Ciampi: «Sette anni sono tanti, farò il senatore a vita»
09/01/2009
«Sono convinto che sette anni quassù siano già tanti», «farò il senatore a vita e ci metterò lo stesso impegno».
Così riflette il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in un colloquio informale con il Corriere della Sera, che il quotidiano pubblica stamane.
«Per fortuna l’anagrafe è dalla mia parte e in un certo senso scongiura l’eventualità di una riconferma da presidente. E, poi, sono convinto che sette anni quassù siano già tanti. Raddoppiarli significherebbe…sì, forse, una specie di monarchia repubblicana. In ogni caso non mi ritiro affatto: farò il senatore a vita e ci metterò lo stesso impegno che ho sempre cercato di assicurare in tutti gli incarichi che mi sono stati affidati. In quella veste continuerò a seguire gli
sviluppi politici e istituzionali del Paese… e darò il mio contributo»
La critica di non aver imposto a Berlusconi una più stringente regolamentazione del conflitto
di interessi è tra quelle che più hanno colpito Ciampi nel corso del settennato. In riguardo questa è la risposta del Capo dello Stato a Marzio Breda: «Ai tempi del centrosinistra a Palazzo Chigi ci fu un disegno di legge sul conflitto di interessi attorno al quale si era formata una larghissima maggioranza. Ma a un passo dal varo si preferì lasciar cadere al Senato quel pacchetto di norme». Poi vennero le elezioni del 2001 e nonostante diverse sollecitazioni del Quirinale «non si è più voluto cercare un compromesso sul vecchio testo». E allora a Ciampi non è rimasta altra arma che quella del messaggio alle Camere del luglio del 2002, l’unico messaggio alle Camere del suo settennato.
L’impegno con l’Europa
«L’Italia ha un dovere storico alla coerenza nei confronti dell’Europa» dice Ciampi nel colloquio con il Corriere, avvenuto prima che il Financial Times pubblicasse la sua profezia sull’Italia fuori dall’euro in pochi anni. Ciampi definisce «irreversibile» la scelta europeista «fin da quando fummo cooptati nella comunità per il carbone e l’acciaio». Il presidente fa riferimento alle «convenienze concrete» e «batte la mano sulla tasca della giacca, dove tiene il portafoglio, e racconta che lì conserva un appunto ingiallito con i grafici dell’andamento dei tassi di interesse italiani prima e dopo l’ingresso nel club di Maastricht». E commenta: «Quanto abbiamo risparmiato, mettendo
in ordine i conti pubblici?».
Ciampi «si arrabbia» quando gli si dice che con la sua moral suasion diveniva in qualche modo coautore di alcune leggi tanto care a Silvio Berlusconi. Il mio metodo, spiega, lo inventò Einaudi per «evitare che arrivassero al punto di rottura alcune situazioni di conflitto». È una «pratica corrente tra i banchieri centrali nel dialogo con i rispettivi governi dei propri paesi e con le autorità monetarie dell’UE», spiega. Un metodo che ha dato i suoi frutti anche con l’accordo del 1993 fra governo e sindacati.
Fonte:
Il Sole 24 Ore