Ice-Istat: il made in Italy ritrova l’Europa
09/01/2009
Nei primi quattro mesi del 2007 i dati complessivi del commercio estero italiano mettono in evidenza una crescita delle esportazioni di merci pari al 13,3% nei valori correnti rispetto al corrispondente quadrimestre di un anno prima. Nell’ambito dei 27 paesi dell’Unione europea, che incidono per oltre il 60% sul totale dell’interscambio, l’aumento delle nostre vendite è del 14,6% nello stesso periodo, mentre con i paesi extra Ue la dinamica dell’export in valore ha toccato il +10,1% nei primi cinque mesi, risultando nettamente superiore a quella delle importazioni (+5,1%, su cui hanno pesato l’apprezzamento dell’euro e il temporaneo calo del prezzo del petrolio nella parte iniziale dell’anno). I conti economici nazionali del primo trimestre 2007 registrano, per contro, una frenata delle esportazioni di beni e servizi a prezzi costanti, sia nei confronti del periodo precedente (+0,4%) che dello stesso trimestre del 2006 (+4,1% tendenziale).
Le esportazioni di beni e servizi hanno concluso il 2006 in forte accelerazione nella gran parte dei settori, con un effetto di trascinamento molto consistente sul 2007. Dopo questo sprint, i dati di contabilità nazionale del commercio estero segnalano una minore vivacità dell’export nel primo trimestre dell’anno. Ma superata la pausa, le vendite all’estero dovrebbero confermare la migliore capacità di tenuta del made in Italy sui mercati internazionali, già messa in evidenza nel corso del 2006. Le esportazioni nel loro complesso sono previste in aumento di un 4-5% in termini reali nel 2007, grazie anche al maggiore dinamismo del ciclo congiunturale europeo, che compensa il rallentamento della domanda americana.
Nella media del 2006 le esportazioni italiane di beni e servizi, secondo i conti economici nazionali, sono aumentate del 5,3% nei valori reali, il migliore risultato dopo il picco ciclico (+9%) del 2000. I dati del commercio estero mostrano una crescita per le sole merci pari al 3,6% in volume, a fronte di un calo dello 0,9% nel 2005. Le nostre vendite all’estero hanno beneficiato, in particolare, della ripresa in atto nell’area dell’euro, che assorbe il 45% dell’export italiano. Il principale contributo è venuto dalla Germania, storico primo mercato di sbocco del made in Italy; un forte aumento delle esportazioni si è, poi, registrato nei dodici nuovi paesi membri della Ue e, tra i mercati extraeuropei, in Russia e Cina. Sono in calo, invece, gli Stati Uniti a causa soprattutto della sensibile rivalutazione dell’euro (oltre l’11%) nei confronti del dollaro.
I settori esportatori più dinamici sono stati quelli dei beni strumentali, a cominciare dalle macchine e apparecchi meccanici, seguiti dai prodotti in metallo e dai mezzi di trasporto. Nei tradizionali settori del made in Italy (tessile-abbigliamento-moda e arredo-casa) l’andamento dell’export è risultato, per contro, complessivamente debole, pur in presenza di una forte crescita dei valori medi unitari. In questi comparti, dove ancora si concentra una quota rilevante dell’industria manifatturiera nazionale, si registra da tempo un intenso processo di delocalizzazione internazionale dell’attività produttiva. A fronte della sostenuta espansione del commercio globale (+15% in valore e +8% in volume), accompagnata dall’apprezzamento del tasso di cambio effettivo, la quota delle esportazioni italiane sui mercati mondiali si è ulteriormente ridotta, sia a prezzi correnti (dal 3,6% al 3,4%) che a prezzi costanti (dal 2,7% al 2,5% circa).
Le importazioni di beni e servizi, sempre nella media del 2006 e secondo i dati di contabilità nazionale, sono aumentate del 4,3% in termini reali, sull’onda della ripresa della domanda interna e delle stesse esportazioni, con un risultante contributo positivo del commercio estero alla crescita del Pil. L’aumento è in buona parte dovuto agli acquisti all’estero di beni intermedi, destinati alla trasformazione industriale, in linea con le fasi di ripresa ciclica e la nostra crescente apertura al commercio internazionale, legata anche alla delocalizzazione delle produzioni di semilavorati. Accelera, poi, il flusso di merci provenienti dalla Cina, a cominciare dal tessile-abbigliamento e calzature, dove si registra un forte spiazzamento delle produzioni nazionali. Le importazioni di prodotti manufatti cinesi superano ormai il 5% del totale dei nostri acquisti dall’estero, pari al triplo delle vendite in Cina; una quota che raggiunge il 20% nei comparti tipici del made in Italy. Nel 2007 le importazioni sono previste in aumento di circa il 4%, con una dinamica un po’ inferiore a quella delle esportazioni, che conferma il positivo apporto della domanda estera netta alla crescita del Pil.
Ice e Istat in collaborazione
La collaborazione tra Ice e Istat nell’ambito del Sistema statistico nazionale ha dato luogo, per il nono anno a partire dal 1999, alla presentazione congiunta delle due principali pubblicazioni statistiche sul commercio estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane: L’Italia nell’economia internazionale-Rapporto Ice 2006-2007 e l’Annuario statistico del commercio estero e attività internazionali delle imprese Istat-Ice 2006.
La base informativa così resa disponibile è, quindi, molto ampia e articolata, in grado di meglio soddisfare le esigenze conoscitive degli operatori pubblici e privati. Una più approfondita utilizzazione dei dati sugli scambi con l’estero delle merci e dei servizi e di quelli relativi agli investimenti diretti esteri consente, infatti, un’analisi puntuale del sistema produttivo e commerciale dell’azienda Italia nel contesto dell’integrazione europea e della globalizzazione dei mercati. Il Rapporto e l’Annuario rappresentano, in particolare, il principale strumento di informazione e analisi sul posizionamento competitivo dell’Italia nell’economia internazionale.
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Michele De Gaspari