L’emigrazione sta cambiando

09/01/2009

Il sondaggio realizzato dall ´Istituto di studi politici, economici e sociali Eurispes rivela un rinnovato desiderio degli italiani ad emigrare all´estero; volontà espressa soprattutto tra i giovani

Roma – “Una forte volontà di andare all´estero, in particolar modo tra i giovani” : è questo il risultato del sondaggio realizzato, per proprio conto, dall ´Istituto di studi politici, economici e sociali Eurispes, all´interno del progetto “Il piacere di vivere in Italia”, pubblicato nell´annuale “Rapporto Italia”.

L´indagine è stata realizzata sulla base di 1070 contatti, presi su rappresentative suddivise per residenza, sesso e classi di età, divise tra 18-24, 25-34, 35-44, 45-64, 65 e oltre. Il risultato evidenzia che il 37,9% degli italiani sarebbero disposti a trasferirsi all´estero.

Di questi il 54,1 % è tra i 18-24 anni. Alta la percentuale tra coloro che sono in possesso di un´educazione di scuola superiore. Il 55,2 % dei laureati è disposto a emigrare, contro il 14,1 % di coloro che hanno solamente la licenza media. Le mete più ambite vedono primeggiare la Spagna, con il 14,2 %, seguita da Francia, 12 %, e Inghilterra 9 %. La motivazione principale emersa è, per il 25,4 % degli intervistati, il lavoro precario.

“Da questi dati – commenta il sociologo Nicola Ferrigni, ricercatore Eurispes – si nota come l´Italia sia un paese che non riesce a trasformare la propria forza in energia. Nonostante le tante potenzialità c´è il desiderio di evadere”.

“Determinante – afferma Ferrigni – che la nazione che si trova al primo posto riguardo l´emigrazione è la Spagna, paese molto simile al nostro, ma in crescita. Scherzando parliamo dell´Italia di Cassano, talento andato appunto nella penisola iberica”

“Le motivazioni per emigrare – conclude il ricercatore – sono cambiate negli anni. Prima avevamo catene migratorie, create da nuclei familiari. Oggi entrano in campo altri fattori: dai voli low cost alle esigenze del mercato. E´ un trend in crescita, c´è la globalizzazione, l´Unione Europea, il progresso tecnologico facilita il cambiamento e lo spostamento. La migrazione non è più interna all´Italia, dal nord al sud, o verso altri continenti, ma sempre più all´interno dell´Europa”.

Nel sondaggio sono presenti i dati ufficiali dell´A.I.R.E., Anagrafe degli Italiani Residenti all´Estero, presi dal Ministero dell´Interno. Nel 2005 erano quasi 4 milioni i residenti all´estero . Il 50 % vengono dal Sud d´Italia, per il forte tasso di disoccupazione presente nel territorio.

Di questi emigrati, il 57,7 % ha scelto l´Europa, dove a livello dei singoli paesi spetta alla Germania il numero più consistente di connazionali residenti, con il 20 % dei soggiornanti. Segue l´Argentina, 17,5 %, Svizzera 14,7 %, Francia 10,2 %, Brasile 8,3 %, Belgio 7,9 %, Stati Uniti 5,4 %, Gran Bretagna 4,8 %, Canada 3,9 %, Australia 3,7 %, Venezuela 3,5 %.

Il 30,1 % ha una età compresa tra i 51-75 anni, il 23,5 % tra i 36-50 anni e il 22,4 % tra i 18-35 anni.

Confrontando i dati si nota che rispetto al passato i giovani sono i grandi protagonisti di questa nuova migrazione: una conseguenza preoccupante è il fenomeno detto brain drain, meglio conosciuto come “cervelli in fuga”.

“Nel lavoro di ricerca – racconta Sveva Avveduto, Dirigente dell´Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, del Centro Nazionale di Ricerca (C.N.R.) – bisogna distinguere tra la fisiologica mobilità nel mondo accademico e la patologia. Il fenomeno diventa negativo quando il flusso è unidirezionale, ovvero solamente in uscita da uno stato”.

“Per i ricercatori italiani – continua Avveduto – la meta preferita sono gli Stati Uniti, per quanto riguarda gli stati extra europei. All´interno del nostro continente, invece, si predilige la Gran Bretagna, che precede Francia e Germania”.

Anche in questo ambito vediamo confermato il quadro esposto dal sondaggio: “La maggior parte dei ricercatori sono di giovane età– specifica Avveduto – ancora all´inizio della carriera, che si spostano per motivi di studi. Questo fenomeno non è però limitato all´Italia. Dall´Est Europa dopo la caduta del regime sovietico c´è stata una forte migrazione di intellettuali verso l´occidente” .

Anche in questo ambito la causa del brain train, spiega Avveduto, “è la mancanza di fondi e di infrastrutture adeguate. Il fenomeno è iniziato intorno agli anni ´90, ed è in lenta,ma costante crescita”.

Le sue conseguenze economiche sugli stati di appartenenza degli emigrati, però, possono rimanere positive. “Non esportiamo più forza lavoro – dichiara Fabrizio Onida, professore di Economia Internazionale all´Università Bocconi di Milano – ma dirigenti e manager. Questo è da considerarsi un vero e proprio mutamento epocale “.

“All´interno di questo fenomento – spiega Onida – c´è anche un aspetto positivo per l´Italia. Anche se gli emigrati non partecipano più al sistema economico nazionale attraverso i tributi o le rimesse, come avveniva una volta, abbiamo l´arrivo di nuovi modelli finanziari, basati su uno scambio di investimenti tra i vari Paesi e il contatto con il paese natio, rispetto al passato, sarà sempre più agevolato dai mezzi di comunicazione e di trasporto”.

Notiziario NIP – News ITALIA PRESS agenzia stampa – N° 35 – Anno XIII, 21 febbraio 2006