Per gli stranieri il nostro Paese rimane la patria della qualità, del design e della creatività
09/01/2009
Presentata a Roma la ricerca in 34 Paesi di Assocamerestero e 53 Camere di Commercio Italiane all’Estero
ROMA – Per verificare il livello di percezione, la conoscenza e gli aspetti caratterizzanti del made in Italy nel mondo, Assocamerestero ha intervistato, con il sostegno del Ministero delle Attività Produttive e la collaborazione di 53 Camere di Commercio italiane all’estero, oltre 500 operatori stranieri, fra imprenditori, esperti del commercio, rappresentanti di associazioni, giornalisti ed opnion leader economici, operanti in 34 Paesi del mondo.
L’indagine, dal titolo “Stile italiano ed italian way of life: carte vincenti del made in Italy” ha evidenziato come a tutt’oggi il nostro Paese continui ad essere apprezzato nel mondo per la sua creatività. Se da una parte infatti il 98% degli intervistati vede l’Italia come “la culla del design”, dall’altra il 93,5% degli operatori hanno dichiarato di apprezzare l’alto livello qualitativo dei nostri prodotti. Il 52% del campione aprirebbe inoltre in Italia, preferendo il nostro Paese ad altre nazioni dall’economia più dinamica come ad esempio la Cina, un centro per la progettazione del design.
L’Italia si colloca poi al secondo posto, superata soltanto dagli Stati Uniti, nell’ipotetica classifica dei Paesi più idonei al lancio di nuovi prodotti. Un riconoscimento all’attenzione del consumatore italiano per la qualità e l’estetica dei beni di mercato che non ha impedito però agli intervistati di preferire all’Italia, per l’apertura di uno stabilimento produttivo, la Cina, il Brasile, gli Stati Uniti e la Germania.
Di contro il 60% del campione affiderebbe ad aziende del nostro Paese la fornitura di servizi per la ricerca e lo sviluppo. Più critica la posizione sulle attività legali e bancarie italiane che sarebbero rispettivamente utilizzati solo dal 34% e dal 31% degli operatori interpellati. Oltre ai ritardi del sistema digitale italiano, il 51% del campione non affiderebbe a nostre aziende attività di progettazione e sviluppo per sistemi informativi integrati, dall’indagine emerge anche il forte legame del made in Italy con il territorio – il 74% delle risposte identificano con questo termine beni e servizi prodotti in esclusiva nel nostro Paese – e i settori che lo rendono competitivo come ad esempio la moda, i mobili d’arredo, l’architettura, il design, l’agroalimentare, la ristorazione e le auto.
“Questa ricerca ci fa capire – ha detto il vice ministro per le Attività Produttive Adolfo Urso nel corso della presentazione della ricerca svoltasi presso il Dipartimento per il commercio con l’estero – che siamo sulla strada giusta nella sfida della qualità, che per noi è quella della globalizzazione. Il prodotto italiano non è soltanto bello e buono, ma anche ben fatto. Un concetto di qualità, contro al tempo stesso nella globalizzazione, dove si fondono terra, tradizione e tecnologia”. Dopo aver detto no alla delocalizzazione delle imprese che uccide il made in Italy, Urso ha sottolineato la necessità di intervenire, sin dalla prossima legislatura, per migliorare il livello dei servizi della pubblica amministrazione e liberalizzare i settori privati, come quelli bancari assicurativi, legali e professionali. “Credo che in questo contesto – ha spiegato il ministro – dovremmo avere più coraggio. La liberalizzazione e la competizione sono presupposti necessari alla creazione di un sistema dei servizi capace di andare all’estero”.
Gaetano Fausto Esposito, direttore di Assocamerestero, si è soffermato sull’esigenza di dare maggiore distinzione ai nostri prodotti per evitare i fenomeni di contraffazione che recano non poco danno al made in Italy. “Questa indagine – ha sottolineato Esposito – apre uno squarcio su aspetti poco percepiti in Italia ed evidenzia la necessità di lavorare sempre di più per la creazione di reti di assistenza all’estero. Strutture che servono a radicare l’immagine e la nostra capacità di produzione e di servizio in una logica continuativa”. Dell’immagine del made in Italy ha parlato anche Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere che ha evidenziato l’esigenza sia di capire come gli italiani comunichino se stessi nel mondo, sia di investire, per continuare ad essere competitivi nel prossimo futuro, non solo sulle aziende del sistema Italia, ma sulla nostra presenza all’estero nel contesto universitario, del volontariato, delle organizzazioni internazionali e della cultura. Tripoli ha infine chiesto di non dimenticare l’importante radicamento del nostro sistema bancario in America Latina. Una realtà finanziaria, dalle profonde radici storiche, che è stata sicuramente favorita dalla centenaria presenza in questa area delle comunità italiane.
(Goffredo Morgia-Inform)