Rapporto Istat: l’Italia continua a perdere colpi
09/01/2009
Presentato il rapporto annuale aggiornato al 2003: perdita di competitività e forti squilibri tra le diverse aree del Paese
ROMA – L’Italia cresce poco e sta gradualmente perdendo fiducia in se stessa. Il sistema-Paese continua a perdere colpi, condizionato da un basso tasso di crescita e da una caduta di competitività, mentre al tempo stesso è forte il divario fra le diverse aree del Paese, in termini di ricchezza, occupazione e prelievo fiscale. In questa situazione, continua a prendere consistenza il fenomeno dell’immigrazione interna, diretta prevalentemente nel Nord-Est e nelle regioni centrali, favorita dalla precarietà della situazione economica generale e dall’attrazione esercitata da alcune aree rispetto ad altre, più svantaggiate.
È questo il quadro tracciato dal rapporto annuale dell’Istat, che fa il punto sulla situazione del Paese aggiornata al 2003 e che conferma la fase di stagnazione dell’economia italiana, che è cominciata nella seconda metà del 2001 e proseguita anche lo scorso anno.
CADUTA DELLA COMPETITIVITA’ – Il rapporto denuncia innanzitutto la caduta verticale della competitività italiana, che si evidenzia fra l’altro nella contrazione degli investimenti fissi lordi; questi ultimi, dopo essere cresciuti dell’1,2% nel 2003, l’anno passato hanno segnato una drastica diminuzione, -2,1%, cioè il risultato peggiore dal lontano 1993. In particolare gli investimenti in macchine ed attrezzature sono crollati, -4%, come conseguenza del «diffondersi di incertezza circa l’andamento dell’economia». Si tende quindi a spostare nel tempo gli investimenti e quindi di conseguenza a rallentare ulteriormente la crescita. A partire dal 2002, inoltre, lo sviluppo dell’economia italiana mostra un «marcato rallentamento» rispetto al tasso medio del periodo 1997-2001, che coinvolge tutti i principali settori, ma più segnatamente l’industria.
SQUILIBRI TERRITORIALI – Contestualmente al ristagno ed alla caduta competitiva, l’Italia è contraddistinta appunto da forti squilibri territoriali. Fra i 15 Paesi dell’Unione Europea – avverte l’Istat – l’Italia registra del resto i maggiori divari interni di reddito pro capite, con ben 17,5 milioni di persone che vivono in aree con un prodotto interno lordo per abitante inferiore al 75% della media nazionale. In questo scenario, il mercato del lavoro peraltro ha dato fino ad oggi segnali confortanti, in quanto proprio nel 2003 si è registrato un risultato positivo, +1% in media annua, per l’ottavo anno di fila. Ma anche a questo riguardo – fa notare l’istituto nazionale di statistica – a partire dallo scorso luglio si è verificata una battuta d’arresto e solo a gennaio 2004 è stato riscontrato «un nuovo, debole aumento congiunturale».
DISOCCUPAZIONE IN CALO – Il tasso di disoccupazione italiano, nel 2003, si è tuttavia attestato all’8,7%: poco al di sopra della media dei 15 (8%) e al di sotto di quella della Ue a 25 (9%). L’Italia ha registrato una performance migliore di Francia e Germania e ha allargato il divario con la Grecia e la Spagna.
SANITA’ – In dieci anni evidenzia l’Istat, la spesa sanitaria a carico delle famiglie è più che raddoppiata passando da 10 a 22 miliardi. Per l’istituto di statistica nello stesso tempo si sottolinea la «privatizzazione del sistema, dal lato dell’erogazione dei servizi e da quello della spesa sostenuta». Il rapporto registra poi un altro cambiamento in atto: meno ospedali e più medicina del territorio. Ma fra le regioni c’è una diversa velocità di adeguamento.
LA SPESA DELLE FAMIGLIE – L’Istat conferma un andamento già evidenziato in passato per quanto riguarda la spesa familiare . La spesa delle famiglie continua a crescere, molto di più di quanto cresce la spesa pubblica che in dieci anni (dal 1991 al 2001) è passata da 47 a 74 miliardi di euro. Le famiglie italiane invece hanno pagato di tasca propria 10 miliardi di euro nel 1991, e ben 22 nel 2001. La spesa privata più alta si riscontra fra le regioni del nord.
Corriere dell Sera 18/5/2004