Le imprese rilanciano l’immagine del Paese
09/01/2009
ROMA
Sul mercato russo il made in Italy va forte: a tal punto che nei settori tradizionali, abbigliamento-calzature, arredo e vino, le aziende italiane sono riuscite a spuntare prezzi più alti dal 30 al 200% rispetto alla media delle esportazioni italiane in quei settori. Al contrario, per mantenere le quote di mercato su tre Paesi europei dove la concorrenza si è fatta più dura, Germania, Francia, e Spagna, i listini sono stati ridotti del 20 per cento.
Complessivamente, il 70% delle imprese che esportano aumenta i listini rispetto al mercato interno: +33 nell’Europa a 15, +24 sul mercato asiatico, +16 su quello russo. Le imprese italiane sono riuscite a trovare nuovi sbocchi, cogliendo gli effetti della crescita di Paesi come Russia, India, Cina e Brasile.
Una forza del made in Italy che si è tradotta in una politica segmentata dei prezzi: più elevati nell’area orientale, Russia e Brasile. Ma anche negli Stati Uniti, grazie alla forza dei brand, le aziende italiane hanno arginato l’impatto dell’euro forte.
L’analisi è della Fondazione Manlio Masi e della Luiss Lab, commissionata dal Comitato Leonardo (che raccoglie le eccellenze del made in Italy) e dall’Ice. L’Italia ha reagito. E per il futuro, come ha piegato il presidente della Fondazione Masi, Beniamino Quintieri, ha una serie di opportunità da cogliere. Se una parte del mondo può rischiare la recessione o la stagnazione, ce n’è un’altra, quella dei Paesi Bric (Brasile, Russia, India, e Cina) che va veloce. Ed è verso quest’area che le imprese italiane si devono dirigere, facendo perno sui punti di forza, qualità e marchio, e spingendo su innovazione e crescita dimensionale.
Lo hanno già fatto gli imprenditori seduti nella Protomoteca in Campidoglio per la presentazione della ricerca: Laura Biagiotti, presidente del Comitato Leonardo, tra le prime a sfilare a Mosca; Federica Guidi, presidente dei Giovani imprenditori, che ha aperto tre anni fa uno stabilimento in India dell’azienda di famiglia, la Ducati energia. E poi Giancarlo Cerutti, leader mondiale nella produzione di macchinari per la stampa, Andrea Tomat, produttore di scarpe con i marchi Lotto e Stonefly, già presente con stabilimenti in Cina e India, e Gabriele Del Torchio, leader nel moto mondiale con la Ducati Motor Holding.
Per crescere, queste aziende sono andate all’estero. Lo dimostra la percentuale di esportazioni sul fatturato, molto più della metà. «La nostra vocazione è andare incontro ai ricchi», ha detto la Biagiotti, commentando i dati sul mercato russo.
Solo che per andare fuori ci vogliono «buoni muscoli», come ha sottolineato la Guidi, nel senso di una dimensione adatta a sostenere investimenti in Paesi che non sono facili, oltre all’appoggio delle strutture pubbliche, Ice, Simest, Sace. E se per la moda il brand è un fattore fondamentale, per i beni strumentali il problema numero uno è la tecnologia: «Bisogna tenere alta l’asticella. E sciogliere i nodi gordiani irrisolti che frenano il Paese», ha detto Cerutti.
L’impegno del Governo è stato confermato da Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, e dal sottosegretario al commercio, Adolfo Urso, che però ha paventato il rischio dei negoziati del Doha Round: la bozza in discussione prevede dazi zero per chi arriva da noi, e ancora barriere per chi esporta nei Paesi emergenti, Cina e India in testa. Una penalizzazione per tutte la Nazioni industrializzate.
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Nicoletta Picchio