Panico alla borsa di Tokyo, seduta sospesa
09/01/2009
Lo scandalo del provider Livedoor scatena le vendite e intasa i sistemi
Stop con 20 minuti di anticipo: mai successo in 57 anni. L’indice Nikkei scende del 2,94%. «Risparmiatori travolti dalla paura»
TOKYO – Per la prima volta in 57 anni la Borsa di Tokyo ha chiuso in anticipo. Seduta ridotta di 20 minuti dalle autorità, alle 5,40 ora locale: il numero delle transazioni, soprattutto vendite scatenate dal panico che ha colpito il mercato dopo uno scandalo sul popolare Internet provider Livedoor, ha rischiato di superare la capacità del sistema informatico di accettare 4,5 milioni di scambi al giorno.
VOLUMI ECCEZIONALI – Il Nikei alla fine ha chiuso in calo del 2,94% a 15.341 punti, mentre il Topix ha lasciato sul terreno il 3,49% a 1.574 punti. Negli ultimi mesi la borsa è stata colpita da una serie di problemi al sistema e la questa chiusura anticipata è un ulteriore colpo all’imnmagine della Borsa che prevede di quotarsi sul mercato. Il presidente del mercato nipponico Taizo Nishimuro ha detto in una conferenza stampa subito dopo la chiusura che la borsa potrebbe ridurre l’orario delle contrattazioni anche domani e oltre se necessario. «Il recente balzo degli ordini è eccezionale», ha detto.
INCHIESTA – Le pesanti vendite sono dovute alla vicenda Livedoor, la società di accesso a Internet su cui gravano i sospetti di truffa. Una vicenda che sta sconquassando l’intero sistema finanziario dell’arcipelago, che ha subito la seconda giornata di pesanti perdite in borsa. La magistratura del Sol Levante ha avviato una seconda inchiesta sulla società, dopo che lunedì sera era trapelata la notizia di un’indagine su una controllata di Livedoor sospettata di aver compiuto false comunicazioni. Né la società né la procura di Tokyo hanno voluto confermare le indiscrezioni. In risposta all’apertura della prima inchiesta Livedoor aveva negato di aver commesso alcun illecito ed assicurato che avrebbe fornito piena collaborazione alle autorità.
PANICO – In soli due giorni, il mercato finanziario nipponico ha accumulato una contrazione di quasi il 6%. «I risparmiatori e gli investitori internazionali stanno vendendo spinti dal panico», spiega Satoru Otsuka, economista senior della Mizuho Research Institute di Tokyo. «Il problema è che non abbiano alcuna idea su come si concluderà la faccenda Livedoor».
Lo scandalo, già battezzato «Shock Livedoor» dai media, ha dominato i palinsesti di telegiornali e quotidiani negli ultimi due giorni, e le sue pesanti ripercussioni sulla piazza finanziaria nipponica, oltre alla diretta importanza di Livedoor, sono dovute ai numerosissimi legami che questa società conta con diverse compagnie tecnologiche del Paese.
GIOVANE RAMPANTE – In tutta la vicenda non manca un aspetto più legato al gossip. In Giappone il giovane amministratore delegato di Livedoor, Takafumi Horie, 33 anni, è una celebrità. Ospite frequente degli show televisivi, il manager tiene un seguitissimo blog sul web e da molti è considerato una sorta di eroe per la sfida che ha lanciato alla super-tradizionalista cultura imprenditoriale del business nipponico. L’attenzione generale Horie se l’è guadagnata con un tentativo, infruttuoso, di scalata alla Fuji Television. A giacca e cravatta il manager preferisce magliette colorate e lo scorso anno si è anche presentato alle elezioni, con una lista indipendente sostenuta dal Partito Liberal Democratico, attualmente al governo, ma senza riuscire a farsi eleggere.
CROLLO – Livedoor offre diversi stipi di servizi internet, tra cui consulenze, telecomunicazioni, siti e sviluppo di software. Il quotidiano finanziario Yomiuri Shimbun riporta che la società è sospettata di aver nascosto perdite per 1 miliardo di yen (7,1 milioni di euro) sull’esercizio fiscale che si è concluso lo scorso settembre. In giornata le azioni Livedoor hanno subito una breve sospensione dalle contrattazioni, ma l’andamento è stato sostanzialmente invariato. Lundeì però titolo della società aveva perso il 14,4%, il massimo valore consentito, prima di chiudere a 596 yen (4,2 euro).
Fonte:
Corriere della Sera
18 gennaio 2006