Finanziaria, prove tecniche di coalizione
09/01/2009
Sgravi per le famiglie, aiuti alle piccole e medie imprese, pubblico impiego, sanità, opere pubbliche e Mezzogiorno: questi i temi che forniranno l’occasione per un serrato confronto nella maggioranza in vista del 2006.
«Prima si decide quali sono le prospettive per il 2006, cioè come andiamo alle elezioni e come possiamo vincerle. Poi vediamo come affrontare gli ultimi mesi della legislatura». Fatto da un tecnico come Michele Vietti, padre della riforma societaria, sottosegretario all’Economia e rigorista convinto sui conti pubblici, il richiamo al primato della politica non potrebbe essere più significativo. E concreto, nonostante il ricorso a un fumoso politichese.
Tradotto in volgare, l’ennesimo avvertimento da parte dell’Udc, partito di Marco Follini e dello stesso Vietti, diventa infatti chiarissimo: senza un accordo sulla leadership del centrodestra e sulla legge elettorale, i prossimi mesi rischiano di diventare un calvario per il governo. Non solo per lo scambio di battute al vetriolo, come è avvenuto lunedì 29 agosto tra il premier Silvio Berlusconi, in visita al collega russo Vladimir Putin, e la stessa Udc.Ma ben più pericolosamente per gli atti e i voti in Parlamento, dove saranno discusse la legge sul federalismo cara alla Lega di Umberto Bossi (vedere riquadro a pagina 60) e soprattutto la Legge finanziaria per il 2006: un’occasione d’oro per i partiti che vorranno rimarcare di fronte agli elettori, anche a costo di far mancare la maggioranza al governo, ideali, parole d’ordine e difesa degli interessi dei gruppi sociali cui fanno riferimento.
Sono già pronti perfino i temi di bandiera che potrebbero essere usati come una mina durante l’iter parlamentare della manovra economica, la più complessa degli ultimi anni, con l’Unione Europea che tiene sott’occhio l’Italia e alcune variabili internazionali fuori controllo. Sono, tra gli altri, la famiglia, la spesa sociale, le piccole e medie imprese, la ripartizione del peso del fisco tra i diversi tipi di reddito, il pubblico impiego, gli investimenti.
FAMIGLIE E PICCOLE E MEDIE IMPRESE
L’Udc è già pronta a dare battaglia. «Vogliamo legare la politica ai valori: siamo al governo del Paese, non nel consiglio di amministrazione di un’azienda» dice a Panorama Mario Baccini, ministro della Funzione pubblica, rappresentante di peso, anche elettorale, dell’Udc. «Per questo non partiamo dai tagli, ma dagli obiettivi: per noi le priorità sono la famiglia e la politica della vita». La traduzione? La fa lo stesso Baccini, interessato esplicitamente ad aiutare «il ceto medio, che ha perso il proprio potere di acquisto». Spiega il ministro: «Penso alle detrazioni fiscali per le spese delle famiglie e delle piccole e medie imprese».
L’Udc non è affatto sola. Roberto Maroni, ministro del Welfare, in queste settimane già impegnato a trovare risorse aggiuntive da mettere nella Finanziaria per far partire la riforma del Tfr, il trattamento di fine rapporto, propone agevolazioni fiscali per le piccole e medie imprese, che rappresentano una parte decisiva del bacino elettorale leghista al Nord, oltre che per le famiglie. E sugli stessi temi si prepara a dare battaglia Alleanza nazionale. Gianni Alemanno, ministro per le Politiche agricole e plenipotenziario di An, è già stato chiaro: ci sarà il taglio del prelievo fiscale per le imprese (l’Irap, almeno per la parte calcolata sul numero dei dipendenti delle aziende). Ma ci dovranno essere benefici anche per le aziende minori.
MENO TASSE SULLA BENZINA SE CRESCE IL GREGGIO
Al Consiglio dei ministri un progetto per tagliare le accise sui carburanti
Ormai è inderogabile: il governo deve tagliare al più presto le tasse sulla benzina. Meglio: fissato un tetto massimo per il gettito fiscale sulla base di un prezzo-standard al barile attorno a 50-55 dollari, ogni ulteriore aumento (e oggi siamo oltre 70 dollari) non comporterà più nuove tasse (le cosiddette accise). Questo è il parere conclusivo che, già all’inizio della prossima settimana, sarà presentato al ministro delle Attività produttive Claudio Scajola dalla task force contro il caro-energia presieduta dal sottosegretario Mario Valducci. Lo rivelano a Panorama autorevoli fonti della commissione speciale. Le stesse fonti aggiungono che spetterà poi al ministro Scajola concordare con il collega del Tesoro Domenico Siniscalco l’entità-limite delle entrate prima di presentare il progetto finale sui tagli fiscali in uno dei prossimi Consigli dei ministri.
Di tempo ce n’è davvero poco. Come bene di consumo, il petrolio alle stelle impoverisce le famiglie, costrette a ulteriori sacrifici in uno scenario economico già depresso. Come bene di produzione, provoca l’aumento di tutti i prodotti, per effetto dei costi maggiorati della bolletta energetica.
Ecco perché le associazioni dei consumatori sollecitano interventi urgenti. E la stessa cosa chiedono a gran voce le opposizioni, preoccupate dell’«insufficienza della manovra» (17,5 miliardi di euro) prevista dalla prossima Finanziaria, che dovrebbe essere comunque rivista alla luce dei nuovi picchi del greggio (nel Dpef la media del barile per il 2005 era calcolata attorno a 50 dollari; per il 2006 intorno a 47 dollari). Secondo i calcoli elaborati da Enrico Letta, responsabile economico della Margherita, «da quando il petrolio ha cominciato la sua folle corsa al rialzo, 18 mesi fa, lo Stato ha incassato un incremento di tasse pari a 3,5 miliardi euro. Con questi soldi è riuscito a sopravvivere al calo delle altre imposizioni fiscali».
Per il consigliere economico di Palazzo Chigi Renato Brunetta, le misure suggerite dalla commissione Valducci sono benvenute perché, avverte «lo Stato non può arricchirsi con i salassi petroliferi. Deve restituire ai cittadini l’eccesso di tasse».
Ma tutto questo è solo un palliativo nel breve periodo. Di fronte a un’offerta limitata di greggio a causa dei mancati investimenti negli anni passati e a una sete crescente di petrolio soprattutto nei paesi asiatici (India e Cina), occorrono strategie assai più complesse e di lungo respiro. «L’Europa è afona su questi temi. Almeno si muovano i singoli governi» chiede Enrico Letta, che auspicherebbe «un elettroshock energetico», cioè un piano nazionale che dovrebbe avere tre capisaldi: il graduale passaggio dal petrolio al gas, il maggiore utilizzo del cosiddetto carbone pulito e l’acquisto di energia nucleare dall’estero.
Non molto diversa appare la ricetta dell’economista Brunetta. Al primo posto ci sono più investimenti per le estrazioni di greggio, seguiti dai risparmi energetici per effetto dei comportamenti virtuosi dei cittadini; dall’uso di fonti alternative, come il carbone; dall’attenta modulazione delle tasse e dalla ricerca di tutto il petrolio e il gas ancora inesplorato in Italia.
L’Adiconsum pretende invece cinque decisioni immediate: utilizzare le scorte internazionali; accelerare lo sviluppo dell’energia pulita grazie alle produzioni agricole per il biocarburante; puntare su altre energie rinnovabili, come i pannelli solari; ridurre le accise; aumentare la concorrenza nella distribuzione attraverso nuove pompe presso i grandi centri commerciali.
LA SPESA SOCIALE
Sui controlli sono tutti d’accordo, come sul ruolo delle regioni. Ma è guerra assicurata sui tagli. «Sto a quello che il governo ha scritto nel Dpef» dichiara a Panorama Francesco Storace, ministro della Salute, altro peso massimo di An. «C’è un intero paragrafo dedicato alla necessità di fare investimenti nell’edilizia sanitaria, nella ricerca scientifica, nell’aggiornamento tecnologico, nelle politiche di contenimento delle liste d’attesa. A fronte di tutto questo si parla di rispetto dei parametri di spesa. Un esercizio di controllo e di verifica da parte delle regioni».
Pensare ai tagli, invece, secondo Storace sarebbe un errore in un paese dove cresce l’età media e dove «l’attenzione alle liste di attesa, la politica dei prezzi, la tempestività delle iniziative sull’influenza aviaria possono portare consenso al governo. E francamente non vedo che male ci sia a pensare al consenso dei cittadini. La politica è anche questo. L’importante è che le iniziative siano efficaci, utili».
IL FISCO
Alemanno ha da tempo lanciato una proposta che fa discutere la maggioranza: riformare la tassazione delle rendite finanziarie, in modo da trovare risorse da investire ma anche in modo da uniformare il prelievo tra i diversi tipi di reddito da capitale: dividendi, capital gain, partecipazioni, interessi sui depositi.
L’ipotesi, sostenuta da tutta l’area della destra sociale, è fieramente osteggiata da Forza Italia (leggere l’intervista a Renato Brunetta a pagina 64), che vede come il fumo negli occhi un eventuale innalzamento dell’aliquota media di tassazione. Ma è diventata una bandiera. E sicuramente sarà un tema da battaglia parlamentare, anche a prescindere da ciò che alla fine risulterà scritto nel disegno di Legge finanziaria per il 2006 licenziato dal governo.
Lo stesso si può dire per l’ennesima proposta di condono, osteggiata invece da An e dall’Udc. «Può essere solo l’eventuale atto conclusivo di una politica fiscale, non il primo né il più importante dei passi» dice Baccini.
IL PUBBLICO IMPIEGO
Per anni feudo della vecchia Democrazia cristiana, la Funzione pubblica è sicuramente rimasta nel cuore dell’Udc e di An. Al contrario, è odiata dalla Lega, anche se l’efficienza della burocrazia è uno dei cavalli di battaglia della coalizione di centrodestra. Due saranno in particolare i temi che potrebbero rappresentare un elemento di scontro e una mina potenziale per il governo: le risorse finanziarie da destinare ai contratti di lavoro e quelle per investire, appunto, sul miglior funzionamento della macchina statale.
Nella Finanziaria e nel bilancio dello Stato dovranno essere previste, in particolare, due diverse poste per i contratti. La prima: i finanziamenti aggiuntivi concordati con i sindacati dal governo e firmati dal vicepresidente Gianfranco Fini, oltre che da Baccini, per chiudere i rinnovi contrattuali relativi al biennio 2004-2005, ma ancora da concludere. La seconda posta: le risorse finanziarie per coprire almeno una parte dei costi relativi ai rinnovi contrattuali 2006-2007, in scadenza l’anno venturo. I
sindacati hanno cominciato a discutere le proprie richieste. Ma sotto sotto è già braccio di ferro nel governo. E in pratica è già certa anche qualche sorpresa nel successivo dibattito parlamentare: l’esperienza di tanti anni di voti sulle Leggi finanziarie dimostra che sul tema dei soldi da destinare ai dipendenti pubblici deputati e senatori non si fermano mai.
Altrettanto importante è l’altra voce. «Ho già precisato gli obiettivi da conseguire» spiega Baccini, elencando una per una le mete da raggiungere sul piano dell’efficienza e del miglioramento dell’amministrazione dello Stato. Fra queste, «la normalizzazione e la stabilizzazione del precariato, in vista di norme più severe sul ricorso a questo tipo di contratti». Traduzione: «Già lavorano e già li paghiamo. Basterà una piccola spesa per dare certezza a migliaia di famiglie».
Gli investimenti. Pietro Lunardi, ministro per le Infrastrutture, quest’anno è fiducioso. Parla addirittura di 8 miliardi di euro iscritti in Finanziaria per il finanziamento delle opere previste dalla cosiddetta legge obiettivo. Ma non è detto che vada a finire come desidera. Da un lato, si è già scatenato il tiro alla fune sulla ripartizione delle risorse disponibili, con Udc, An e una parte di Forza Italia, sponsor di un rinnovato impegno nel Mezzogiorno. Dall’altro, se c’è una cosa certa è che le risorse da mettere in gioco scarseggiano.
Come dimostra la tenacia con la quale il ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco, insegue e contende ai colleghi di governo ogni somma nascosta nei forzieri della pubblica amministrazione. A cominciare dai fondi accantonati all’Inail, un tesoro sul quale si sono accesi i riflettori dopo che è scoppiato un acceso dibattito interno all’istituto su come investirli.
Fonte:
Panorama
Roberto Seghetti
5/9/2005