Onu: per l’Italia inizia la sfida finale
09/01/2009
Il governo ha preparato una proposta alternativa a quella della Germania per l’allargamento del Consiglio di sicurezza. E la diplomazia internazionale lavora per conquistare nuovi alleati.
A bordo di un jet privato il sottosegretario agli Esteri Paolo Bettanio e l’ambasciatore italiano in Venezuela Gerardo Carante hanno visitato per tre volte negli ultimi due mesi otto paesi caraibici di lingua inglese. In altri tempi si sarebbe gridato allo scandalo.
Non in questo caso. Giacca e cravatta sotto un sole implacabile, hanno bussato alle porte delle grandi mansion in stile coloniale dove dettano legge i capi di stato e di governo di questi miniparadisi cercando di convincere tutti delle ragioni dell’Italia nella battaglia per la riforma del Consiglio di sicurezza Onu.
Risultato finale: più della metà di questi stati hanno promesso il sostegno, compreso l’ostico Venezuela di Hugo Chavez, finora schierato sul fronte opposto: il cosiddetto gruppo dei 4 (G4), composto da Germania, Giappone, India e Brasile.
Dall’altra parte del mondo, un altro sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantica, ha compiuto, da maggio in poi, una decina di missioni in Africa e in Medio Oriente per incontrare dittatori, re ed emiri. Anche qui, con molta fatica, sono stati conquistati alcuni sì determinanti.
A New York, al 24° piano dello Un Plaza proprio di fronte al Palazzo di Vetro, il rappresentante italiano alle Nazioni Unite Marcello Spatafora riceve attraverso la rete internet della Farnesina i dispacci dei suoi colleghi e aggiorna costantemente la mappa dei paesi favorevoli, contrari e agnostici. «Qui gli schieramenti si formano e si disfano nel giro di pochissime ore.
È tutto in rapidissima evoluzione» dice a Panorama. Sono settimane infuocate nell’emiciclo dell’assemblea generale.
Kofi Annan, il segretario generale delle Nazioni Unite, è a letto per i postumi di un piccolo intervento chirurgico e viene informato passo passo dei progressi del dibattito su come allargare il Consiglio di sicurezza dagli attuali cinque membri permanenti e 10 rotanti a uno più ampio e rappresentativo del mondo di oggi, a 60 anni esatti dalla nascita dell’Onu. La risoluzione del G4 è già all’ordine del giorno, sponsorizzata a gran voce dalla Francia di Jacques Chirac e un po’ più sottotono dalla Gran Bretagna di Tony Blair.
Potrebbe essere messa ai voti entro la fine di luglio.
Se ottenesse i due terzi dei consensi (cioè 128 voti su 191), ai Big 5 si aggiungerebbero in futuro Germania, Giappone, Brasile e India, più due paesi africani, pur senza diritto di veto. Per l’Italia sarebbe un declassamento. Verrebbe esclusa dal principale foro planetario di decisioni geopolitiche e militari.
Il forcing finale vede come protagonista soprattutto il cancelliere Gerhard Schröder, che ha lanciato la parola d’ordine «Ora o mai più».
Entrare nel Consiglio di sicurezza come membro permanente sarebbe l’unico modo per il leader della Spd di vincere le elezioni politiche d’autunno contro la sfidante conservatrice Angela Merkel. Di qui l’improvvisa accelerazione, che vede il governo tedesco, ma anche quello indiano, puntare allo scontro finale in un’assemblea generale assai frazionata.
Secondo i calcoli dell’ambasciatore Spatafora, il G4 potrebbe contare su un centinaio di paesi. Mancherebbero, per assicurarsi la vittoria certa, almeno 35 voti, considerate le abituali defezioni: la famosa «diplomazia della toilette» che, al Palazzo di Vetro, è ormai una consuetudine ben praticata da alcuni ambasciatori per togliersi d’impaccio.
In pratica occorrerebbero i sì del blocco africano (53 in tutto). I governanti del Continente nero hanno deciso di presentare formalmente anch’essi una risoluzione per chiedere più posti all’Africa, anche con diritto di veto.
Per i ministri degli Esteri del G-4 che, domenica 17 luglio, sono volati all’improvviso a New York l’accordo con l’Africa sembrava solo questione di poche ore.
Invece la trattativa si è arenata grazie alla lobby fatta su Algeria, Egitto e Libia dall’Italia e dai suoi principali alleati (Pakistan, Corea del Sud, Messico e Canada), riuniti nel cosiddetto Uniting for consensus (la risoluzione di questo gruppo è pronta, ma non è ancora stata ufficializzata).
La prossima tappa dell’estenuante corsa a ostacoli della diplomazia mondiale sarà a Ginevra, dove lunedì 25 luglio è previsto un summit fra i rappresentanti del G-4 e la delegazione africana.
L’ipotesi più probabile è una spaccatura del blocco africano tra favorevoli e contrari alla Germania e soci.
A quel punto si dovrà contare ogni voto prima del rush finale di fine mese. Schröder ordinerà l’affondo o si fermerà?
Di certo c’è che nelle ultime ore il fronte degli avversari dell’Italia appare un po’ meno compatto di qualche settimana fa. Il no formale di Stati Uniti e Cina (con la Russia che ondeggia) alla soluzione proposta dal gruppo dei 4 ha creato non poche incognite.
Per ragioni opposte, sia l’amministrazione americana sia il governo comunista di Pechino stanno cercando di convincere il maggior numero di paesi possibili ad astenersi, il che vuol dire schierarsi contro la risoluzione del G-4.
Lo stesso Giappone, che ha ottenuto il consenso di George W. Bush al futuro ingresso nel Consiglio di sicurezza, appare più prudente per non veder compromesse le chance di vittoria.
Anche in Germania diversi esponenti politici dell’opposizione, come pure gli ambienti europeisti vicini al presidente Horst Koehler, invitano il governo a non esagerare con il pressing per scongiurare un muro a muro che sarebbe dannoso per l’Europa.
Una volta tanto è l’Italia ad apparire più unita e determinata. Con una lettera aperta pubblicata dal quotidiano Il Sole 24 ore, il presidente della Margherita Francesco Rutelli ha offerto l’appoggio incondizionato dell’opposizione. «L’Italia, in questa battaglia al Palazzo di Vetro, non è fortissima» ha scritto Rutelli.
«Non si può nascondere che il governo Berlusconi abbia indebolito la nostra proiezione sia in sede europea sia in Africa sia nei paesi islamici e del mondo arabo, e nel sistema delle agenzie multilaterali… Tuttavia, deve essere chiaro il nostro sostegno al governo in questo frangente».
Una presa di posizione netta che piace al ministro degli Esteri Gianfranco Fini, il quale a Panorama dichiara: «Ho fiducia che, almeno per quel che riguarda la riforma dell’Onu, si ripeta quanto è accaduto con la Convenzione europea, dove tutti noi italiani abbiamo remato nella stessa direzione». Basterà per rafforzare l’immagine del nostro paese? I concorrenti del G-4 giocano duro.
Promettono, soprattutto Germania e Giappone, sforzi finanziari senza precedenti attraverso la cooperazione bilaterale in Africa, in Asia e nei Caraibi.
Mobilitano, nel caso dell’India, le comunità sparse nei vari continenti. Mostrano il volto accattivante del presidente brasiliano Luiz Inácio da Silva, detto Lula, per conquistare i paesi in via di sviluppo. Cercano di indebolire la resistenza dell’Italia sostenendo che il governo Berlusconi è «una succursale dell’amministrazione Bush» e poco farebbe per contenere l’unilateralismo americano in sede Onu.
Meglio, molto meglio la faccia arcigna del cancelliere Schröder, che si è opposto alla guerra in Iraq.
Sono ragioni che a volte pesano e a volte no.
Quello che è sicuro è che lo scontro per l’ampliamento a 25 del Consiglio di sicurezza rischia di compromettere seriamente anche le altre riforme strutturali annunciate da Kofi Annan e vitali per il futuro delle Nazioni Unite.
Fini è preoccupato a tal punto da fare un appello ai governi del G-4: «È nostro vivo auspicio che in tutti si faccia strada il convincimento che la riforma del consiglio di sicurezza non può essere il risultato di una prova di forza» dice a Panorama.
«Gli eventi di questi giorni e il progressivo chiarirsi di molte posizioni, in particolare di quella americana contraria ad artificiose accelerazioni, potrebbero rilevarsi di grande utilità nel favorire, alla fine, una soluzione concordata».
Fonte:
Panorama.it
Pino Buongiorno
25/7/2005