Mondiali, nessun beneficio economico per il Brasile. Ci guadagna solo la Fifa
14/07/2014
Non solo la tragedia emotiva del Mineirão, la clamorosa disfatta sportiva del 7-1 con la Germania nelle semifinali, ora il Brasile deve prepararsi anche ad affrontare la tragedia sociale di una crisi che non accenna ad arrestarsi. E di un Mondiale che, qualunque fosse stato il suo esito sportivo, non ha portato alcun beneficio economico, senza influire in maniera positiva su indici quali Pil, occupazione e consumi. Anzi, ponendosi insieme alle Olimpiadi di Rio 2016 come freno a una crescita che da alcuni anni già fatica, e diventando detonatore delle proteste nate come risposta ai tagli e all’aumento del costo della vita. A fronte di una spesa complessiva del governo brasiliano di circa 13 miliardi di dollari su Brasile 2014, ad aprile la rivista Forbes ha ipotizzato un ricavo dettato dal suo impatto sull’economia del paese di circa 3,5 miliardi, insufficiente a coprire le spese. Mentre il governo tramite il ministro del turismo ha illustrato cifre ottimistiche introno ai 13 miliardi, un “pareggio di bilancio” che ricorda quello auspicato dal governo britannico dopo Londra 2012 e che è destinato a restare un wishful thinking, cui i numeri non danno scampo.
Chi ci guadagna dal Mondiale?
Sicuramente la Fifa, organizzazione senza fini di lucro che all’ultimo bilancio del 2013 ha segnato ricavi per 1,4 miliardi di dollari e ha dichiarato riserve per un ammontare di altri 1,3 miliardi. E i Mondiali sono la sua gallina dalle uova d’oro. Innanzitutto la Federazione ha guadagnato circa 4 miliardi dalla vendita dei diritti televisivi per il quadriennio 2010-2014, tra qualificazioni e fase finale. Inoltre, la federazione internazionale del calcio, come il Cio, come sempre gode di una esenzione fiscale nei paesi in cui organizza gli eventi, nel caso specifico grazie alla Lei General da Copa approvata nel 2012. In più controlla una zona rossa che si estende per circa due km intorno a ogni impianto: e tutto ciò che si fattura al suo interno, biglietti, magliette, bevande, etc. deve essere fornito esclusivamente da organizzazioni e sponsor che pagano la loro quota alla Fifa. Anche qui il governo brasiliano non vede un dollaro.
Non contenta dei suoi guadagni, sulla gestione e vendita dei biglietti e dell’hospitality, anche questa appannaggio esclusivo di Zurigo, si sono ipotizzati addirittura comportamenti criminosi, attraverso la compagnia controllata Match. Dal Mondiale guadagnano poi le federazioni nazionali grazie ai premi. La Fifa ha stanziato 576 milioni destinati a premi ai club che mandano i propri giocatori al Mondiale, assicurazione sui calciatori nei confronti dei club, e federazioni in base ai risultati. Sono 35 milioni al vincitore, 25 al secondo, 14 a chi accede ai quarti e così via, infine 8, a chiunque partecipi, e in questo caso c’è chi ha deciso di risparmiare e chi di spenderli quasi tutti nel poso tempo che è rimasta, come la federazione italiana. Poi ci sono gli sponsor, che aumentano sensibilmente le vendite, come mostrano i numeri degli ultimi tornei. E qualche compagnia locale di costruzioni, come Oderbrecht: grande finanziatrice del Pt e vincitrice di moltissimi appalti pubblici.
Chi ci perde dal Mondiale?
Sicuramente il Brasile. Detto che diversi studi avevano già dimostrato che l’organizzazione di grandi eventi sportivi non portava alcun beneficio al paese ospitante, con pochissime eccezioni dovute principalmente a congiunture macroeconomiche favorevoli, ecco che è possibile entrare nel caso specifico. A fronte di una spesa di 13 miliardi di cui l’85% proveniente dalle casse dei governi centrale e regionali brasiliani, ben 3,85 sono stati spesi per gli stadi, triplicando le previsioni inziali. Innanzitutto non è detto nemmeno che le spese per gli impianti a Rio e Sao Paulo siano state lungimiranti. Basta pensare ai mostri di Italia ’90 o allo Stadio Olimpico londinese: costato 600 milioni di sterline, il governo britannico ha speso altri 200 per poterlo regalare al West Ham e non farne una cattedrale nel deserto. Cattedrale nel deserto che diventerà sicuramente l’Arena Amazonia di Manaus: costata 400 milioni, ospiterà partite di terza e quarta serie destinate a un pubblico di un migliaio di persone.
Inoltre, se la produzione industriale è in continuo calo, e la crescita del Pil brasiliano nel triennio 2010-13 è stata del +3,4%, le previsioni lo dimezzano a un +1,8% per l’anno in corso e lo portano a +2,3% nel 2015. E’ poi stato calcolato da uno studio di Allianz che il contributo proveniente da Brasile 2014 e Rio 2016 sulla crescita Pil si assesta tra lo 0,1 e lo 0,2%: un contributo praticamente inesistente se spalmato su un paese enorme come il Brasile. Allo stesso modo, se rispetto al 2009-13 gli investimenti sono passati dal +6,5% al 2,8% del 2014 e al 4% del 2015, qui il contributo dei grandi eventi sportivi non incide per più dello 0,5%.
Dove invece incide, è su un dato negativo, l’inflazione, che negli ultimi anni è oscillata tra il 6% e il 6,5%: nel 2015 è prevista al 6,5%, ma se non ci fossero stati i mondiali si sarebbe attestata sotto il 6%. Le proteste e gli scioperi esplosi in Brasile in concomitanza con l’aumento del costo della vita e dei biglietti dei trasporti pubblici, insieme ai drastici tagli alla spesa sociale e sanitaria, potrebbero quindi non essere destinate a scemare.
Anche perché a livello di occupazione le cose non stanno migliorando, anzi. I 700mila posti di lavoro creati per il Mondiale nel quadriennio 2009-14 già erano un’inezia se paragonati a una forza lavoro disponibile nel paese di oltre 100 milioni di persone, e per giunta come al solito tutto il lavoro creato per il grande evento (sportivo e non solo, vedi Expo2015 a Milano) è rigorosamente a tempo determinato. Insomma, Brasile 2014 sembra essersi rivelato una festa destinata a privatizzare i profitti (in primis della Fifa, degli sponsor e di qualche speculatore) e socializzare le perdite, di cui subirà a lungo le conseguenze la popolazione brasiliana.
Il 5 ottobre ci saranno le elezioni generali nel paese, e in vista delle presidenziali la popolarità del presidente Dilma Rousseff, dopo i fischi ricevuti in mondovisione nel match inaugurale, non è mai stata così bassa, anche se gli analisti dicono che dovrebbe comunque spuntarla contro il socialdemocratico Neves. Certo sarebbe una vera beffa, per una ex guerrigliera comunista ai tempi della dittatura, rischiare di perdere per aver organizzato il Mondiale: il grande banchetto della Fifa.
Fonte:
il Fatto Quotidiano