Cândido Portinari, il “Michelangelo brasiliano”

09/01/2009

di Ghileana Galli

Origini venete ma una grande passione per la sua terra e la sua gente, per quello che è diventato uno dei pittori simbolo del Brasile. Radici italiane per quello che viene considerato uno degli artisti più importanti del Sud America

Poco conosciuto in Italia, nonostante le sue origini “nostrane”, è oggi senza dubbio considerato l’artista più noto e più riconosciuto del gruppo di innovatori brasiliani, se non addirittura uno dei più grandi che l’intero Sud America abbia mai avuto. Stiamo parlando di Cândido Portinari (1903-1962), pittore geniale ed elegante, strettamente legato al Brasile e alla sua gente, da tempo protagonista di numerose mostre in tutto il mondo, del quale due anni fa, nel 2003, è stato celebrato, attraverso decine di iniziative ed eventi coordinati dall’associazione Progetto Portinari , il centenario della nascita.

Se i suoi natali sono da situare nella fattoria di una piantagione di caffé a Brodowski, nello Stato di San Paolo, le sue radici sono però da rintracciare in Italia, più precisamente in Veneto: suo padre, Giovan Battista, era infatti originario di Chiampo, nella provincia vicentina, mentre sua madre, Domenica Torquato, era nativa di Bassano.

La sua vena artistica si manifestò molto presto: a 8 anni collaborava con altri artisti locali alla realizzazione di alcuni dipinti nella cattedrale di Brodowski, a 15 anni si trasferiva a Rio de Janeiro per frequentare l’Accademia di Belle Arti, e a 25 anni partiva alla volta dell’Europa, grazie ad una borsa di studio, in un viaggio durato tre anni che gli permise di vedere l’Italia, la Spagna, l’Inghilterra, la Francia, e di conoscere e poi sposare Maria Martinelli, uruguaiana ma anche lei di origini italiane, che resterà al suo fianco per tutta la vita.

Nonostante queste esperienze cosmopolite, Cândido Portinari resterà sempre fedele alle sue origini, ai colori e alle suggestioni della sua terra, alla gente con cui ebbe a che fare negli anni dell’infanzia, e, soprattutto, alle loro sofferenze: ecco allora le tele che potremmo definire di denuncia, attraverso le quali Portinari racconta la tragedia della siccità, le favelas, la fame, i lavoratori dei campi provati dalle fatiche quotidiane, le mani ossute delle lavandaie. Alle già strazianti scene quotidiane, si aggiunsero poi i motivi derivanti dalla guerra civile spagnola e dal primo conflitto mondiale, che aggiunsero alle opere del pittore italo-brasiliano toni ancora più drammatici e violenti.

Già negli anni Quaranta le sue opere iniziarono a varcare le soglie dei più prestigiosi musei internazionali, prima nei vicini Paesi sudamericani, in Argentina e Uruguay, poi negli Stati Uniti, a New York e Detroit, e, ancora, in Europa, a Parigi, dove il critico Germain Bazin non esitò a definirlo il “Michelangelo brasiliano”. Insieme alla sua rabbia e alla sua necessità di accusa contro la società, crescevano anche le dimensioni delle sue opere: ecco allora i grandi murales che iniziarono a decorare i muri delle principali città sudamericane, fino a giungere alle quattro grandi tempere realizzare per la biblioteca del Congresso di Washington, dove sviluppò temi relativi alla scoperta dell’America, e ai grandi dipinti che da ormai mezzo secolo decorano le pareti del Palazzo dell’ONU a New York . Affidatigli da una commissione internazionale, hanno per tema la Guerra e la Pace: figure terribili e disperate che si contrappongono a festosi canti fanciulleschi, che, a parere di molti critici, rappresentano l’esito più felice e maturo dell’arte di Portinari.

Se a queste grandi opere è soprattutto legata oggi la sua fama, ad esse è anche legata la fine della sua esistenza: proprio dipingendo questi capolavori si accorse infatti di essere vittima di un’intossicazione da vernici. Abbandonò così per qualche anno la pittura per dedicarsi al disegno; ma la sua voglia di dipingere fu più forte, e tale da portarlo alla morte, nel 1962. Di lui ci restano oggi oltre 4000 opere, e un’iniziativa, il “Progetto Portinari” ( www.portinari.org.br), voluto dal governo brasiliano e oggi curato dal figlio João, incaricato di raccogliere in tutto il mondo il materiale necessario per compilare un catalogo completo delle opere del pittore.

Fonte:
èItalia
numero 34
Luglio-Agosto 2005