Ciampi: «Ripresa debole, bisogna reagire»
09/01/2009
«Qualche segno positivo, ma lo 0,5% su base annua è troppo poco»
Nuovo appello del presidente della Repubblica, che invita a riscoprire le risorse e le capacità del Paese per uscire dalla crisi
MILANO – «Certo cose non riesco a mandarle giù. Dobbiamo reagire»: c’è passione nella voce vibrante di Carlo Azeglio Ciampi, che in giornata ha visitato il nuovo polo fieristico milanese a Rho-Pero. I dati che il presidente della Repubblica cita in un intervento a braccio sono quelli che ha letto oggi sui giornali: «C’è qualche segno di ripresa – dice – ma ancora debolissimo.
Siamo allo 0,5% su base annua, ma se si calcola con un altro metodo risulta ancora di meno. Voi sapete che io per 40 anni sono stato abituato a fare i conti con l’economia reale, con questi dati. E allora, quando leggo che l’esportazioni italiane sono calate del 5% in un anno e che c’è una perdita di competitività, ebbene, sono cose che non riesco a mandare giù. Dobbiamo reagire».
EMOZIONE – Ciampi, che sta seguendo da vicino l’elaborazione dei nuovi documenti economici del governo, fa sentire la sua opinione, lanciando un ennesimo appello a riscoprire risorse e capacità che abbiamo, e a cogliere le opportunità che il Paese si lascia sfuggire per mancanza di iniziativa, fiducia, passione ed entusiasmo. Poi il presidente confessa che la Fiera di Milano suscita in lui una grande «emozione»: «Mio padre era un modesto ottico di provincia, a Livorno. Per lui, la fiera di Milano era un ‘must’. Ogni anno, a marzo, quando si apriva la Campionaria, lui veniva a visitare soprattutto gli stand che interessavano la sua attività, ma girava, andava a vedere anche gli altri padiglioni e tornava a casa con la carica. Poi, quando io e mio fratello cominciammo ad avere una certa età, cominciò a portare a anche noi. Ricordo quelle giornate stancanti, perché stavamo tutto il giorno in piedi a girare. Ma ricordo anche l’emozione di quelle visite».
Dopo il suo discorso, Ciampi è salito per un giro tra i padiglioni a bordo di una Torpedo blu del ’39, proprio quella cantata da Giorgio Gaber.
Corriere della Sera
14 luglio 2005