Il credito d’ imposta figurativo a fronte di imposte non effettivamente pagate il cd Matching Credit nella Convenzione contro le doppie imposizioni Italia Brasile.
19/05/2021
Premessa. 1. I requisiti per il riconoscimento del credito d’imposta. 2. Produzione di Reddito all’estero. 3. Il reddito estero deve concorrere al reddito complessivo. 4. Le imposte pagate all’estero devono essere sul reddito e devono essere state pagate a titolo definitivo. 5. Il periodo d’imposta per il quale spetta il credito d’imposta. 6. La quantificazione del credito d’imposta. 7. I singoli elementi del rapporto. 8. Le imposte estere che danno diritto al credito. Il sistema fiscale brasiliano. 9. La Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Brasile il cd Matching Credit ovvero il credito figurativo. 10. Lo scambio di informazioni previsto dalla Convenzione sulle doppie imposizioni Italia Brasile. 11. Conclusioni
Premessa
La complessità dell’economia mondiale e la crescita inarrestabile anche in tempo di pandemia degli scambi internazionali può produrre, tra l’altro, delle doppie imposizioni fiscali, soprattutto nel settore delle imposte sul reddito.
La pianificazione fiscale internazionale sfrutta i disallineamenti e le opportunità concesse dalle normative fiscali e per le imprese con caratteristiche multinazionali rappresenta, sempre più, un aspetto tipico e assolutamente necessario per la competizione nei mercati globali.
Alla dinamicità dei mercati, alla tendenza delle imprese multinazionali di abbassare il costo delle imposte corrisponde la necessità degli Stati di salvaguardare il livello delle entrate fiscali.
Le normative fiscali degli Stati nazionali avanzano delle pretese impositive con criteri in alcuni casi non coordinati tra loro.
Tecnicamente, ciò avviene in quanto gli Stati utilizzano due criteri generali, differenti tra loro, quello della tassazione presso lo Stato dove avviene l’operazione e quello della tassazione nello Stato di residenza del soggetto.
Il criterio del pagamento delle imposte alla fonte, e cioè di dove avviene l’operazione, accoglie il principio della territorialità, mentre il principio della residenza adotta il concetto di universalità, nel senso che viene tassato il reddito del soggetto residente ovunque questo venga prodotto in attuazione del principio internazionale del world wide taxation.
In sintesi, va detto che, nella globalizzazione dell’economia e nella crescente internazionalizzazione dei mercati chi decide di intraprendere, di scambiare beni e o di fornire servizi può essere oggetto della pretesa impositiva di più Stati e che le pretese possano sovrapporsi.
Il rimedio alle pretese impositive accavallate degli Stati, e quindi ad una doppia imposizione, sono le Convenzioni Internazionali contro le doppie imposizioni con le loro modalità di restituzione o di non pagamento, e quindi in sostanza di re-equilibrio, attraverso due meccanismi: l’esenzione e il credito d’imposta.
Per sintetizzare, il meccanismo del credito d’imposta è diverso da quello dell’esenzione, infatti nel sistema del credito d’imposta si rende definitivo il livello d’imposizione più elevato, mentre invece, nel meccanismo dell’esenzione si consolidano sempre le imposte del paese in cui il reddito è prodotto.
Con il metodo del credito d’imposta, nel caso in cui l’imposta estera sia inferiore occorre versare all’erario italiano la differenza; se invece l’imposta estera è superiore non è prevista la restituzione dell’eccedenza, il credito d’imposta, quindi, si può utilizzare in Italia sino a concorrenza dell’imposta italiana e non si può richiedere un rimborso.
L’asimmetria tra l’imposta italiana e quella straniera è influenzata dal diverso gioco delle aliquote e anche dalla differenza dei criteri d’imputazione e/o di quantificazione dell’ammontare dell’imposta.
I principi base delle Convenzione sulle doppie imposizioni sono contenuti nel modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni, in particolare all’art.23 lettere a e b.
In realtà le Convenzioni sulle doppie imposizioni sono bilaterali pur avendo come modello la Convenzione Internazionale dell’Ocse.
L’ordinamento fiscale italiano ha scelto di “sanare” la doppia imposizione attraverso il credito d’imposta il cd foreign tax credit sui redditi prodotti all’estero dai propri residenti in base all’art.15 del tuir .
Il sistema del credito d’imposta è regolato dall’articolo 165 del tuir, la norma è stata introdotta nel 2003 ed è applicabile ai soggetti IRPEF e IRES.
L’articolo 165 del tuir prevede :
-una modalità di calcolo della quota d’imposta italiana riferita al reddito estero assumendo al denominatore il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione;
-una definizione del reddito prodotto all’estero in base alla lettura a specchio dell’art 23 del tuir ;
-un meccanismo del riporto in avanti e indietro delle eccedenze d’imposta sia italiana che estera per non lasciare inutilizzato l’eventuale credito non fruito;
-una riduzione del credito in misura proporzionale nei casi di parziale concorrenza del reddito estero all’imponibile del residente;
-un riferimento agli istituti del consolidato e della trasparenza fiscale.
L’Agenzia delle Entrate, considerata la complessità e l’importanza dell’assetto internazionale fiscale, è intervenuta in materia più volte, in ultimo con la circolare nr.9/E del 5 marzo 2015 dal titolo: “Disciplina del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero”.
1.I Requisiti per il riconoscimento del credito d’imposta.
Per dar luogo al credito d’imposta, innanzitutto, è necessario che le imposte pagate all’estero siano state versate a titolo definitivo e quindi non rilevano le imposte pagate a titolo di acconto ovvero non devono essere state versate in via provvisoria in quanto queste ultime possono poi essere soggette a restituzione.
Il primo comma dell’articolo 165 stabilisce che: se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta, cioè generano un credito d’imposta.
Ci sono quindi tre condizioni da rispettare:
- il reddito deve essere prodotto all’estero;
- il reddito estero deve concorrere al reddito complessivo;
- le imposte pagate all’estero devono essere sul reddito e devono essere state versate a titolo definitivo.
- Il reddito deve essere prodotto all’estero.
I redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci rispetto a quelli previsti dall’art.23 del tuir, che individua quelli che si considerano comunque prodotti nel territorio dello Stato.
Il legislatore ha accolto, in sostanza, la cd lettura a specchio dell’art.23.
L’art.23 stabilisce che sono italiani i seguenti redditi:
-i redditi fondiari;
-i redditi di capitale corrisposti dallo Stato;
-i redditi di lavoro dipendente;
-i redditi d’impresa;
-i redditi diversi.
Per la lettura specchio dell’art. 23 vanno considerati esteri i predetti redditi qualora gli stessi siano prodotti all’estero.
Infatti, il secondo comma dell’articolo 165 del TUIR, indica che “i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato”.
La definizione interna di “reddito prodotto all’estero” risulta di interesse solo nei casi in cui non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito. Infatti, in presenza di una Convenzione che contenga una disposizione analoga a quella di cui all’articolo 23B del Modello OCSE, che elimina la doppia imposizione con il metodo del credito d’imposta, consentendo al contribuente di detrarre dall’imposta sul reddito dovuta nello Stato di residenza le imposte pagate all’estero sui redditi ivi prodotti.
In applicazione della norma convenzionale, pertanto, il diritto al credito viene riconosciuto in riferimento a qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad imposizione conformemente alla specifica Convenzione applicabile.
In mancanza di una Convenzione, invece, occorre fare riferimento all’articolo 23 del TUIR secondo cui, ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti, un reddito è da considerare come prodotto nel territorio dello Stato, quando sia possibile stabilirne il collegamento con una fonte produttiva situata in Italia.
In presenza di una Convenzione come nel caso di Italia e Brasile si fa riferimento a quanto in essa convenuto che analizzeremo nei paragrafi successivi. - Il reddito estero deve concorrere al reddito complessivo.
Per beneficiare del credito d’imposta previsto dall’articolo 165 del TUIR è necessario, tra l’altro, che i redditi prodotti all’estero concorrano alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente.
L’istituto non è quindi applicabile in presenza di redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, a imposta sostitutiva o a imposizione sostitutiva, operata dallo stesso contribuente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 18 del TUIR.
Sulla base di tale disposizione, infatti, i redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti e percepiti direttamente all’estero senza l’intervento di un sostituto d’imposta sono soggetti, a cura del contribuente, in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi, ad imposizione sostitutiva nella stessa misura delle ritenute a titolo d’imposta, che sarebbero applicate se tali redditi fossero corrisposti da sostituti d’imposta o intermediari italiani. Il contribuente ha facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva, applicando la tassazione ordinaria, ed in tal caso compete il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero.
Il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero è organicamente inserito nella disciplina delle imposte sui redditi ed è condizionato dalla presenza di redditi esteri nel reddito complessivo. Ciò implica che l’operatività dell’istituto è limitata ai tributi stranieri che si sostanziano in un’imposta sul reddito o, quanto meno, in tributi con natura similare.
Nell’articolo 165 del TUIR resta sostanzialmente immutato il criterio generale già previsto nel previgente articolo 15 del TUIR, secondo cui la detrazione è consentita quando le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo.
4.Le imposte pagate all’estero devono essere sul reddito e devono essere state pagate a titolo definitivo.
Come già affermato nella circolare del 12 giugno 2002, n. 50, la definitività dell’imposta pagata all’estero coincide con la sua “irripetibilità”, ossia con la circostanza che essa non è più suscettibile di modificazione a favore del contribuente.
La circolare 8 febbraio 1980, n. 3, ha definito che la correlazione esistente tra imposta pagata in via definitiva e il relativo reddito non esclude che l’imposta possa essere considerata “definitiva”, anche qualora il reddito sia ancora suscettibile di verifica nello Stato estero in cui viene prodotto.
Non possono, invece, considerarsi definitive le imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista, sin dal momento del pagamento, la possibilità di rimborso totale o parziale, anche mediante “compensazione” con altre imposte dovute nello Stato estero.
Per quanto riguarda le imposte suscettibili di parziale rimborso, queste possono essere comunque detratte, al netto del rimborso spettante, sempre che si possa considerare certo il relativo ammontare alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia.
Si chiarisce, inoltre, che le imposte estere devono considerarsi “pagate a titolo definitivo” nel periodo d’imposta in cui le stesse sono state versate al Fisco estero, a nulla rilevando il periodo d’imposta in cui il beneficiario del reddito estero è venuto in possesso della relativa certificazione. La certificazione, infatti, ha valenza meramente probatoria e, pertanto, non determina la definitività del pagamento del tributo.
L’Agenzia delle Entrate stabilisce che, ai fini della verifica della detrazione spettante, il contribuente è tenuto a conservare i seguenti documenti:
un prospetto recante l’indicazione, separatamente Stato per Stato, dell’ammontare dei redditi prodotti all’estero, l’ammontare delle imposte pagate in via definitiva in relazione ai medesimi, la misura del credito spettante, determinato sulla base della formula di cui al primo comma dell’articolo 165 del TUIR (RE/RCN x Imposta Italiana – si rimanda alla seconda parte dell’articolo);
la copia della dichiarazione dei redditi presentata nel Paese estero, qualora sia ivi previsto tale adempimento;
la ricevuta di versamento delle imposte pagate nel Paese estero;
l’eventuale certificazione rilasciata dal soggetto che ha corrisposto i redditi di fonte estera;
l’eventuale richiesta di rimborso, qualora non inserita nella dichiarazione dei redditi.
- Il periodo d’imposta per il quale spetta il credito d’imposta.
Il comma 4 dell’art 165 del tuir stabilisce la regola generale secondo cui la detrazione e quindi il credito d’imposta deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo a cui appartiene il reddito prodotta all’estero.
In tal senso è fondamentale che il pagamento a titolo definitivo delle imposte estere avvenga prima della presentazione della dichiarazione. - La quantificazione del credito d’imposta.
Le imposte estere pagate a titolo definitivo sono detraibili dall’imposta netta dovuta (credito d’imposta) nei limiti della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra redditi esteri e il reddito complessivo al netto delle perdite dei precedenti periodi d’imposta .
Il credito d’imposta è determinato dal rapporto tra il Reddito estero e il Reddito complessivo netto moltiplicato per l’imposta italiana.
Il credito d’imposta derivante dalle imposte pagate all’estero non può essere superiore alla quota d’imposta italiana il cd Limite 1 e in ogni caso nei limiti dell’imposta netta cd Limite 2.
Chiaramente il rapporto tra il Reddito estero e il reddito complessivo al netto delle perdite di esercizi precedenti può risultare superiore ad 1.
Questo accade se le perdite accumulate in periodi precedenti sono così elevate da assorbire interamente il reddito di fonte italiana e parte di quello estero.
In questi casi il rapporto comunque è pari ad 1 non potendo l’imposta relativa al reddito estero essere riconosciuta in misura superiore all’imposta effettivamente dovuta poiché altrimenti si determinerebbe un finanziamento delle imposte estere. - I singoli elementi del rapporto.
Analizzando i singoli elementi del rapporto è necessario definire cosa si intende per Re (reddito estero).
Il reddito estero deve essere indicato al lordo dei costi sostenuti per la sua produzione, ciò anche in ragione della difficolta di imputazione dei costi effettivamente sostenuti all’estero.
La modalità di computo potrebbe prestarsi a delle strumentalizzazioni in quanto il reddito estero è inteso al lordo mentre il reddito complessivo netto del denominatore per sua stessa indicazione deve essere assunto al netto.
Tale indicazione potrebbe prestarsi anche ad operazioni finalizzate a una indebita monetizzazione del credito d’imposta.
Pertanto le operazioni potrebbero essere soggette al sindacato elusivo in applicazione dell art.37bis 600 1973 fermo restando anche l-applicazione delle norme previste al fine di contenere eventuali fenomeni di abuso art.2 del dlgs 1997.
Il reddito complessivo netto è assunto anche al netto delle perdite pregresse nel senso che devono essere dedotte le perdite pregresse e l’imposta italiana va considerata nel suo ammontare effettivo e non nella sua ricostruzione virtuale al fine di evitare l’effetto derivante dal riporto delle perdite pregresse. - Le imposte estere che danno diritto al credito, il Sistema Fiscale Brasiliano.
Il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero è organicamente inserito nella disciplina delle imposte sui redditi ed è condizionato dalla presenza di redditi esteri nel reddito complessivo.
Si può richiedere un credito d’imposta per le imposte sul reddito o per i tributi similari ciò a dire che non si può richiedere un credito d’imposta per il pagamento all’estero di imposte indirette.
Non sempre stabilire questa differenza è automatico e facile.
Infatti, in alcuni Paesi le imposte dirette non sono così facilmente individuabili.
Il sistema fiscale brasiliano presenta una notevole complessità e, per questo, appare una realtà completamente avulsa dal contesto degli altri modelli fiscali dei Paesi Internazionali e del Latam (i.e., abbreviazione utilizzata per indicare i Paesi latino americani). Detta complessità è caratterizzata dalla presenza di un apparato impositivo che si sviluppa su tre distinti livelli di governo: Unione Federale, Stati, Municipi all’interno dei quale si articolano una molteplicità di imposte dirette ed indirette .
Dal punto di vista internazionale il Brasile adotta un sistema di Convenzioni contro le doppie imposizioni che garantisce il riconoscimento di una posizione fiscale paritaria tra imprese domestiche ed imprese non domestiche nonché del metodo del credito d’imposta o, in alternativa, di quello dell’esenzione .
Tuttavia, lo stesso atteggiamento di apertura internazionale non è riscontrabile relativamente alle problematiche del “Transfer pricing”.
L’ordinamento brasiliano, infatti – con la legge Nº. 9.430 del 27 dicembre 1996, entrata in vigore dal 1°Gennaio 1997 – ha adottato regole molto rigide ed in contrapposizione con i dettami delle direttive sui prezzi di trasferimento emanate nel 1995 dall’OCSE e successivamente aggiornate nel 2010. - La Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Brasile il cd Matching Credit ovvero il credito figurativo.
La Convenzione Italia Brasile contro le doppie imposizioni, firmata in data 03.10.1978 e ratificata in legge in data 29.11.1980, appare un’assoluta opportunità per le imprese italiane che investono e/o che aprono una impresa collegata in Brasile e mantengono almeno il 25% del Capitale.
Nella Convenzione contro le doppie imposizioni Italia Brasile in via eccezionale viene riconosciuto all’art.23 un credito figurativo, il cd Matching Credit, a fronte di imposte non effettivamente pagate .
Si tratta di una misura del tutto eccezionale finalizzata a consentire il mantenimento degli incentivi fiscali concessi dal Brasile alle imprese italiane per attrarre investimenti e per evitare che il trasferimento dell’onere impositivo ricada nel Paese di residenza Italia e non sul Paese fonte il Brasile.
Le modalità di riconoscimento del credito d’imposta, a seguito d’imposte figurativamente pagate in Brasile, sono le stesse già indicate per il riconoscimento del credito d’imposta per le imposte effettivamente pagate all’estero.
La richiesta di credito figurativo deve essere presentata in sede di liquidazione Irpef o Ires indicando i redditi prodotti all’estero e le imposte che si sarebbero dovute pagare in Brasile in regime ordinario.
Il credito spettante coincide con il minor valore tra l’imposta brasiliana figurativa e la quota d’imposta italiana riferita al reddito estero.
La richiesta del credito figurativo deve essere presentata in sede di liquidazione dell’IRES o dell’IRPEF dovuta, indicando in dichiarazione:
- i redditi prodotti all’estero;
- le imposte che si sarebbero dovute pagare in regime ordinario ovvero l’aliquota stabilita nella Convenzione contro le doppie imposizioni rilevante nel caso di specie;
- l’ammontare del reddito complessivo dichiarato nell’esercizio a cui le imposte estere si riferiscono.Ai fini della determinazione della detrazione spettante, la quota d’imposta italiana relativa al reddito prodotto all’estero deve essere confrontata con le imposte estere figurative secondo l’aliquota prevista dalla specifica Convenzione, ovvero con quelle che si sarebbero dovute pagare in assenza delle agevolazioni previste nello Stato estero.
La possibilità di fruire del credito d’imposta in Italia, delle imposte pagate in Brasile, così come definito dall’art.23 (metodo per evitare le doppie imposizioni) è indubbiamente un elemento decisivo per le imprese.
Il rapporto privilegiato con il Brasile, che emerge dalla Convenzione, è il frutto anche della colleganza storica con il Paese Sudamericano, suggellata dal vincolo di sangue che ci lega a questo grande Paese.
In effetti, gli Italo discendenti in Brasile sono stimati in almeno 32 milioni di persone, tale aspetto condiziona in maniera fortemente positiva tutti i legami anche commerciali con l’Italia, i prodotti italiani sono richiestissimi e in alcuni settori sono considerati assolutamente imprescindibili e spesso leader di mercato.
La fiscalità brasiliana in generale, piuttosto sbilanciata verso il prelievo all’importazione, è di fatto, più favorevole di quella nazionale, non solo, anche il regime dei dividendi esenti, per le imprese che detengono almeno il 25%, attrae gli investimenti dall’Italia.
In tal senso, è assolutamente interessante ed economicamente vantaggioso, per le imprese italiane, investire e acquistare e /o costituire imprese collegate almeno al 25% in Brasile.
A questi aspetti di carattere generale si deve aggiungere un ulteriore elemento di incoraggiamento all’investimento in Brasile, che deriva dalle continue dichiarazioni del Presidente del Brasile, Jair BOLSONARO e del suo governo che esplicitano, ad ogni occasione, di voler favorire gli investimenti dall’estero e in particolare dall’Italia.
E l’Italia risponde, e in verità ha sempre risposto, in Brasile il nostro Paese è presentissimo con imprese di tutti i tipi e in ogni settore, aziende che spesso vincono appalti e conquistano sempre più larghe fette di mercato.
- Lo scambio di informazioni previsto dalla Convenzione sulle doppie imposizioni Italia Brasile.
Oggi, grazie al radicale miglioramento dei rapporti internazionale e in virtù di Convenzioni Internazionali e Multilaterali sempre più stringenti, il reddito estero, percepito da un contribuente, è riscontrabile con qualche facilità in più.
Lo scambio di informazioni tra le agenzie fiscali appare un elemento imprescindibile della lotta alla evasione fiscale e alla elusione fiscale, soprattutto per quanto riguarda i redditi percepiti all’estero.
L’art.26 della Convenzione Italia Brasile stabilisce che le autorità competenti, per l’Italia l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza, si scambieranno le informazioni necessarie per applicare la Convenzione.
Le informazioni così scambiate saranno tenute segrete e non potranno essere comunicate a persone o autorità comprese quelle giudiziarie diverse da quelle interessate all’accertamento o alla riscossione delle imposte, nonché alle decisioni di ricorsi o di procedimenti penali relativi a dette imposte.
Lo scambio di informazioni non può in nessun caso essere interpretato nel senso di imporre ad uno degli Stati contraenti l’obbligo:
a) di adottare provvedimenti amministrativi in deroga alla propria legislazione o alla propria prassi amministrativa o a quelle dell’altro contraente;
b) di fornire informazioni che non potrebbero essere ottenute in base alla propria legislazione o nel quadro della propria normale prassi amministrativa o di quella dell’altro Stato contraente;
c) di trasmettere informazioni che potrebbero rivelare un segreto commerciale, industriale, professionale o un processo commerciale oppure informazioni la cui comunicazione sarebbe contraria all’ordine pubblico
Lo scambio di informazioni tra Italia e Brasile, che appare sempre più fitto, ed è previsto anche da altre norme multilaterali specifiche, come quella riguardante il cd. Common Reporting Standard .
Il CRS, firmato nel corso del G20 e su schema dell’OCSE, prevede che gli aderenti, tra cui Italia e Brasile, si scambino i dati dei soggetti residenti nell’altro Stato, che siano in possesso di un conto corrente bancario o di altri rapporti finanziari.
In questo modo, tutti coloro che si dichiarino residenti fiscalmente in Italia e hanno un conto corrente in Brasile saranno inseriti in una lista che il Brasile manderà all’Italia e viceversa.
Siamo difronte ad uno scambio automatico di informazione sui conti finanziari a livello globale il cui scopo è combattere l’evasione e l’elusione fiscale.
Va detto che appare nella natura stessa del credito figurativo che le imprese interessate possano attraverso gli scambi infra gruppo spostare l’utile da un Paese all’altro.
In tal senso è importante che le imprese che godono del credito figurativo valutino di attenersi alle regole sui prezzi di trasferimento cioè sul trasfer price vigenti in Brasile . - Conclusioni.
La Convenzione contro le doppie imposizioni Italia Brasile è un deciso incentivo a intensificare gli investimenti e gli scambi tra i due Paesi; oggi sono più di mille le imprese italiane presenti in Brasile in ogni settore economico e commerciale.
A fronte del regime di vantaggio, concesso alle imprese italiane con il credito figurativo, si è assistito nel tempo anche all’incremento delle attività congiunte di controllo delle Autorità Fiscali, grazie ad una collaborazione sempre più piena ed efficace e in virtù di un sempre più fitto scambio di informazioni tra Italia e Brasile.
E’ evidente che il credito figurativo è finalizzato ad attrarre maggiori investimenti in Brasile e ad assicurare una crescente presenza qualificata dell’Italia.
Il legame Italia Brasile, testimoniato da 32 milioni di brasiliani italo discendenti e da forme strategiche di integrazione, come il credito d’imposta figurativo, potrebbe essere ulteriormente consolidato per consentire a due economie, meravigliosamente complementari, a competere, magari insieme, nel complesso mercato globale.