Ict, il mercato cresce ma l’Italia deve colmare divari e ritardi

09/01/2009

Divari da colmare ed eccellenze da valorizzare. Pone l’accento su questi due temi il rapporto Aitech-Assinform sull’andamento del mercato Ict in Italia nel 2006 e nei primi tre mesi del 2007.

«Le tecnologie creano una sorta di effetto paradosso – dice Ennio Lucarelli, presidente dell’associazione – da una parte, sono sempre più pervasive, dall’altra sono alla base della creazione di divari più o meno ampi. Tutto sta nella capacità dei soggetti di appropriarsene o meno, di utilizzarle al meglio». Si consolida il segno “più” di una crescita che, in modo lineare e senza grandi scossoni, continua da tre anni a questa parte. Lucarelli però tiene a sottolineare dati di sistema a suo parere molto significativi. Due su tutti: per la prima volta da anni, la spesa It cresce nella stessa misura del Pil (ancora nel 2003, questo dato era negativo); e poi, l’It prodotta in Italia, soprattutto per quel che riguarda software e servizi, è pari all’82% dell’It generale.

«Questo – afferma Lucarelli – significa che non siamo solo un Paese che acquista tecnologia dall’estero». Ma non è tutto. Il presidente di Aitech-Assinform pone l’accento sull’attenzione crescente che, anche nel nostro paese, viene posta sulle risorse umane, e sulla loro valorizzazione in un contesto che, rispetto al passato, si caratterizza per servizi di livello sempre più evoluto.

I divari da colmare, quali sono? In primis, quelli ormai cronici che l’Italia ha con il resto dell’Europa: nelle aziende italiane solo il 38% dei dipendenti usa il Pc, contro una media europea del 51%, la banda larga arriva al 13% delle abitazioni italiane, contro il 25% dell’Europa, la cultura informatica è veramente bassa, con il 59% di persone con nessuna competenza informatica, contro una media europea del 37%, la spesa It pro capite in Italia rispetto al Pil è dell’1,9% (come la Spagna), in Usa del 3,9%, in Francia del 3,2%, in Germania e Uk supera il 3 per cento. Il gap però è anche nel Paese, se è vero che al nord-ovest la spesa pro-capite per l’It è di 501 euro, al sud di appena 155 euro, che i dipendenti che usano Pc connessi a Internet almeno una volta a settimana al centro e al nord ovest sono un 12% in più rispetto a quelli del sud.

Incide, ovviamente, la polverizzazione del tessuto produttivo italiano, visto che il 18,4% della spesa It è appannaggio del 95,6% delle imprese, mentre il 56,7% si concentra nelle prime 3000 aziende (grandi e medio-grandi), ovvero lo 0,1 per cento.
E le eccellenze? I poli tecnologici, i 25 distretti tecnologici, i grandi committenti (difesa, spazio, ecc.), i big spender dell’Ict (banche, per esempio), le università. Lucarelli ritiene che la sfida maggiore sia quella che deriva dal segmento, molto dinamico, delle medie imprese, mentre brilla per assenza la pubblica amministrazione centrale, e, per quel che riguarda la Pa locale, denuncia per l’ennesima volta il peso abnorme del mercato captive, sul quale giocano un ruolo «protetto da ogni competizione»le aziende It create dalle stesse regioni. E vede un grande futuro per il commercio elettronico, soprattutto come mezzo per le nostre Pmi per raggiungere mondi e mercati altrimenti irraggiungibili.

Dal punti di vista “politico”, Lucarelli rivendica anche nel nostro Paese un ruolo centrale per l’Ict, cosa già fatta dalla Ue nel VII programma quadro per la ricerca e l’innovazione, e dall’Ocse che recentemente ha indicato l’Ict come il principale fattore di sviluppo di competitività. Lucarelli infine apprezza il lavoro del governo per le liberalizzazioni, anche se si augura che il progetto Industria 2015 elaborato da Bersani renda più incisivo il ruolo dell’It.
A livello di numeri, si conferma la crescita della componente hardware, e cresce anche il settore del software, segno che c’è una ripresa di progettualità, un po’ meno i servizi, dove i fenomeni più rilevanti sono il downpricing delle tariffe e la forte concorrenza interna. Giancarlo Capitani, Ad di Netconsulting, la società che ha curato lo studio, conferma il ruolo di trascinamento del mercato consumer (+28% i Pc acquistati), e la tendenza positiva nel segmento delle medie imprese, mentre, sotto la spinta della compliance e di un ammodernamento non più procrastinabile, la Pmi riprende a investire. Cresce poco il settore delle telecomunicazioni, che asseconda una tendenza mondiale al rallentamento. Qui, a detta di Capitani, il fenomeno più evidente è la componente molto forte di innovazione (servizi di accesso a Internet, i Vas fissi e mobili), grazie alla diffusione degli accessi a banda larga.
Le tendenze 2006 si confermano anche nel primo trimestre del 2007: cresce L’It l’hardware (+1,5% rispetto allo 0,9% delle stesso periodo del 2006), cresce il software, ma frenano i servizi (“un dato congiunturale”, secondo Capitani), le telecomunicazioni rallentano ancora in modo sensibile sia nei servizi di rete mobile (da un più 10% al 2,1%) che in quelli fissi (da +0,7% a meno 1,6%). Il saldo Ict, a causa dell’andamento delle telco, registra una caduta da +3,6% del primo trimestre 2006 all’1,1% del primo trimestre 2007. Alla fine dell’anno in corso, la crescita prevista dell’Ict dovrebbe attestarsi intorno all’1,3 per cento. Anche Capitani pone l’accento sulle eccellenze da valorizzare, comprese le aziende che, all’interno dei distretti tradizionali, hanno un ruolo di trascinamento rispetto alle politiche di innovazione. Esempi di eccellenza che indicano la strada da seguire, ripartendo dal territorio e creando sinergie tra tutti i soggetti.

Fonte:
Il Sole 24 Ore
Pino Fondati