La vittoria di Chavez calma il petrolio
09/01/2009
Confermata la fiducia al presidente venezuelano
CARACAS • Un’enorme affluenza elettorale, l’annuncio della vittoria dal balcone presidenziale di Palacio Miraflores, le contestazioni dell’opposizione che parla di brogli, la certificazione di validità degli osservatori internazionali, la conferma del Governo venezuelano della stabilità della produzione petrolifera e la riaffermazione della Rivoluzione bolivariana.
Poi la reazione positiva dei mercati, che hanno trattenuto il greggio da nuovi record. Quindi cinque feriti tra i sostenitori del «sì» durante una manifestazione anti-Chavez. Tutto in una notte. Il referendum venezuelano, che avrebbe potuto interrompere il mandato del presidente, è stato vinto dai “no” alla revoca del mandato.
Il 58,25% degli elettori ha confermato la fiducia a Hugo Chavez che resterà al Governo fino al 2006. La lunga notte venezuelana pareva concludersi alle 3 di mattina di ieri con l’annuncio del Cne (Comitato nazionale elettorale) composto da membri del Governo e dell’opposizione.
Ma tutto si è terribilmente complicato quando le televisioni di proprietà dell’opposizione (ampio schieramento che va da destra a sinistra e comprende i principali gruppi di potere del Paese) hanno dichiarato la vittoria del “sì”, che avrebbe implicato l’immediata destituzione di Chavez e la convocazione di nuove elezioni politiche entro un mese. Ne è conseguito il surreale spettacolo di una città spaccata in due, dove entrambi gli schieramenti festeggiavano la vittoria. Chavisti e antichavisti, due blocchi incapaci di dialogare, hanno manifestato il loro entusiasmo per tutta la giornata di ieri (con un triste corollario di incidenti). I primi sono i poveri, gran parte di quell’80% di venezuelani che abita le baraccopoli che attorniano Caracas. Di cui Chavez ha saputo conquistare la fiducia. Gli altri appartengono alle classi sociali più elevate. «Bolivariani» i primi, «Escualidos» i secondi.
Il petrolio. La posta in gioco di questo referendum era altissima. La crisi energetica, con il petrolio vicino ai 50 dollari al barile, potrebbe aggravarsi ancora se la produzione del Venezuela (quinto esportatore mondiale) subisse delle ripercussioni. I 2,6 milioni di barili al giorno sono inferiori alla quota Opec, ma in uno scenario quanto mai incerto garantiscono una paradossale tranquillità. Chavez, in un discorso durato poco meno di due ore, sotto una pioggia battente che non ha scoraggiato migliaia di sostenitori accorsi al Palazzo presidenziale, ha dichiarato che «il Governo garantisce la stabilità del mercato mondiale del petrolio».
I mercati hanno reagito positivamente e dopo aver sfiorato quota 47 $ in apertura, hanno premiato il segnale di stabilità riportandosi a 46,05 dollari il barile. La conferma alla presidenza di un moderno caudillo latinoamericano, che da anni critica spietatamente il modello neoliberale, non ha spaventato né i mercati né allertato le cancellerie. «Questa è la vittoria della Rivoluzione bolivariana», e l’affermazione di un «nuovo modello democratico e di progetto di sviluppo alternativo a quello selvaggio neoliberale», ha ripetuto ieri Chavez. La vittoria del “chavismo” e la conferma degli osservatori internazionali. L’enorme partecipazione al voto, con un’affluenza superiore all’80%, è un indiscutibile successo del Governo di Chavez che ha saputo risvegliare la coscienza politica di classi sociali da sempre escluse. Un merito che persino l’agguerrita opposizione riconosce al leader populista. La presenza degli osservatori internazionali e la loro certificazione di “validità” ridurrà i margini di contestazione. Nel primo pomeriggio di ieri l’Osa (Organizzazione degli Stati americani) e il Centro Carter hanno rilasciato dichiarazioni inequivocabili. Per entrambi le operazioni di voto nei seggi e lo scrutinio si sono svolti in modo «democratico» e all’interno dei seggi non sono stati registrati episodi che potrebbero istillare il dubbio dei brogli. Anche l’Unione europea ha confermato la «vittoria per la democrazia», con riferimento alle operazioni di voto.
Il Sole 24 Ore
17/8/2004