IL BRASILE NUOVA FRONTIERA PER I CREDITI DI CARBONIO
26/10/2022
Potenziale da 72miliardi di dollari. Vola il mercato volontario.
di Patrizia Antonini (ANSA)
Il Brasile si candida ad essere top leader sul mercato dei crediti di carbonio, ed è corsa all’acquisto delle foreste in Amazzonia, un’opportunitá a cui alcune realtá italiane guardano con interesse, e un’occasione per salvaguardare il polmone verde del mondo, secondo il “Meccanismo di sviluppo pulito” introdotto dal protocollo di Kyoto. Un mercato in crescita quello brasiliano, che potrebbe valere fino a 72 miliardi di dollari da qui al 2030, stando ai dati dell’organizzazione Usa senza fini di lucro, Environmental Defense Fund. E come spiega l’ambasciatore italiano in Brasile, Francesco Azzarello, nell’attesa che il gigante verde-oro “approvi la legge che disciplina il mercato regolato dei crediti di carbonio sul modello europeo, le aziende possono comunque ricorrere al mercato volontario comprando le terre, facendone certificare l’emissione dei crediti da società internazionali e collocandoli sul mercato”.
Secondo il diplomatico, “il Brasile si candida a diventare uno dei più importanti Paesi esportatori al mondo di crediti” in questo mercato. “Ed esiste già un interesse societario concreto italiano”, anche se – evidenzia – ho l’impressione che le opportunità non siano ben note a tutti”. Secondo il rapporto “State and Trends of Carbon Pricing 2022” della Banca Mondiale, nel 2021 questo mercato globale ha raggiunto il valore record di 84 miliardi di dollari, in aumento del 60% rispetto al 2020. Una crescita esponenziale che appare ancora più evidente col riferimento al Brasile, dove il volume dei crediti di carbonio volontari, generati nel 2021 è aumentato del 236% sul 2020, e del 779% sul 2019. Rialzo che ha spinto il colosso sudamericano ad attestarsi al quarto posto al mondo.
Una tendenza che viene vista ancora in crescita, dato che il Paese si sta muovendo per dotarsi di leggi di regolamentazione, destinate a stimolare ulteriore sviluppo. Attualmente, il principale mercato regolato dei crediti di carbonio è quello introdotto nell’Ue, nel Regno Unito, in Islanda, nel Liechtenstein e in Norvegia, attraverso il sistema delle Emissions trading system (Eu-Ets), per un giro d’affari – in riferimento alle aste tenutesi tra il 2012 e il giugno 2020 (ultimo dato disponibile) – che hanno superato 57 miliardi di euro. Nel 2019, i ricavi complessivi generati hanno sforato i 14 miliardi, mentre solo nella prima metà del 2020 hanno toccato quota 7,9 miliardi. E oltre al sistema europeo, sono già operativi o in fase di sviluppo sistemi in Canada, Cina, Giappone, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Svizzera e Stati Uniti. “I recenti interventi normativi sono innovativi. Si calcola che il Brasile possa diventare il principale esportatore di crediti di carbonio al mondo e vari investitori istituzionali e privati stanno già investendo in terre e foreste con lo scopo esclusivo di preservarle. Per avere un’idea del valore di questo mercato, uno studio di McKinsey stima che entro il 2030 la domanda di crediti volontari possa salire da 1,4 miliardi di dollari a 2,3. E per dare uno spaccato ancora più incisivo, la previsione è che il potenziale effetto compensatorio del Brasile possa valere da solo il 15%, contro il 5% di Cina e Russia messe insieme”, indica Graziano Messana, presidente della Camera di Commercio Italiana di San Paolo. Secondo gli ultimi dati disponibili, il mercato brasiliano dei crediti volontari conta attualmente 159 progetti. Di questi, l’80% sono registrati ed hanno già generato crediti. Tra le aziende leader del settore c’è Carbon Next, che da sola gestisce 2 milioni di ettari in Amazzonia, impresa in cui Shell solo di recente ha investito 40 milioni di dollari. (ANSA).