Fed: «stretta» in arrivo, ma non subito

09/01/2009

Negli Usa la ripresa economica farà schizzare all’insù anche il costo del denaro. Giovedì 5 maggio tocca alla Bce: solo pochi azzardano un taglio.

Sul possibile rialzo dei tassi negli Stati Uniti da parte della Fed, non subito, ma forse già da giugno, ne sapremo di più questa sera, dopo la riunione del Federal Open Market Committe. Immobile dal 25 giugno del 2003 – quando assestò il tredicesimo taglio consecutivo al costo del danaro portandolo all’1% – il Fomc è atteso a lasciare immutati i tassi di interesse cambiando, però, il tono delle sue considerazioni e preparando il terreno per una stretta che appare oramai irrinunciabile.

Già nelle ultime due riunioni – il 28 gennaio e il 16 marzo scorsi – gli uomini della Fed avevano abbandonato il concetto secondo il quale la soglia dell’1% (la più bassa dal 1958 ad oggi) può «essere mantenuta per un periodo
considerevole», virando verso un più aperto «il Fomc può essere paziente nel rimuovere la sua politica»: adesso – con un ultimo strappo – dovrebbero indicare con minore vaghezza le proprie mosse, calibrandole sui recenti sviluppi dell’economia americana.

In ripresa dalla seconda metà del 2003, questa sembra costringere la Fed ad adottare un approccio più aggressivo in coda a un Pil in costante tenuta (dal 4,1% dell’ultimo trimestre 2003 al 4,2% del primo scorcio del 2004), ad una risalita del mercato del lavoro (con i suoi 308mila nuovi posti creati a marzo) e a un lieve progresso dell’inflazione (+0,5% a marzo) la quale pare avere scalzato definitivamente lo scenario deflazionistico dello scorso anno: uno dei motivi principali addotti dalla Fed per giustificare il costo del denaro a livelli così bassi.

L’ultima audizione di Greenspan al Congresso
D’altronde – pur senza tratteggiare scenari definiti – lo stesso presidente della
Federal Reserve, Alan Greenspan, nel corso di una recente audizione innanzi al Congresso, aveva osservato come «a un certo punto i tassi di interesse dovranno salire» in modo da tutelare gli equilibri finanziari di fronte a possibili pressioni sui prezzi e da mantenere la politica monetaria coerente con il passo tenuto dall’economia.

«Guardando avanti – aveva spiegato ai parlamentari – e prospettive per una crescita economica solida nel prossimo periodo sono buone. In aggiunta – aveva commentato – le politiche fiscali continueranno a sostenere le spese domestiche sino alla fine dell’anno»: condizioni più che sufficienti per
alzare, a breve, il livello dei tassi.

A giudizio della comunità finanziaria americana, tuttavia, la stretta monetaria non dovrebbe cadere all’incontro del Fomc di domani, considerato solo come l’occasione giusta per preparare il terreno verso un rialzo previsto nelle prossime settimane. Magari – viene osservato dalla stampa finanziaria –
alla riunione in calendario il 29 e il 30 giugno prossimi se i dati sull’occupazione di marzo e aprile saranno positivi.

L’Europa resta in attesa
Prudente la Federal Reserve, anche l’altro istituto di credito di riferimento, la
Banca centrale europea è attesa a un nulla di fatto, sul fronte della politica monetaria, quando si incontrerà giovedi 6 maggio. Proprio lo scorso 27 aprile il suo presidente, Jean Claude Trichet, aveva osservato come i bassi tassi di interesse stabiliti dall’istituto di Francoforte siano fondamentali per sostenere la ripresa del Vecchio continente, chiudendo – di fatto – le porte ad un ritocco del costo del denaro a breve.

Solo alcuni giorni prima – al termine della riunione del G7 a Washington – lo stesso Trichet aveva sostenuto, sempre intermini di politica monetaria, come la Bce, avesse intenzione di lasciare tutte le sue «opzioni aperte», aggiungendo, però, che il modo migliore per contribuire alla crescita e all’occupazione in europa è quello di tenere i tassi di mercato a breve, medio e lungo termine bassi.

Che l’ipotesi di un allentamento monetario non sia comunque scomparsa dall’orizzonte dei banchieri di Francoforte lo sottolinea Thomas Mayer, capo economista di Deutsche Bank a Londra, per il quale «un possibile andamento deludente dell’economia nei prossimi sei mesi, che porterebbe a un aumento dell’output gap (differenza fra Pil reale e potenziale, ndr),
aprirebbe la prospettiva a una riduzione del costo del denaro alla fine del terzo trimestre». Anche Lorenzo Codogno, co-responsabile della ricerca europea per Bank of America a Londra, ritiene che l’Eurotower possa sfruttare la finestra di giugno per tagliare il costo del denaro, così come l’ufficio studi di Hypovereinsbank, che vede un livello dei tassi
all’1,50% a luglio 2004.

Il Sole 24 Ore -4 maggio 2004-