Ford in crisi: taglia il 21% della produzione negli Usa
09/01/2009
MILANO – Crisi sempre più difficile per Ford: il secondo produttore statunitense di auto taglierà la produzione nel Nord America del 21% nel quarto trimestre, chiudendo del tutto o limitando fortemente le attività di numerosi impianti in Usa e Canada. Questo al fine di accelerare il pesante piano di ristrutturazione che prevede nel complesso la riduzione di trenta mila posti di lavoro e la chiusura di quattordici stabilimenti e riportare in utile la divisione americana.
“Sappiamo che questa decisione avrà un impatto drammatico sulla nostra forza lavoro, così come sui nostri fornitori ma è la scelta giusta per i nostri clienti, i nostri azionisti e il nostro futuro nel lungo termine”: con queste parole Bill Ford ha spiegato ai dipendenti i drastici provvedimenti che verranno presi a breve termine.
Il netto calo della domanda di Sport Utility Vehicles (SUV) è stato uno dei motivi principali che hanno spinto l’azienda a operare questa scelta. A ridurre la domanda di SUV, le auto sportive di grossa cilindrata molto diffuse negli Usa, è stato il rincaro della benzina, dati i forti consumi richiesti da questi veicoli. Va peraltro precisato che, per ragioni analoghe, anche la rivale General Motors ridurrà la produzione di SUV nei prossimi mesi.
La Ford, che naviga da anni in cattive acque finanziarie, due settimane fa ha rivisto al ribasso le perdite nette, portandole a 254 milioni di dollari. Il dato è due volte superiore rispetto alla stima iniziale. La posizione della casa automobilistica, già resa difficile da un mercato in stagnazione, si è aggravata ulteriormente a causa della concorrenza asiatica. Dall’altra parte del Pacifico stanno infatti arrivando modelli caratterizzati da un minor consumo di carburante e quindi più appetibili per il consumatore statunitense. Il rivale più agguerrito è attualmente la giapponese Toyota, che a luglio ha superato la Ford per quota di mercato ed è diventata il secondo operatore sul mercato statunitense, ponendosi subito dopo General Motors.
Fonte:
La Repubblica