Mercosur, la guerra dell’auto

09/01/2009

La ripresa di produzione e vendite in Argentina inasprisce i rapporti col Brasile: a rischio l’apertura progressiva delle esportazioni libero scambio.

Rattazzi (Fiat): «Fondamentale una rapida liberalizzazione degli scambi con l’Unione europea»

BUENOS AIRES • Il rilancio dell’industria automobilistica argentina è sotto gli occhi di tutti. Ma per spingere davvero il piede sull’acceleratore, e attirare nuovi investimenti produttivi al ritmo degli “splendidi” anni Novanta, restano troppe incertezze, al centro di dibattiti e trattative in corso in queste settimane. E che riguardano da una parte l’apertura commerciale al Brasile, messa ora in dubbio dal Governo di Nestor Kirchner, e dall’altra la liberalizzazione degli scambi con l’Unione europea, al centro del negoziato Ue-Mercosur, che dovrebbe chiudersi entro ottobre: anche qui le autorità di Buenos Aires stanno raffreddando i facili entusiasmi di qualche mese fa.

La questione è importante per tutte le case automobilistiche presenti in Argentina. E lo è soprattutto per Fiat, che nel 1997 inaugurò a Cordoba un impianto modello con un investimento di 600 milioni di dollari. Lo stabilimento, che può produrre 600 auto al giorno, un numero che potrebbe raddoppiare grazie a piccoli investimenti nella sezione della verniciatura, chiuse i battenti nel 2001, a causa della crisi economica del Sudamerica, e da allora non ha più riaperto.

La Fiat, che continua a fabbricare auto in Brasile, a Cordoba si limita a produrre motori e scatole cambio. «Nonostante la ripresa, le vendite in Argentina e in Brasile restano a un livello inferiore ai massimi raggiunti fra il 1997 e il 1998 — sottolinea Cristiano Rattazzi, alla guida di Fiat Argentina e anche presidente di Adefa, l’Associazione dei produttori automobilistici del Paese sudamericano —. Per la riapertura dell’impianto il recupero attuale del mercato del Mercosur non è sufficiente, tanto più che il Governo argentino inizia a mettere in dubbio la liberalizzazione totale con il Brasile, che dovrebbe entrare in vigore dal primo gennaio 2006. Ma soprattutto attendiamo l’apertura con l’Unione europea, fondamentale per riattivare il nostro stabilimento, che diventerebbe un impianto efficiente da utilizzare in un mercato globale».

Il commercio di auto con il Brasile è regolato nel quadro del Pam, il Patto automobilistico del Mercosur, decollato più di un decennio fa e che ha liberalizzato progressivamente (ma solo in parte) il settore. All’inizio era possibile per l’Argentina esportare in valore verso il Brasile quanto questo Paese vendeva sul mercato argentino, con l’obbligo di pagare una multa per le case che, esportando troppo da uno Stato all’altro, alteravano l’equilibrio. In seguito, però, si è passati dal rapporto 1:1 a 2:1 nel 2002 (l’export in una direzione o nell’altra poteva essere il doppio dell’import in arrivo in senso opposto), a 2,2 nel 2003 e a 2,4 nel 2004. Il Pam prevede di toccare quota 2,6 nel 2005 e la liberalizzazione totale dal 2006.

Fino al 2002 compreso, l’Argentina ha venduto di più in Brasile di quanto questo abbia esportato nell’altro senso. Ma nel 2003 le cose sono cambiate, perché in Argentina è aumentata la domanda delle utilitarie, fabbricate in volumi maggiori dal Brasile. Questo nei primi cinque mesi del 2004 ha esportato verso Buenos Aires 2,04 volte di più di quanto inviato in direzione opposta. E così negli ultimi giorni il ministro dell’Economia Roberto Lavagna, che ha già deciso di limitare l’import (in crescita) degli elettrodomestici brasiliani, ha minacciato interventi pure per il comparto dell’auto, dove si potrebbe rinviare la liberalizzazione del 2006. «Può essere utile che i due Governi discutano sulle asimmetrie che favoriscono la produzione brasiliana rispetto a quella argentina — sottolinea Fernando Rodriguez Canedo, direttore di Adefa — ma con l’obiettivo di andare verso la liberalizzazione. Non si può chiedere al Brasile di introdurre nuovi dazi e vincoli, al pari di quelli mantenuti dalle autorità di Buenos Aires».

Le “asimmetrie” rinfacciate dall’Argentina al gigante sudamericano, e che favorirebbero la sua produzione automobilistica, sono dovute alla tendenza di Brasilia a fare di tutto per attirare investimenti stranieri nel settore, ad esempio riducendo del 40% i dazi previsti dal Mercosur sui componenti in arrivo dai Paesi terzi, mentre Buenos Aires è andata nella direzione completamente opposta, in nome della difesa dell’industria nazionale (una flessione di un punto e mezzo dei dazi sui componenti, resa possibile dal Mercosur a partire dal primo gennaio del 2004, è stata subito applicata dal Brasile, ma non ancora dall’Argentina).

«L’incertezza attuale — sottolinea Rodolfo Cerretti, direttore delle Relazioni istituzionali di Ford Argentina — rende difficile la programmazione dei nuovi investimenti produttivi per i prossimi anni». In questo scenario complesso si inserisce la variabile europea. A Bruxelles è iniziato un nuovo round di negoziati tra i rappresentanti dell’Unione e del Mercosur per arrivare a un accordo di libero scambio, da firmare già in ottobre.

Fino a poche settimane fa sull’auto i giochi sembravano fatti: si sarebbero azzerati i dazi (la Ue impone il 6,5% su auto e componenti in arrivo dal Mercosur, mentre questo nel senso opposto ne applica uno del 35% sulle auto e dazi compresi fra il 14 e il 18% sui componenti) nel giro di dieci anni e con una possibile accelerazione dei tagli nel periodo iniziale.

Negli ultimi giorni, invece, a Buenos Aires si sono fatte insistenti le voci relative a una resistenza dell’Argentina, che vorrebbe frenare il più possibile l’apertura delle frontiere in questo comparto, introducendo ad esempio un sistema di quote per limitare il flusso commerciale con dazi più bassi o azzerati. «Sarebbe uno sbaglio», commenta Rattazzi, di Fiat. E sottolinea che «il negoziato con l’Europa è molto importante, perché se si arriverà a una liberalizzazione degli scambi rapidamente, Buenos Aires sarà costretta a cedere anche sul fronte brasiliano».

Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO & MERCATI data: 2004-07-21 – pag: 8
autore: L. MARTINELLI