Lavoro, c’è incertezza sul futuro
09/01/2009
Italiani, lavoratori da posto fisso. Uno stereotipo che affonda le sue radici lontano nel tempo e, ancora una volta, viene riconfermato. D’altra parte è meglio tenersi stretto il proprio impiego quando si ha paura di non riuscire a trovare valide alternative.
A rivelare l’insicurezza degli occupati del Belpaese è il Right Career Confidence Index: indicatore semestrale che misura l’umore dei lavoratori a tempo pieno in 18 Paesi, tra cui 12 europei. Così, se si vanno a guardare i dati relativi all’Italia, si scopre che l’incertezza sulle proprie prospettive di carriera è cresciuta rispetto all’ultimo riscontro.
Un dato che deve far riflettere anche perché quasi tutti gli altri Paesi europei si muovono in direzione opposta: solo Germania e Svizzera precedono l’Italia in questa, poco lusinghiera, classifica al contrario. E c’è poco da rallegrarsi del fatto che le persone preoccupate di poter essere licenziate siano diminuite di circa il 3%.
Messi comunque di fronte all’eventualità di ritrovarsi disoccupati, infatti, il numero di coloro che non ritengono il mercato in grado di offrire alternative quantomeno equivalenti è cresciuto di oltre il 7%. E così ilbinomio insicurezza-flessibilità continua a marciare di pari passo.
Una mezza sconfitta per la riforma del mercato del lavoro; una riforma che puntava proprio all’elasticità come ricetta per un sistema che continuava a perdere colpi. Il messaggio non è arrivato e la tendenza a tenersi stretta la propria occupazione si è, al contrario, rafforzata.
Più che flessibili, i lavoratori con contratti a scadenza si sentono precari, in balia di un sistema che non riesce a garantire aspettative incoraggianti per il futuro. Che gli italiani siano tradizionalmente legati a impieghi stabili e duraturi non è una novità e certamente, in questo sentimento di incertezza, influisce anche una componente di tipo culturale.
Questo, però, non può essere un alibi e se, come suggerisce l’Unione europea, è necessario muoversi verso forme di lavoro più flessibili, un tale cammino non può non essere supportato da garanzie e tutele. Soprattutto nel periodo di transizione che una rivoluzione di questo tipo richiede. Solo così sarà possibile convincere anche i più scettici.
ALAN FRIEDMAN
13/5/2005