In Chianti si invecchia meglio
09/01/2009
Si chiama così lo studio, uno dei più vasti al mondo sui meccanismi del declino fisico, che si svolge fra i colli della Toscana. Condotto su oltre 1.600 persone seguite nel tempo, sta già sfatando molti luoghi comuni. E i primi risultati dicono che…
Continui a camminare diritto e mentre va avanti dica tutti gli animali che le vengono in mente e che comincino con la m». L’invito della ricercatrice fa pensare a un gioco. In realtà Emilio, 83 anni, che cammina snocciolando nomi di merli e mucche, contribuisce a far sì che la scienza ne sappia un po’ di più sulla vecchiaia.
Partecipa infatti al progetto di ricerca InChianti, uno dei maggiori studi al mondo sui meccanismi dell’invecchiamento, in corso su più di 1.600 .
L’indagine, condotta da un gruppo di ricercatori italiani, e finanziata inizialmente dall’Inrca (Istituto nazionale di riposo e cura per anziani) e dall’Azienda sanitaria di Firenze, dal 2001 ha il supporto economico anche degli Stati Uniti.
Il Nia, il National institute on aging, l’ente federale che si occupa di invecchiamento, attraverso l’Azienda regionale toscana di sanità ha investito finora sul progetto oltre 5 milioni di dollari.
«È raro che questo ente governativo spenda soldi fuori dagli Usa, una testimonianza dell’importanza internazionale del nostro lavoro» dice da Baltimora il gerontologo Luigi Ferrucci, padre della ricerca.
Non è un caso che lo studio avvenga fra i colli e le vigne del Chianti, scelti come seconda dimora da numerosi inglesi, americani, tedeschi e altri europei innamorati del paesaggio, del vino e della qualità della vita. Questo rende i ricercatori d’oltreoceano particolarmente curiosi sui meccanismi dell’invecchiamento in questa regione italiana.
InChianti sta generando decine di pubblicazioni in cui si individuano nuovi marker biologici e si ribaltano convinzioni radicate sulla vecchiaia. Un esempio riguarda l’anemia. «La riduzione di emoglobina era considerata normale nell’anziano. Così come i danni neurologici definiti soft. Noi abbiamo dimostrato che si tratta invece di eventi patologici» spiega Ferrucci. Uno studio di prossima pubblicazione ha verificato che a rischio anemia sono anziani, uomini e donne, con bassi livelli di testosterone.
«Il calo dell’ormone potrebbe essere potenzialmente all’origine di questa anemia, che sinora sembrava non avere cause note» suggerisce Ferrucci. Da un altro lavoro, in uscita su Neurobiology of aging, emerge che la riduzione del muscolo della gamba sia dovuta più al degrado della qualità del nervo che alla velocità di conduzione, come si credeva finora. «Paragonando il nervo a un cavo elettrico, potremmo dire che si riduce il numero dei fili.
I risultati pongono le basi per lo studio delle cause della polineuropatia assonale, che colpisce gli arti con debolezza e alterazione della sensibilità» sostiene Fulvio Lauretani.
Mancava finora un modello certo che dicesse cosa è normale nell’anziano e cosa no. «Tanti assunti dati per scontati non lo sono» sottolinea Ferrucci. «Spesso di certi sintomi si diceva: è l’età. Ma, osservando lo stesso gruppo di persone per dieci anni, si riesce a tracciare il vero confine tra normalità e patologia. Sarà fondamentale per i successivi interventi. In geriatria questo tipo di dati mancava».
La particolarità della ricerca InChianti è proprio seguire l’evoluzione nell’arco di dieci anni dello stato funzionale delle stesse persone. La prima raccolta dei dati venne fatta nel 1998, poi è stata ripetuta nel 2001, è in corso e la si replicherà fra tre anni, con l’ultimo screening.
L’osservazione prolungata rende possibile l’individuazione di segni precoci di stati infiammatori che riducono la capacità motoria. Campanelli d’allarme cui finora era data scarsa importanza, ma che, se avvertiti in tempo, danno modo di intervenire.
«Un esempio è quello di sentirsi instabili, specie uscendo di casa, e di perdere punti di riferimento noti. Oppure la paura di cadere.
Tutti segnali precoci di condizioni di fragilità» spiega Ferrucci. «Cose per cui finora si andava dal dottore che prescriveva analisi. E siccome non veniva fuori nulla, il medico diceva: non è niente, stia tranquillo. Ora possiamo sviluppare una valutazione diversa. E a chi mostra questi segnali, opportunamente trattato, si dà la possibilità di ottenere risultati straordinari».
Lo studio InChianti prevede valutazioni sulla deambulazione: gli anziani dell’indagine vengono cronometrati con fotocellule simili a quelle delle gare di atletica mentre compiono percorsi di varia lunghezza e complessità o salgono gradini. Non solo, i partecipanti sono sottoposti a visita medica, prelievo del sangue, elettrocardiogramma, test vascolari con il doppler, tac per misurare densità ossea, esame neurolettico per verificare la funzionalità dei nervi periferici.
Infine, un’intervista a domicilio raccoglie informazioni su abitudini alimentari e stili di vita. «Ci ribaltano come calzini» racconta, mentre ride di gusto, un anziano di Greve in attesa di sottoporsi alla visita.
«Abbiamo scelto di studiare l’invecchiamento a partire dal camminare perché è uno dei fattori che condizionano di più la qualità della vita in età avanzata» spiega Stefania Bandinelli, responsabile scientifico del progetto. «La ricchezza della nostra ricerca è la banca biologica, la più grande in Italia e fra le maggiori al mondo: un’enorme raccolta che va dal dna al siero di tutti i partecipanti».
Una mole di dati sull’interazione sociale (vivono da soli oppure con figli o nipoti), la storia medica, l’alimentazione (bevono vino e quanto), lo stile di vita (fanno movimento o vita sedentaria).
«Vengono presi in esame tutti i possibili fattori in gioco. E questo grazie alla partecipazione calorosa degli anziani e dei loro medici curanti che ci hanno sostenuto insieme con i comuni: un entusiasmo che ha sbalordito i finanziatori americani e tutti quelli che nel mondo collaborano all’analisi dei dati» continua Bandinelli.
Per esempio, per quanto riguarda il ruolo del vino rosso i dati preliminari danno già qualche risposta. «Se due-tre bicchieri di vino al giorno possono dare un effetto protettivo sulle performance fisiche, oltre questa soglia la tendenza si inverte e si hanno danni» avverte Bandinelli.
Una signora di 104 anni è la più longeva. La percentuale di anziani di qui che giudica la propria salute «buona» o «discreta» sfiora il 94 per cento, contro una media nazionale (Istat) del 52. I chiantigiani camminano tanto e mangiano bene.
«Ci stupiscono per i pesi che sollevano o i chilometri che fanno» dicono i ricercatori. Dalle osservazioni sugli stili di vita si è visto che nei nonni che accudiscono i nipoti il declino funzionale è più lento. L’organismo dell’anziano sente i nipoti come figli e quindi rallenta a mettere in circolo le sostanze responsabili dei processi infiammatori che degradano lo stato funzionale. Lauretani sorride: «Consiglio sempre agli 80enni di vivere con la stessa intensità che si mette nella cura di un bambino».
Panorama.it
9/7/2005