La dura vita dell’euro

09/01/2009

Se ne parla, magari sottovoce, ma comunque di un eventuale dietrofront dell’Europa nei confronti della sua moneta unica se ne parla. L’euro infatti non è mai stato esente da critiche, ma da un po’ di tempo a questa parte sembra essere divenuto il bersaglio di qualunque malcontento.

Per questo motivo banchieri, economisti e uomini d’affari si esercitano ad immaginare gli eventuali scenari del dopo euro, ma da tutti questi discorsi l’indicazione che emerge è una sola: indietro non si può tornare.

D’altra parte la storia è nota: il doppio no franco-olandese alla costituzione europea ha ridato fiato a tutti coloro i quali vedeno nell’euro una moneta artificale che produce più danni che benefici.

La retorica di alcuni leader di partito la dipinge come una sorta di valuta geneticamente modificata che piace solo ai “tecnocrati” di Bruxelles e Francoforte, e che mette invece a repentaglio i portafogli delle fasce più deboli della popolazione.

Una lamentela miope, e spesso fatta in malafede, basta vedere quello che sta succendo in questi giorni; l’ennesimo rialzo del prezzo del greggio ha fatto scattare una serie di rincari che stanno colpendo a pioggia tutti i settori che dipendono dal petrolio, ed ecco che allora ci si accorge di quanto sia utile avere una moneta forte, come era fino a poche settimane fa l’euro, capace di fare assorbire con minori sofferenze le impennate del prezzo dell’oro nero.

Inutile quindi pensare alla Lira con nostalgia, oggi come oggi non ci sono alternative alla moneta unica. Meglio accettare questo dato di fatto e pensare invece a come rimettere mano a quella “casa comune europea” che pare arrivata ad una fase di stallo.

Da questo punto di vista il semestre che vedrà l’inglese Tony Blair presiedere l’Unione non è certo partito con il piede giusto. I leader dei maggiori Paesi europei pochi giorni fa non sono riusciti a trovare un accordo sul bilancio comunitario, e questo non è un segnale molto incoraggiante.

Tuttavia non si può rinunciare ad una Europa forte e che sia pronta a parlare con una voce sola, sopratutto nelle questioni di politica economica: non resta quindi che rimboccarsi la maniche e cercare di recuperare il terreno perso in queste ultime settimane

ALAN FRIEDMAN
4/7/2005