Le CCIE nel cuore della globalizzazione immateriale
09/01/2009
Livorno – Soft economy, logistica della cultura, globalizzazione immateriale, progetti sfidanti, squadra, retaggio culturale da trasformare in modello di business, italicità, capitalismo delle reti, internazionalizzazione . Sono questi i concetti forti che rappresentano il filo rosso che ha percorso la XVI Convention Mondiale delle Camere di Commercio Italiane all’Estero (CCIE).
“L’Economia dei Territori nella Globalizzazione: Reti e Infrastrutture per competere”. Con questo tema oltre 180 delegati provenienti dalle 73 Camere di Commercio nel mondo si sono riuniti a Livorno per confrontarsi tra loro e con i rappresentanti del Sistema Italia (Aziende, Enti e Istituzioni) facendo il punto sul business italiano nel mondo, dal 10 al prossimo 16 novembre. Nei giorni 12 e 13 si sono svolte le sessioni di lavoro pubbliche; due giornate intense scandite, oltre che dagli interventi delle Istituzioni ed illustri ospiti, da cinque seminari organizzati per discutere delle nuove strategie da adottare in un mercato in continua trasformazione.
“Siamo entrati in un circuito virtuoso” ha detto aprendo i lavori lo scorso lunedì 11 Novembre il Presidente di Assocamerestero ( l’associazione che raggruppa e rappresenta le camere italiane all’estero) Senatore Edoardo Pollastri. “Finalmente l’Italia con il suo sistema istituzionale, ha imparato a riconoscerci e apprezzarci”. Sulla scorta di questa presa d’atto che qualcosa di positivo era accaduto in questi ultimi mesi, tanto da modificare il posizionamento del sistema camerale all’estero nel quadro italiano, sono iniziati i lavori della sessione pubblica che hanno visto alternarsi il Governo nazionale, il Parlamento, e i rappresentanti del Governo e degli Enti Regionali Toscani sulla passerella della XVI Convention. Il Presidente Pollastri ha richiamato l’attenzione sulla flessibilità, l’agibilità di questa rete, a rapportarsi sia alle Istituzioni nazionali e locali italiane sia al sistema delle imprese.“Le nostre Camere di Commercio sono come antenne in attesa dell’arrivo di piccole e medie imprese” afferma nella relazione di apertura dei lavori, e ammonisce “Dobbiamo migliorarci; se chiediamo, dobbiamo poi essere in grado di dare”. Un po’ tutti i lavori si sono incentrati sulla necessita di crescita in termini qualitativi per acquisire sempre maggiore credibilità presso le Istituzioni ed aprire un credito da riscuotere tramite il sistema di finanziamento pubblico italiano al sistema camerale italiano all’estero. A questo proposito il Presidente ha fatto riferimento alla finanziaria 2008 in cui è previsto un stanziamento che coprirebbe il 38% delle risorse finanziarie necessarie al sistema camerale italiano all’estero.
Obiettivo, raggiungere il 50% entro il 2009.
Obiettivo condiviso dal Governo, presente alla Convention con il Vice Ministro agli Affari Esteri con Delega per gli italiani all’estero, Senatore Franco Danieli, il quale su questo aspetto ha condiviso in pieno la posizione del Presidente Pollastri. Il Vice Ministro ha introdotto, durante i lavori, il concetto di “italicità”. E’ proprio in quest’ottica che Danieli ha manifestato la volontà di organizzare la II conferenza dei politici di origine italiana nel mondo, definiti come “una rete lobbistica di italicità di straordinario potenziale che attende ancora di essere sollecitata e attivata”. Il Vice Ministro ha inoltre posto all’attenzione dei convegnisti la duplice funzione svolta dalle CCIE, ossia quella di filtro per le aziende straniere che vogliono investire in Italia ma anche quella di fornitore di strumenti adeguati alla penetrazione delle aziende italiane sui mercati internazionali. Una rete dunque in grado di svolgere una doppia funzione, in ‘entrata’ e in ‘uscita’. Importante, per attrarre investimenti stranieri in Italia come sottolineato dal Segretario Generale della Camera di Commercio italiana in Svizzera Andrea Lotti: ”Ci sono sicuramente spazi per iniziative comuni tra CCIE CCIAA e Camere Miste, non ultimo sul fronte degli investimenti esteri in Italia”. Decisiva, soprattutto in questa seconda importante funzione, la capacità che dovranno dimostrare le imprese e gli altri protagonisti coinvolti (Enti, Consolati, Istituti di cultura) di sapere fare squadra, allo scopo di ottimizzare gli sforzi profusi. Concorde sul punto il Ministro per i Rapporti con il Parlamento e le Riforme Istituzionali Onorevole Vannino Chiti, che nel corso del suo intervento è tornato con decisione sull’opportunità di agire sui mercati esteri come ‘Sistema’.
Aspetto rilevante della Convention è stato inoltre quello relativo alla tutela dei marchi, su cui il Governo, per bocca del Vice Ministro si è detto impegnato, a livello nazionale e comunitario, alla realizzazione di un quadro normativo adeguato alle esigenze delle aziende e all’intero Sistema paese. In tal senso numerosi sono stati i riferimenti da parte di altri relatori ed in particolare quello fatto da Davide Cucino, Responsabile Assocamerestero per l’Area Asia e Sudafrica che ha segnalato come il problema della contraffazione sia da considerarsi anche un problema interno al paese, ricordando quanto vasto sia il giro d’affari del “mercato del falso” in Italia.
Centrale, nel corso dei lavori pubblici è certamente stato il seminario dal titolo “Innovazione e sviluppo nella distribuzione all’estero: reti internazionali e forme alternative di distribuzione” che vedeva impegnati alcuni dei protagonisti del mondo delle imprese italiane all’estero ed in cui è stato ribadita la necessità di puntare sulla qualità del Made in Italy. “L‘Italia ha un immenso patrimonio culturale, è stata la nostra storia culturale che ci ha portato all’affermazione dei prodotti, non in quanto tali, ma per la qualità della vita che essi esprimono” afferma Lucio Sacchetti, Presidente della Camera di Commercio Italiana di Vancouver, Edmonton e Calgary, e Responsabile dell’Area Nafta.
Sempre nell’ottica di un lavoro congiunto, sinergico, da parte di tutte le componenti del Sistema, si è espresso il Presidente di Unioncamere, Andrea Mondello, che ha sottolineato la necessità per il sistema camerale italiano e per quello italiano all’estero di porsi in atteggiamento di ascolto ai bisogni delle imprese, parlando di Capitalismo delle reti, come via da seguire per far sfondare sui mercati internazionali le PMI italiane. Si innesta su questa direttrice l’accordo siglato da Assocamerestero e Rai International, descritto da Piero Badaloni. Il Direttore di Rai International ha definito l’accordo (che prevede la trasmissione sul canale satellitare della Rai di un programma sull’attività delle CCIE) come la possibilità di “realizzare finalmente quell’informazione di ritorno in grado di qualificare il sistema di comunicazione diretto al pubblico italiano all’estero ma anche al pubblico italiano sul territorio nazionale, proponendosi inoltre come lo strumento per passare al XXI secolo di Rai International”.
Innovazione coniugata alla cultura dunque, nuovi strumenti, che perfettamente si inseriscono in quella logica di diffusione delle idee su scala globale che ha permeato l’intera sessione pubblica dei lavori. Molti gli interventi tesi a valorizzare questo tipo di scelte, come quello di Michele Satta, imprenditore nel settore vitivinicolo che si è soffermato proprio sull’aspetto culturale della sua attività, descrivendo il valore aggiunto che è in grado di offrire il prodotto Made in Italy, e l’appeal che questo può avere sui mercati internazionali, e sintetizzato nel concetto di logistica della cultura. Cultura non solo come prodotto ma anche come metodo imprenditoriale, strumento in grado di fare competere la galassia italiana delle PMI sui mercati. “Quando c’è un consistente comunità italiana stanziata su di un’area è ovvio che quell’area influenza d’italianità il contesto sociale nel quale vive ed è inserita” ha dichiarato John Gauci-Maistre Responsabile Assocamerestero Area Mediterraneo, sottolineando la necessità, per le aziende italiane, di non ‘rilassarsi’ in quelle aree dove la presenza italiana è forte, perché il dinamismo del mercato e l’intraprendenza dei paesi emergenti potrebbero vanificare il lavoro di anni.
E quando invece l’emigrazione più datata ha segnato il passo alle nuove generazioni, come affrontare il mutamento contestuale? “Il nostro compito è ‘ritrasmettere’ l’italianità a queste nuove generazioni, che l’italianità l’hanno persa, e farlo in chiave moderna, il che non è facile”: questa la ricetta suggerita da Manuel Ascer, Responsabile Assocamerestero Area Mercosur e Cile. Difesa del marchio, capitalismo delle reti, logistica della cultura si è detto; tutti concetti riassunti felicemente in un’unica formula da Ermete Realacci, Presidente di Symbola, che ha definito questo modo di fare impresa “Soft Economy”, intesa come un’economia in grado di coniugare coesione sociale e competitività e di trarre forza dalle comunità e dai territori in un periodo di grande trasformazione caratterizzato dal mercato globale.
Proprio sui molteplici aspetti della globalizzazione, molti sono stati gli interventi, tesi ad armonizzare le esigenze d’impresa con un mercato sempre più competitivo e che sempre più spesso si manifesta attraverso dinamiche talvolta invisibili, portando i relatori a parlare di globalizzazione immateriale. Intesa come possibilità di usare le competenze acquisite nelle singole esperienze su una più vasta scala, immettendo nel circuito locale idee ed esperienze raccolte in attività di respiro internazionale.
Delle competenze acquisite e del modo di renderle funzionali all’attività d’impresa, soprattutto nella dimensione sovranazionale, ha anche parlato Giorgio Trevisi, Responsabile Assocamerestero per l’Area Patto Andino e Centro America. Soffermandosi sulla capacità di intercettare le esigenze dei mercati, attraverso l’analisi delle esperienze, del retaggio culturale messo al servizio del business, Trevisi ha sostenuto che nell’era della globalizzazione, le prime aziende ad aver capito che il retaggio culturale – quello europeo, nella fattispecie in America Latina- può diventare un modello di business vincente sono state le grandi aziende, le multinazionali. Basti vedere quanto accaduto alla pizza piuttosto che al caffè. Intuizione determinata forse dal fatto che si tratta di strutture globali, che si muovono nel mando con una capacità spiccata di intercettare e anticipare le tendenze culturali e del mercato. “Hanno capito come intervenire anche sulle nuove esigenze primarie dei popoli, a partire dalle fasc.e povere, cioè dalle masse, consumatrici di prodotti a basso costo” E a questo proposito Trevisi porta un esempio chiaramente indicativo di questi nuovi percorsi: “Chi non ha abbastanza risorse finanziarie non ha soldi neanche per curarsi, per cui preferisce comprare prodotti a basso costo che gli permettono di allontanare il rischio di insorgenza di malattie. In tutti quei casi si lavora sulla necessità non già di acquistare il piacere, quanto piuttosto di acquistare la salute”.
Si è tornati sugli aspetti legati all’internazionalizzazione delle aziende italiane, inteso non solo come approdo stabile, non episodico, delle PMI italiane all’estero, ma anche come modello organizzativo, più razionale e adeguato per stare sui mercati: “La mentalità delle piccole imprese non è adatta al mercato internazionale, riducono l’internazionalizzazione in termini di commercializzazione” sostiene Nicola Caprioni, Presidente della Camera di Commercio Italiana di Nizza, che ‘suggerisce’ la politica dei piccoli passi.
Sono stati questi i temi che hanno caratterizzato i lavori del XVI Convention Mondiale delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, che ha rinviato ad una valutazione delle strategie discusse alla Convention del prossimo anno che si terrà a Rimini. Temi che sono stati analizzati da molteplici punti di vista ma che hanno portato all’unanime conclusione che la strada da seguire per competere sui mercati internazionali è senza dubbio la capacità di immettere nel circuito “progetti sfidanti”, in grado di risultare vincenti grazie alle idee ed alla capacità di affrontare le sfide della globalizzazione del XXI secolo.
Fonte:
Francesco Giurato
News ITALIAPRESS