Il Brasile terza potenza globale. Si rompe il duopolio Usa-Cina

11/03/2012

Di Massimiliano Santalucia

Nella corsa a due fra Usa e Cina per la palma d'oro di potenza guida del XXI secolo forse si sta inserendo un terzo litigante: il Brasile. L'impetuoso boom economico di cui il gigante sudamericano si è reso protagonista negli ultimi decenni ha visto una nuova accelerazione e rende il paese carioca non più solo una potenza economica regionale ma lo promuove ad importante attore geopolitico mondiale. Non c'è solo l'economia dietro la recente ascesa del Brasile. Dalla Cina all'India, passando per la Russia, negli ultimi vent'anni sono diversi i paesi cosiddetti in via di sviluppo che oggi si mostrano più dinamici rispetto a Usa e Europa. Ma il Brasile ha qualcosa di più; ciò che lo rende speciale non sono solo le sue numerose risorse energetiche o quelle alimentari, bensì un insieme di aspetti politici e strategici che ne rafforzano lo sviluppo e forse potrebbero addirittura farne un nuovo modello di riferimento nel mondo.

Attraverso tale scenario il Brasile è riuscito a trarre beneficio sia in chiave domestica sia sul piano internazionale. Sul fronte interno il paese si presenta come un'entità sostanzialmente omogenea; non vi sono grandi differenze linguistico-culturali e sul suo territorio mancano quei  focolai d'instabilità come il Tibet, lo Xinjiang, il Kashmir o la Cecenia che causano problemi presso altre realtà. Anche il fatto di trovarsi in un continente pacificato e privo di aree di crisi potenzialmente esplosive come il Pakistan, l'Afghanistan o la Corea del Nord rappresenta un vantaggio poiché evita di distogliere risorse dallo sviluppo economico e tranquillizza gli investitori dall'estero. In tale contesto i benefici per il Brasile non sono stati solo di tipo economico ma anche politico.   Rispetto a Cina e Russia il gigante sudamericano è riuscito a diventare una vera democrazia basata sul multipartitismo e sul rispetto dei diritti umani e politici. Inoltre il Brasile ha ridotto notevolmente le disparità sociali; il 60% dei ceti meno abbienti ha visto aumentare considerevolmente il suo reddito e nel paese si è creato un forte ceto medio.

Ma la vitalità brasiliana non è rimasta circoscritta all'interno dei confini nazionali, essa si è espressa anche nella politica estera dove il Brasile tende sempre più ad avere un ruolo da protagonista. In opposizione all'unilateralismo americano, negli ultimi anni Brasilia ha promosso attivamente il pacifismo e il  multilateralismo, ma lo ha fatto in modo diverso rispetto a paesi come Russia e Cina. Mentre l'operato di Mosca e Pechino si è spesso ridotto ad intralciare l'azione delle Nazioni Unite appoggiando indirettamente i regimi dittatoriali e le loro violenze, la diplomazia brasiliana ha invece supportato le organizzazioni internazionali e si è impegnata in azioni di peacekeeping. Un simile scenario fatto di ascesa economica e stabilità democratica pone l'interrogativo se il Brasile non sia oramai più solo una potenza regionale, quanto piuttosto un vero peso massimo della politica mondiale in grado di esercitare un proprio "soft-power" e di alimentare la sua immagine di nazione vincente. Interpellato da Affaritaliani.it il professor Luca La Bella, responsabile della sezione Asia-America del Ce.S.I (Centro Studi Internazionali di Roma) spiega come tale metamorfosi sia in realtà già un dato di fatto. "Il Brasile è già una potenza mondiale a tutti gli effetti e possiamo sicuramente parlare di soft-power brasiliano in grado di creare consenso. Credo che il paese cercherà di esercitare la sua influenza nel mondo, ma lo farà in modo da non spaventare i suoi vicini. I brasiliani intendono suscitare più rispetto che paura."

Un effetto collaterale di una simile ascesa potrebbe però essere costituito dalla potenziale apprensione di qualche altra potenza che potrebbe poi entrare in rotta di collisione col Brasile stesso. Gli Usa sono da sempre il principale attore geopolitico in Sud-America tanto da aver contrastato in passato ogni tentativo da parte di altri paesi di rafforzarsi nella regione. Ora Washington si ritrova a dover coabitare con un nuovo peso massimo privo di un passato neocoloniale che possa suscitare astio e il cui modello economico ha retto meglio di quello statunitense durante la recente crisi mondiale. Anche con la Cina potrebbero sorgere dei problemi, soprattutto in campo economico. Pechino è diventato il principale partner commerciale del Brasile con un volume di scambi superiore ai 12 miliardi di dollari nel 2010. Tuttavia i brasiliani si sono lamentati dell'ostruzionismo cinese nei riguardi delle loro aziende che cercano di esportare in Cina e, come ritorsione, Brasilia ha addirittura introdotto una legge decisamente protezionistica secondo la quale le case automobilistiche che non usano almeno il 65% di componenti brasiliani per la fabbricazione dei loro veicoli subiscono un aumento delle tassazione pari al 30%.

"In realtà più che americani e cinesi ad essere allarmati dall'ascesa brasiliana potrebbero essere gli altri paesi latinoamericani" aggiunge ancora il professor La Bella. "Washington recentemente si è molto disimpegnata in Sud-America; collaborando con la nuova potenza potrebbe delegarle la tutela degli interessi comuni nel continente. Con la Cina sicuramente il Brasile cercherà di contrastare il dumping dei prodotti cinesi, ma senza sfociare in una vera guerra commerciale. Invece le apprensioni maggiori potrebbero venire altri paesi sudamericani poiché si ritrovano presi fra due giganti entrambi portatori di modelli diversi rispetto a quelli presenti in altre nazioni come ad esempio il Venezuela di Chavez". Malgrado l'impetuosità del boom brasiliano anche nella nuova potenza non mancano le ombre. La corruzione nel paese è particolarmente vasta e il suo peso si avverte in diverse attività economiche. Anche la violenza appare un problema ancora molto forte tanto da rappresentare un grosso ostacolo sulla via di un più ampio sviluppo del turismo, una risorsa che potrebbe contribuire in misura maggiore alla crescita economica ma che è frenata proprio dalla criminalità. Tuttavia tali aspetti non sembrano rappresentare un reale ostacolo all'ascesa del Brasile il quale, in un periodo in cui si parla di spostamento del baricentro della potenza mondiale nel Pacifico, sembra mostrare che la sponda atlantica ha ancora un potenziale modello di successo da offrire.

 

 

Fonte:
Affari Italiani.it