L’inflazione colpisce duro in America Latina
09/01/2009
Rocki Gialanella
Il mostro dell’inflazione, uno dei punti deboli dell’America Latina nella ‘decada perdida’ degli anni Ottanta, sta cominciando a risvegliarsi e a frenare la crescita economica
Dal Messico all’Argentina, senza perdonare nessun paese della regione, il demone risvegliato dall’impennata delle quotazioni del petrolio e degli alimenti sta cominciando a dare qualche grattacapo ai governi, che discutono su quale possa essere il rimedio meno amaro per tenerlo a bada: l’irrigidimento delle condizioni monetarie o la riduzione della spesa pubblica?
In Brasile, il tasso di riferimento che fotografa la variazione dei prezzi al consumo ha raggiunto il livello più elevato dal 1996, salendo per il quinto mese consecutivo dello 0,79% a causa della pressione imputabile all’andamento dei prezzi degli alimenti. Per far fronte alla situazione, la Banca Centrale ha comunicato che continuerà ad alzare il costo del denaro fino a quando ce ne sarà bisogno. Il prezzo del riso, essenziale nella dieta dei brasiliani, è cresciuto di quasi il 20% a maggio, e a San Paolo, la più grande metropoli del paese, l’inflazione ha fatto registrare un balzo dell’1,23%, il balzo più corposo dal febbraio 2003. Le pressioni inflazioniste hanno convinto la Banca Centrale ad aumentare il tasso di riferimento dell’1% a partire da aprile, e gli economisti sperano che l’irrigidimento della politica monetaria si prolunghi, impattando negativamente sulla crescita economica.
In Messico, i prezzi al consumo sono scesi dello 0,11% a maggio, ma sono rimasti ben al di sopra del dato sperato, con l’inflazione annua che ha superato il 5%, il suo livello più elevato dal 2004, allontanadosi dal target inflation stabilito dalla Banca Centrale al 3% (con un margine di tolleranza dell’1%). Nella seconda economia latinoamericana, l’inflazione annua è stata pilotata al rialzo dai prezzi degli alimenti. Alcuni analisti credono che l’economia messicana abbia iniziato a mostrare segnali di contagio internazionale, fatto che ravviva le aspettative per un nuovo rialzo del costo del denaro.
In Argentina, dove sembra che solo il governo creda agli indici ufficiali, messi sotto accusa per possibili manipolazioni, i prezzi al consumo sarebbero cresciuti dello 0,6% a maggio. Le associazioni dei consumatori e gli analisti sostengono che l’inflazione reale è più che doppia rispetto a quella ufficiale, calcolata seguendo una metodologia che non include i prezzi di alcuni beni di primaria importanza per i consumatori. Secondo i calcoli di alcuni analisti, i prezzi degli alimenti nel paese viaggerebbero al ritmo del +40% all’anno, rispetto al +17% del Cile e +12% del Brasile.
La Banca Centrale colombiana si dibatte tra possibili rialzi dei tassi per tenere a freno l’inflazione e le pressioni politiche per apportare tagli del costo del denaro che aiutino ad affrontare la decelerazione economica. Le aspettative fotografano l’inflazione 2008 al 5,92%.
Il Venezuela è il paese che ha maggiormente accusato il colpo. L’inflazione è cresciuta del 3,2% a maggio rispetto all’1,7% registrato ad aprile. L’indice nazionale ingloba una variazione del 12,4% nei primi cinque mesi dell’anno. L’economia del paese petrolifero è cresciuta al tasso di espansione più basso dal 2003 e le autorità attribuiscono gli attuali livelli di inflazione al rincaro degli alimenti.
Anche la piccola economia uruguaiana ha risentito del trend internazionale con un’accelerazione dei prezzi dello 0,87% a maggio. In Cile la corsa si è fermata all’1,2% nello stesso mese, superando di molto le previsioni. In tutti i casi il rincaro del petrolio e dei beni alimentari instigherà l’adozione di politiche monetarie e fiscali restrittive che faranno sentire i loro effetti negativi sui bilanci familiari e sui consumi in generale.
Fonte:
Fondionline