Perché il Brasile è in crisi ma la Borsa di San Paolo vola
05/08/2016
di Lucilla Incorvati (Il Sole 24 Ore)
05/08/2016
L'indice Bovespa da inizio anno è salito del 32%. Il Real Brasiliano nei confronti dell'Euro, si è apprezzato così tanto che un investitore italiano avrebbe guadagnato dall'investimento in Brasile il 58% in sette mesi. Contro il 4% dell'MSCI World.
Segnali positivi per una ripresa del gigante sud americano? Come spiega Roberto Rossignoli, portfolio manager in MoneyFarm, l'andamento della borsa brasiliana quest'anno è stata una delle anomalie più sorprendenti osservate sui mercati finanziari. In realtà il Brasile sta attraversando la recessione più lunga degli ultimi 100 annimentre cerca di gestire, al contempo, il più grande scandalo di corruzione della storia (con al centro la Petrobras, il gigante petrolifero controllato dallo Stato) e con una leadership politica tra le più impopolari di sempre. L’esperto ritiene che date le previsioni sul calo del Pil (-3.5% su base annuale), per la fine dell'anno l'economia brasiliana si sarà contratta dell'8% rispetto al primo trimestre (ultimo trimestre in cui il Pil è cresciuto); il Gdp pro capite per la fine dell’anno sarà diminuito del 20% rispetto al picco del 2010. Il tutto mentre le tre maggiori agenzie di rating hanno già classificato il debito pubblico brasiliano al livello “spazzatura”.
Il declino delle materie prime. A dare un duro colpo al Brasile è intervenuto negli ultimi anni il declino nei prezzi delle commodity. Il Brazilian Commodity Index, pubblicato dalla Banca Centrale Brasiliana, è crollato del 45% dal marzo 2011 al dicembre 2015. Il crollo delle materie prime ha certamente impattato su tutti i mercati emergenti, ma il Brasile ha dovuto fare i conti anche con debolezze strutturali, poca produttività e una spesa pubblica insostenibile e incontrollata che hanno amplificato i danni.
Prospettive migliori con il dollaro debole. All’orizzonte sembra prospettarsi nuovo contesto globale favorevole ai mercati emergenti. Per spiegare la performance positiva dell'azionariato brasiliano si deve partire dal contesto globale, che negli ultimi mesi è stato favorevole ai mercati emergenti. «Il rinvio continuo da parte della Federal Reserve del rialzo dei tassi d'interesse sta tenendo il dollaro relativamente debole – ricorda ancora Rossignoli – aiutando in questo modo i Paesi che esportano commodity, come il Brasile. Oltre a questo, il 2016 ha visto anche un generale rimbalzo nei prezzi delle materie prime. Infine, con sempre più obbligazioni nei mercati sviluppati che pagano un tasso nullo o negativo, molti investitori si sono concentrati sui mercati in cerca di rendimenti più elevati».
Obbligazioni attraenti. Il mercato, soprattutto quello obbligazionario, è stato sostenuto dai tassi molto invitanti, unitamente alle aspettative che la politica monetaria rimarrà accomodante per il prossimo futuro. E Paesi come il Brasile stanno già approfittando di questi flussi per abbassare i propri costi del debito. Recentemente lo stato ha venuto bond denominati in dollari statunitensi a 30 anni a un tasso pari a 5.875%, un rendimento addirittura inferiore al decennale emesso in marzo, solo quattro mesi fa.
Una politica più convincente. Un importante assestamento verso un'agenda macroeconomica più liberale e fiscalmente responsabile sembra farsi strada in Brasile. Come ricorda Mike Hugman, strategist emerging di Investec Asset Management, sul versante fiscale l'amministrazione Temer sembra essere sulla strada giusta con il progetto in corso di introdurre un tetto massimo di spesa approvato nei prossimi mesi e ulteriori riforme della spesa pubblica riguardanti temi quali la sicurezza sociale, l'educazione e la sanità da concordare entro l'inizio del 2017. «Detto ciò, il rapporto debito pubblico/PIL rimane una fonte di preoccupazione – spiega Hugman – e restiamo vigli nel caso il mercato diventi troppo ottimista riguardo le prospettive dell'aggiustamento fiscale. Molto probabilmente alla fine del mese ci sarà il procedimento di impeachment nei confronti di Dilma. Questo dovrebbe incoraggiare ulteriori flussi di portafoglio in entrata così come ulteriori investimenti diretti all'estero».
Le mosse della Banca Centrale. Il nuovo governatore della Banca Centrale brasiliana Goldfajn ha dimostrato di avere un approccio più aggressivo di quello atteso. Questo secondo Hugman ha rafforzato la credibilità della Banca Centrale, migliorandone la comunicazione ma soprattutto più consono a portare l'inflazione sotto controllo. «Allo stesso modo il ciclo del taglio dei tassi è stato interrotto – ricorda l’esperto – e non prevediamo un ulteriore taglio degli stessi almeno fino al quarto trimestre di quest'anno, se non addirittura nella prima metà del 2017, con un taglio complessivo di circa 350 punti base. Tale misura è ampiamente prezzata nelle obbligazioni a breve scadenza ma siamo più costruttivi sulla parte a media scadenza della curva dei rendimenti, come ad esempio su le obbligazioni a scadenza nel 2021». La casa, infine, è positiva sui rendimenti reali (legati all'inflazione) perché ritiene che in questo scenario globale possano scendere al 5% nei prossimi mesi dall'attuale livello del 6%. Sul Real la posizione è neutra: la Banca Centrale continua a fare affidamento su di un veloce apprezzamento della valuta ma si ritiene che l'attuale bilancia delle partite correnti e carry elevati possano mantenerlo molto stabile. In questo contesto, anche uno svolgimento pacifico delle Olimpiadi può aiutare a restituire fiducia a un Paese ancora in difficoltà.
(Fonte: Il Sole 24 Ore)