L’export salirà del 7,8% l’anno fino al 2010

09/01/2009

La marcia diventerà una corsa.Anzi una rincorsa per recuperare fette di mercato e di business.

Nei prossimi cinque anni l’export italiano accelererà il passo: tra il 2006 e il 2010 la crescita media annua prevista sarà del 7,8%, in forte aumento rispetto al 3% dei cinque anni precedenti. Stime elaborate da Sace e dall’Oxford economic forecasting in uno studio che prende in esame gli scenari macroeconomici mondiali e l’evoluzione delle esportazioni italiane. Cifre discusse ieri a Milano nel Convegno organizzato dalla Società italiana di assicurazione dei crediti all’esportazione su ” Competizione globale: opportunità e sfide per l’Italia”.
Ma a guardar bene i dati si vede che saranno proprio i beni italiani a correre di più: tra il 2006/2010 l’export crescerà mediamente dell’8,1% annuo (in valore), mentre i servizi raggiungeranno il 6,6 per cento. Flussi più elevati destinati verso la Cina (14,4%) e verso altre economie emergenti come il Brasile (+10,3%), la Russia (10%)e per alcuni mercati europei come Slovacchia (+9,8%), Romania (+9,7%).

Ma la domanda di beni italiani crescerà a ritmi inferiori, verso Francia (+8,5%)e Germania (+8,2%). Ottimismo esagerato? «Possiamo guardare con fiducia al futuro — ha replicato il presidente Sace, Ignazio Angeloni — siamo in una fase di forte accelerazione e le stime di crescita emerse dallo studio non sono irrealistiche». L’analisi evidenzia inoltre il miglioramento della competitività dei prodotti italiani nei settori di punta del made in Italy come meccanica strumentale e beni a tecnologia medioalta, ambiti in cui si è registrato un aumento dell’export sia in termini di valore che di volumi.

Effetti di un riposizionamento lento e doloroso per il sistema produttivo italiano ha chiarito Innocenzo Cipolletta, presidente del Sole24 Ore: «Oggi il mondo è diventato più largo, molte aziende non hanno retto alla crisi, ma molte si sono spostate su prodotti ad alto valore aggiunto ».
E se la crescita dell’economia mondiale resterà sostenuta (nel 2006 si stima un +5,3% del Pil mondiale), per il 2007 le incognite non mancano:dall’ulteriore rallentamento della locomotiva Usa a una frenata “congiunturale” della Germania. Scenari pessimistici che potrebbero tuttavia essere controbilanciati da una crescita economica più elevata del previsto nei Paesi dell’Est Europa, dell’America Latina e dell’Asia.

E proprio su queste incognite è intervenuto Lorenzo Bini Smaghi, membro del Direttivo della Bce. Bini Smaghi ha sottolineato come, oltre al rallentamento dell’economia Usa e alla variabilità dei prezzi del greggio, «tra i fattori di incertezza ci sia anche la reazione di consumatori e imprese agli inasprimenti fiscali,in particolare in Germania e in Italia all’inizio del 2007». Bini Smaghi ha poi sollecitato iPaesi Ue e l’Italia a fare le riforme necessarie per garantire una crescita duratura:«Bisogna farle ora— ha precisato — perché se la ripresa rallenta è troppo tardi». Al convegno Sace ha partecipato anche l’a.d. di Banca Intesa, Corrado Passera che ha ribadito come le banche possono fare molto per le aziende italiane che «stanno ricollocandosi sui mercati in forte crescita in particolare verso Brasile, Russia, India Cina».

Ma tutto il sistema Italia deve fare di più. «In Italia è diffusa una cultura antiindustriale — ha detto il presidente di Federchimica Giorgio Squinzi — e bisogna ribaltare questa mentalità».Squinzi,a capo della Mapei, ha ricordato come burocrazia, alti costi dell’energia, infrastrutture fatiscenti frenino la competitività del Paese: «Noi abbiamo perso un’importante commessa proprio perché per avere una valutazione d’impatto ambientale ci sono voluti 18 mesi».

Fonte:
Il Sole 24 Ore