Gilberto Gil si dimette da ministro Adesso sarà solo un musicista

04/08/2008

Roma – Quando a gennaio 2003 Gilberto Gil accettò il ministero della Cultura offertogli dal primo presidente di sinistra del Brasile democratico, Inacio Luiz Lula Da Silva, le aspettative erano molte, come molte le polemiche per quel ruolo che alcuni colleghi di Gilberto non vedevano troppo tagliato per lui. L'inseparabile amico e “parcero”, Caetano Veloso, ebbe a dire che la politica avrebbe travolto Gil. Ma lo diceva senza voler crirticare il suo fido compagno del tropicalismo. Gilberto Gil ha fatto comunque molto per la cultura brasiliana in cinque anni e mezzo, ma ha fatto meno per sé e per la sua attività di musicista, che adesso, con le sue dimissioni dal gabinetto Lula (che non sono polemiche, anche se il presidente non le ha prese bene dove avere incassato anche quelle della verde Marina Silva) e la ritrovata salute dopo una operazione alle corde vocali, vuole tornare a svolgere al cento per cento.

Non rinnega nulla della sua attività di ministro, del suo impegno in giacca e cravata, elegantissimo e ben pettinato quando tutti eravamo abituato a vederlo con le camicione fuori dai jeans, le infradito e i capelli rasta. Ha fatto molto per il teatro e per il cinema del suo paese, ha creato molti luoghi di aggregazione giovanile, ha soprattutto dato fiducia a un paese che si è visto rappresentato in un ministero cardine da uno dei suoi più importanti artisti.

Ma è appunto questo il punto: Gilberto Gil come artista si può annoverare fra i più alti degli ultimi quarant'anni della musica popolare internazionale, e lascerà sicuramente un segno, quello che forse da ministro, per i posteri, non avrebbe poi ricoperto. Un ruolo nel panorama musicale internazionale che Gil ha meritato per tutto quanto ha fatto dagli anni Sessanta ai giorni nostri, e che gli auguriamo ancora di fare. D'altra parte proprio lui, assieme agli altri musicisti della sua generazione molto conosciuti all'estero, soprattutto lo stesso Veloso e Chico Buarque de Hollanda, hanno negli anni dell'università subito il confino per le loro posizioni rivoluzionarie in un paese allora governato da una dittatura militare di stampo fascista. Gilberto Gil ha rivoluzionato il rapporto fra la musica negra e quella tradizionale brasiliana del Nordeste, ha mischiato la bossa nova che ascoltava dal grande baiano Joao Gilberto con la musica da ballo del sertao, forrò e frevo, ha creato con Veloso il tropicalismo, una filosofia di vita oltre che un genere musicale, con il quale tornava in primo piano la radice tradizionale brasiliana a contrastare “l'imbarbarimento” della cultura troppo impregnata dei sogni nordamericani.

Sono diversi i periodi in cui Gil ha dato tutto se stesso per la propria musica, per esempio gli anni della grande vicinanza al reggae e a Bob Marley: la versione brasiliana di “No woman, no cry”, che si intitola “Nao choro mais”, ha venduto un milione di dischi e soprattutto ha influito su più di una generazione. Trent'anni fa i “Doces barbaros”, lui, Caetano, Maria Bethania e Gal Costa, sono stati un evento rivoluzionario, una risposta hippie brasiliana a ciò che accadeva soprattutto in Inghilterra. E poi il tropicalismo, con le prime registrazioni con Caetano e poi la straordinaria stagione del volume 2, quello di manifesti musicali e sociali imperdibili come lo sono “Desde que samba è samba” e “Haiti”. Se si dovesse considerare una discografia di Gil da tenere in archivio, non potremmo trascurare inoltre “Aquele abraço”, l'inno alla ribellione contro la dittatura; “Expresso 2222”, il ritorno alle origini della musica brasiliana; “Parabolicamara”, anch'esso venato di frevo, forrò e samba; “Toda menina bahiana”, un delicato canto per la liberazione del popolo; “Quanta”, un capolavoro assoluto della musica con le sue trascendenze che mettono in discussione tutto il retaggio culturale di una generazione; “Gil in Montreux”, registrato in un'epica serata al festival svizzero; “Dia dorim noite neon” con i grandi collaboratori di sempre, da Veloso a Gal e Bethania, con Roberto Carlos e Chioc Buarque.

Adesso lo stop alla politica perché esce “Bamda larga” e Gilberto ama troppo i tuor, ama troppo il contatto da musicista con la gente, e non può solo limitarsi ai 40 giorni di ferie che Lula gli aveva accordato. Adesso è di nuovo musicista a tutto tondo, e la sua recente tournée italiana lo ha dimostrato. Ma per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo sia da artista sia da politico, in fondo Gil è sempre stato lo stesso. Già ministro venne in Italia con una banda di ragazzini di Salvador tolti dalla strada: suonavamo le percussioni come da nessuno le abbiamo mai ascoltate. Facevano parte di un progetto per la rivitalizzazione delle città che Gilberto aveva dedicato alla sua Bahia, come fa per esempio anche Carlinhos Brown. Per tutto questo, grazie, ministro.

Fonte:
Quotidiano.net
di Riccardo Jannello