Palestina, ora cambia tutto. Hamas 76 seggi, Fatah 43

09/01/2009

Solo 43 seggi per Fatah. Ben 76 ne ha conquistati Hamas sui 132 disponibili. Hamas ha schiacciato Fatah sia per il numero dei seggi nel Consiglio Legislativo ottenuti nelle votazioni per le liste nazionali, sia in quelle per le circoscrizioni. In quelle nazionali Hamas ha ottenuto 30 seggi contro i 27 di Fatah; in quelle per circoscrizioni le dimensioni del successo di Hamas sono state ancora più schiaccianti: 46 seggi rispetto a 16 del partito di Abu Mazen. Il movimento islamista ha ottenuto un voto pressoché plebiscitario nella striscia di Gaza e ha vinto anche a Gerusalemme est. Ha ottenuto la totalità dei seggi nella circoscrizione di Hebron e anche a Betlemme, con la sola eccezione di due seggi riservati per legge ai rappresentanti della comunità cristiana.

L’ esito delle elezioni ha confermato il grande distacco che separa Hamas e Fatah da tutte le altre nove formazioni che si erano candidate. La più forte tra queste, ma con appena tre seggi in tutto, è stata la lista Abu Ali Mustafa, rappresentante il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Badil, una coalizione di piccole fazioni dell’Olp, ha vinto due seggi. Altri due sono andati a Palestina indipendente, formazione guidata dall’ attivista nel campo dei diritti umani Mustafa Barghuti. Alla Terza Via, partito fondato dall’ex ministro delle finanze Salam Fayad, sono andati pure due seggi. Quattro candidati indipendenti, tre dei quali appoggiati da Hamas, sono pure riusciti a entrare nel Clp.

Nell’immediato futuro «è ragionevole ritenere» che Hamas continuerà ad aderire alla tregua negli attacchi anti-israeliani, «dato il suo desiderio di cooperare con Fatah e di raggiungere accordi con la comunità internazionale per mantenere il flusso di aiuti», scrive il quotidiano israeliano Haaretz. Ma intanto si aprono una serie d’interrogativi. Se Fatah e Hamas non troveranno una qualche forma di cooperazione, si potrà giungere «ad una situazione in cui il governo di Hamas condurrà una certa
politica, mentre il presidente dell’Anp Abu Mazen, titolare della politica estera palestinese, continuerà a negoziare con Israele e la comunità internazionale, che rifiuta di aver colloqui con un governo guidato da Hamas».

Anche una parte di Fatah, nota il quotidiano, è contraria a cooperare con il movimento islamico: «preferisce lasciare Hamas rotolarsi nel pantano del governo per provare che i suoi piani politici e diplomatici sono irrealizzabili». Intanto è prevedibile una purga interna a Fatah e la richiesta della convocazione di una sesta conferenza generale del partito, dopo quella del 1989.

«Un punto centrale di controversia» sarà quello delle forze di sicurezza «in teoria subordinate al governo tramite il ministero degli Interni, ma in pratica guidate direttamente dal presidente dell’Anp fin dalla sua istituzione», spiega il quotidiano. Un’altra ipotesi potrebbero essere anche le dimissioni di Abbas, con elezioni entro 60 giorni e la presidenza ad interim del presidente del parlamento. Tuttavia «uno dei più importanti fattori che incideranno sull’Autorità palestinese sarà la posizione della comunità internazionale e degli Stati arabi… la questione centrale sarà se questi paesi continueranno ad offrire aiuto finanziario all’Anp».

Al momento «è ancora presto» per capire se Hamas diventerà un partito politico. Nelle ultime settimane i suoi leader «hanno diffuso dichiarazioni contraddittorie sulla ripresa degli attacchi terroristici e della lotta armata, sul riconoscimento d’Israele e il negoziato con esso». Ciò riflette «un conflitto interno all’organizzazione sulla questione, ma sembra che, dato il desiderio di cooperare con Fatah e raggiungere accordi con la comunità internazionale per mantenere il flusso di aiuti, è ragionevole ritenere che nell’immediato futuro continuerà ad aderire alla tregua».

Vista da Israele, è quasi una maledizione quella che si accanisce sullo Stato ebraico in questo freddo mese di gennaio del 2006. Ai primi del mese il paese ha perso la sua guida più autorevole, il leader più popolare, Ariel Sharon, l’uomo che per molti israeliani era una garanzia per la sicurezza dello Stato ebraico, stroncato da una emorragia cerebrale. Da allora l’uomo che era stato capace l’estate scorsa di realizzare lo storico ritiro da Gaza, è in coma profondo, ridotto ad una vita quasi vegetativa. Ora, la seconda martellata della sorte: l’inaspettato trionfo di Hamas, il nemico numero uno di Israele, alle politiche palestinesi.

Fonte:
L’Unità