Il partito di Montezemolo

09/01/2009

di Maurizio Tortorella
Panorama Economy

Il presidente degli industriali ha fatto un discorso che a molti è parso quasi il preludio di una «discesa in campo». Ma non è la prima volta che si parla di un suo impegno diretto: sono sei mesi che le voci si rincorrono. E, se decidesse di presentarsi con una lista…

Un imperativo quasi categorico: «Serve una politica alta, che abbia un progetto per il domani, che sia vicina ai veri problemi della gente». Poi una domanda d’ampio respiro: «Dove vogliamo che sia l’Italia tra dieci anni?». Infine, un sussulto tra il retorico e il suggestivo: «È arrivata l’ora delle grandi scelte».
Basta un florilegio dalle prime due pagine per dare l’impressione (anche nei toni vibranti) di un discorso «politico». Ed è proprio sulla loro presunta politicità che le 40 cartelle della relazione letta il 26 maggio da Luca Cordero di Montezemolo all’assemblea della Confindustria hanno acceso il dibattito e gli animi. Il presidente ha concluso il discorso con l’ennesima frase a effetto: «Noi sappiamo cosa dobbiamo fare». Ma che cosa vuole fare, davvero, Montezemolo? E dove va? Si sta forse preparando a scendere in campo?

Pare di assistere a un film già visto una dozzina d’anni fa, agli inizi di Mani pulite. Perché in Italia, evidentemente, è destino: ogni volta che la politica viene messa in crisi dalle sue beghe interne o da una difficile congiuntura economica, ecco spuntare un soggetto estraneo al sistema dei partiti, che in qualche modo sembra costretto a occuparne il vuoto. Lo stesso Silvio Berlusconi, che a suo tempo ha cavalcato una simile rivoluzione, ha colto l’atmosfera, se è vero che uscendo dalla grande sala dell’assemblea confindustriale ha mormorato, un po’ cupo: «A noi Montezemolo ha chiesto di togliere la testa dalle urne. Ma a me sembra che ce la stia ficcando lui».

Certo, può sorprendere quel valore «superiore al 60% dei gradimenti» che oggi calcola un esperto di demoscopia come Nicola Piepoli. Ma anche secondo un sondaggio condotto in esclusiva per Economy il 22,3% degli elettori voterebbe per lui se si presentasse alla guida di un nuovo partito. E un altro 30% in totale lo sceglierebbe se si candidasse col centrodestra o (meglio) col centrosinistra. Mentre il 47,5% degli italiani non lo voterebbe in nessun caso: la percentuale dei «no» è alta soprattutto tra i lavoratori dipendenti (il 60%), nelle regioni del Nord-Est (57,2%) e tra le donne (51,2%).
Incrociando i dati, l’evidenza più curiosa è quella degli studenti: i giovani sono i più convinti che Montezemolo sia in realtà vicino al centrodestra, ma sono contemporaneamente quelli che più lo voterebbero se si presentasse alla guida di una formazione autonoma: il 44,9%.

Nell’afosa fine di maggio, comunque, Montezemolo ha alimentato voci, speranze e sospetti anche correndo (venerdì 27) al seminario economico della Margherita e sedendo sul palco accanto al suo leader, Francesco Rutelli. Per di più, la parola d’ordine di quel convegno di partito è parsa ricalcare a puntino quella appena lanciata da Montezemolo: «Dieci anni per rilanciare l’economia e per ridare slancio al sistema-Paese». Così la singolare coincidenza di temi e tempi ha rinvigorito la polemica. Anche perché due giorni dopo, quasi come un presidente del Consiglio in pectore, Montezemolo ha incontrato a quattr’occhi il premier britannico, Tony Blair, per poi lodarne in pubblico le «efficaci politiche economiche».

Una piccolo arresto nel tour de force è venuto solo la mattina del 30 maggio, quando il presidente della Confindustria ha provato a placare gli animi: «C’è chi ha voluto dare alle nostre analisi un’interpretazione di forte contrasto con il governo» ha detto. «Ma questo non risponde alla realtà. Noi abbiamo soltanto chiesto a tutti di fare la propria parte».
È durata poco. Lo stesso giorno, Montezemolo prima ha salutato come «una lezione salutare e positiva» il risultato del referendum francese sulla Costituzione europea. Poi ha annunciato che lunedì 6 giugno, scavalcando ministri e lobbisti italiani, incontrerà il commissario europeo alla Concorrenza, Peter Mandelson, per «accelerare i tempi delle iniziative da intraprendere nei confronti della concorrenza sleale cinese». E il cancan, immediatamente, è ripartito.

DA GIULIANO FERRARA IN POI
Certo, questa delle presunte ambizioni politiche del presidente di Fiat è la classica, lunga storia. Il primo a parlarne esplicitamente era stato Giuliano Ferrara, nel dicembre 2004. Allora, al direttore del Foglio che gli chiedeva conto delle sue ambizioni partitiche, Montezemolo aveva risposto con una lettera puntuta, nella quale negava spazio e legittimità a chiunque, da destra come da sinistra, provasse a tirargli la giacca: «Desidero mettere in chiaro» aveva scritto «che Confindustria non è un organismo politico. Non è un concorrente del governo né uno sponsor dell’opposizione».

Intervistato in gennaio da Economy, anche Innocenzo Cipolletta, il presidente del Sole 24 Ore assai vicino a Montezemolo, aveva confermato: «Le sue ambizioni politiche? Semplicemente non esistono». Ma aveva subito aggiunto, con un pizzico di veleno: «La carenza di leadership in Italia provoca anche questo tipo di voci». Come a dire: rispetto a questa classe politica, il presidente della Confindustria potrebbe solo fare di meglio.
In febbraio era stato invece Paolo Panerai, direttore ed editore di Milano Finanza, a presentarsi come esegeta (sia pure dichiaratamente non autorizzato) del Montezemolo-pensiero: «Non scenderà in politica, almeno in quella partitica e parlamentare, almeno per il prossimo turno elettorale». Poche righe dopo, Diego Della Valle, l’imprenditore notoriamente vicino a Montezemolo, veniva dipinto come parte di «un disegno coordinato» che avrebbe consentito «ai due amici (cioè Montezemolo e Della Valle, ndr) di prepararsi alla presa del potere politico».

PROSPETTIVA A MEDIO TERMINE
Presa del potere: un’espressione un po’ cruda, forse. Ma efficace. Così, oggi, sembra assumere un altro tono la voce impostata del presidente di Confindustria, le mani strette ai bordi del palchetto dell’assemblea: «Per ricostruire l’Italia ci vuole una guida politica e istituzionale, una classe politica con competenze elevate… E non intendo solo i partiti, ma anche istituzioni, associazioni, imprese e tutti coloro che non limitano il proprio agire al conseguimento di una pur legittima soddisfazione personale».
Sabato 4 giugno, Montezemolo è atteso a Santa Margherita Ligure. Il suo intervento riguarderà un tema complesso: «Generazioni, sviluppo, imprese familiari, crisi, mutazioni e futuro di un modello di successo». Sarà un’altra occasione per parlare di sé. E, forse, anche di quello che vuole fare veramente.

Panorama.it
Panorama Economy