorso anno. Soprattutto se l’invito verrà proprio da Bruxelles.
Stando alle cifre, “basterebbe” una correzione pari a quella del 2004 (5,5 miliardi nel decreto di luglio) per riportare il deficit entro la soglia del 3,5%, ritenuta tollerabile e tendenzialmente in linea con le innovazioni introdotte in marzo al Patto di stabilità. L’operazione servirebbe a tranquilizzare i mercati, il cui giudizio in fin dei conti è quello che conta di più in questo momento (al momento, l’orientamento delle principali agenzie di rating è di non modificare il rating).
È vero, come è emerso nell’Ecofin informale di Lussemburgo, che da parte del commissario Joaquin Almunia non vi alcun intento “persecutorio” nei confronti dell’Italia, ma è altresì vero che, stando a queste cifre, l’apertura della procedura per deficit eccessivo appare obbligata, alla luce dell’articolo 104C del Trattato. Poi la decisione finale sarà dell’Ecofin, e dunque la trattativa si sposterà in sede politica.
La revisione del quadro macroeconomico, stando a quanto ha annunciato lo stesso Siniscalco, sarà pronta per giovedì pomeriggio, per l’incontro tra Governo e parti sociali. L’imputata del maggiore deficit è per gran parte la minore crescita. Già con la Trimestrale di cassa l’iniziale target del 2,1% è stato ridotto all’1,2 per cento. Ora, si è già al di sotto dell’1 per cento. L’intervento sull’Irap resta l’atout di maggior impatto, ma gli effetti non saranno immediati. Ecco perchè dal Governo verrà un invito esplicito alle parti sociali, ma anche all’opposizione perchè si dia vita a una sorta di «patto di fine legislatura», dettato dall’emergenza economica in cui versa il Paese. «Il Pil – ribadirà il ministro – è di tutti».
Il Sole 24 Ore
17 maggio 2005