La vittoria di Kirchner e la nuova Argentina
09/01/2009
Il trionfo elettorale di Kirchner non nasconde il declino di alcuni capisaldi della politica argentina e la contemporanea ascesa di nuovi volti, come quello di Mauricio Macri, nuovo referente per il centro-destra nazionale
Buenos Aires – Le elezioni legislative parziali che si sono svolte ieri in Argentina per rinnovare la composizione della Camera e del Senato (in palio c’erano rispettivamente la metà delle poltrone dei deputati, 127, e un terzo dei seggi della Camera Alta, 24 in totale) hanno visto la netta vittoria del presidente Néstor Kirchner e del nuovo partito di sua creazione, il Frente para la Victoria (Fpv), nella prevalenza delle province del Paese.
Secondo gli ultimi risultati, relativi allo spoglio del 96,5% delle schede, il capo di Governo avrebbe raggiunto la maggioranza assoluta al Senato con 40 seggi, mentre nella Camera Bassa una quota ancora da definire, in base ai complessi meccanismi di ripartizione asimmetria dei voti, ma comunque compresa tra i 100 e 107 rappresentanti parlamentari.
Le votazioni legislative di domenica 23 ottobre erano state presentate, sin dall’inizio della campagna elettorale, come un momento di importanza cruciale per il futuro del Paese da parte dell’Esecutivo, che, in tal senso, aveva invitato tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, a voltare pagina, attraverso il suffragio, e contribuire alla ricostruzione di una nuova Argentina.
E gli elettori sembrerebbero aver risposto positivamente a tale richiesta, presentandosi in massa alle urne (l’afflusso ha registrato il 75% degli aventi diritto), e ridistribuendo la sovranità popolare in schemi di equilibri di potere che, secondo il parere di Hugo Luis Dal Bosco, docente dell’Instituto de Ciencias Políticas y Relaciones Internacionales dell’Universidad Católica de Buenos Aires, “potrebbero condurre in breve a termine ad una ricomposizione estrema della mappa politica argentina”.
Le elezioni di ieri avrebbero, in particolare, avuto due significati fondamentali: uno immediato, relativo alla legittimizzazione di Kirchner e del suo mandato, un altro dilatato, che potrebbe, però, generare importanti ripercussioni sul sistema nazionale nel medio termine.
Partendo dal primo, e quindi dalla semplice nuova configurazione parlamentare, oltre alla già citata affermazione complessiva del partito del presidente, devono essere sottolineati alcuni aspetti specifici, che potrebbero rivelarsi sintomatici di cambiamenti e dinamiche più generali. Innanzitutto il risultato della battaglia tra le due dame del Paese, le Evita del nuovo millennio, e, quindi, lo scontro tra Cristina Fernández, moglie dello stesso Kirchner, e Hilda “Chiche” González, consorte dell’ex presidente Eduardo Duhalde, entrambe candidate nella provincia di Buenos Aires. Il risultato ha visto ampiamente vittoriosa la prima, esponente del Frente para la Victoria, che con un sostegno del 46,1% ha ottenuto due seggi e superato di oltre 25 punti percentuali la rivale (che comunque ha preso un seggio), portavoce delle fazioni più conservatrici del peronismo e del Partido Justicialista (Jt), sotto il cui emblema Kirchner, con l’appoggio di Duhalde, aveva invece vinto le presidenziali del 2003.
“Attraverso una strategia di opposizione e non di accomodamento con la componente conservatrice del Jt, i Kirchner – continua Dal bosco – sono riusciti a raddoppiare il proprio consenso (nel 2003 il capo di Governo aveva raggiunto unicamente il 22% dei voti), conquistando una quota di sostegno popolare tale da legittimare concretamente le aspirazioni ad un nuovo mandato presidenziale nel 2007”.
La vittoria di Cristina Fernández a Buenos Aires, ottenuta inoltre in un territorio storicamente vicino a settori meno aperturisti del peronismo, sembrerebbe pertanto rinforzare la leadership di Kirchner all’interno del Jt e, parallelamente, sottrarre elementi di rivendicazione a Duhalde. Ma l’ex presidente non è l’unico volto noto della politica argentina a dover ridimensionare le proprie pretese: lo stesso Carlos Menem, sconfitto nel proprio feudo di La Rioja da Angel Maza, alleato di Kirchner, sembrerebbe destinato a un’esclusione dal team incaricato della futura ricostruzione nazionale.
Proprio la caduta di alcuni capisaldi istituzionali (a cui devono sommarsi gli esponenti dell’Unión Cívica Radical, altro partito tradizionale in crisi) ha fatto dichiarare a Cristina Fernández “come in Argentina è cominciata oggi una fase di rinnovamento e ricambio generazionale della classe dirigente”. Un avvicendamento che, del resto, sembrerebbe già aver trovato i prossimi protagonisti. “Uno di questi sarà probabilmente Mauricio Macri, primo candidato a deputato nazionale di Propuesta Republicana (Pro), e netto vincitore nella Capital (33,9%, di fornte al 21,6% di Elisa Carrió, rappresentante della sinistra, e al 20,4% dell’attuale ministro degli Esteri Rafael Bielsa, ndr).Un trionfo, quello del presidente del Boca Junior, che lo proietta a ruolo di referente di un nuovo centro-destra”.
I risultati elettorali del Pro hanno mostrato percentuali relativamente minori negli altri contesti territoriali, ma, come ricordato da Dal Bosco, non si deve dimenticare che la città di Buenos Aires è normalmente il focolare e il luogo in cui vengono ideati cambiamenti che poi si diffondono in tutto il Paese. “Il risultato veramente indicativo delle elezioni – afferma il docente della Università cattolica di Buenos Aires – parte proprio da qui, e quindi dall’opportunità che il Paese ha di abbandonare nel futuro prossimo l’attuale confusione politica ed adottare un sistema biploare, in cui un centro-sinistra d’ispirazione socialdemocrata si confronti con una coalizione più democratico-cristiana. Ovviamente, si parla di un bipolarismo all’Argentina, e pertanto con numerose mescolanze interne ad ogni schieramento, ma sembra una misura sempre più necessaria per affrontare le sfide economiche e sociali che il Paese ha di fronte”.
Notiziario NIP – News ITALIA PRESS agenzia stampa – N° 203 – Anno XII, 24 ottobre 2005