In Asia e America Latina i mercati più promettenti per le imprese italiane

12/03/2010

Roma, (Ign) – Nel 2010 aumentano i rischi per le imprese che guardano all'estero, i mercati asiatici e latinoamericani si affermano come i più promettenti mentre i Paesi più sviluppati (Europa avanzata e Usa) risentono ancora dell'impatto della crisi. Aumenta invece la rischiosità nell'Europa dell'Est e Russia.

E' quanto emerge dalla Mappa dei Rischi 2010 di Sace, la cartina del mondo che illustra graficamente la diversa articolazione dei livelli di rischio per chi fa business negli oltre 180 paesi monitorati dall’ufficio studi dell'organizzazione.

Per attribuire il livello di rischio paese SACE prende in esame quattro fattori di rischio (politici, economici, finanziari, operativi) oltre al rischio di credito espresso dalla categoria OCSE. Il rating finale si articola su 9 livelli, da un minimo di L1 ad un massimo di H3.

Peggiorano i rischi a livello globale. La Mappa segnala un aggravamento generalizzato del livello dei rischi. Le poche ma significative eccezioni riguardano paesi emergenti ad alto potenziale, come Brasile, Turchia e Libia (passati dal 2008 al 2010 rispettivamente da rating M2 a M1, da M3 a M2 e da H1 a M3). I rating di Cina ed India, già relativamente bassi, sono rimasti stabili (rispettivamente L3 e M1), mentre si è deteriorato quello della Russia (passato da M2 a M3) che sta soffrendo in modo particolare per la crisi: forte l’attenzione nel 2010 sul rischio bancario, nonostante le riserve di cui dispone il paese.

Per Sace i mercati su cui puntare sono Asia e America Latina. Le economie asiatiche presentano infatti una crescita a ritmi sostenuti (nel 2009 l'incremento medio del PIL è di circa il 6%) accompagnata da livelli di rischio non eccessivamente elevati. Cina ed India, seppure non prive di rischi operativi, si confermano le due locomotive dello sviluppo regionale; ma la vera scommessa per le imprese che guardano all’estero sono i mercati delle “tigri asiatiche”, Indonesia in primis (rating M2) che, risolto il problema della stabilità politica, è tornata a crescere a un ritmo del 5% circa.

Migliora il livello dei rischi anche per l’area latinoamericana, che ha dimostrato la maggior reattività alla crisi grazie soprattutto alle crescenti potenzialità del Brasile, nona economia mondiale per potere d’acquisto con un PIL che viaggia al +4% annuo. Il profilo dei rischi è buono anche in Cile (rating L3), Perù (M2) e Colombia (M3), mentre restano forti vulnerabilità legate al Venezuela (H3) e all’Argentina (H2).

Europa dell’Est e Russia le aree più a rischio. Recessione e crisi del sistema bancario sono i principali fattori alla base del difficile momento dell’Europa emergente, uscita dal 2009 con una contrazione media del PIL del 5% e picchi negativi a quasi vicini al 20% nelle repubbliche baltiche, che hanno portato ad interventi a supporto da parte del Fondo Monetario Internazionale e dell’Unione Europea. Ucraina e Bielorussia sono i paesi più “caldi” dell’area (rating H2), ma dalla crisi globale escono declassate anche mercati chiave per le aziende italiane quali Ungheria e Romania (da M1 a M2 dal 2008 al 2010). Nell’area non mancano però le eccezioni positive, come la Polonia (L3), paese in crescita grazie ad una struttura politica ed economica solida e diversificata, che nel 2009 non è entrato in recessione (+1% di crescita del PIL) e nel quale il calo delle importazioni di beni e servizi italiani è stato più contenuto che altrove.

 

Fonte:
IGN