Brasile, un mercato dimezzato dal clima

09/01/2009

di Domenico Calabria

INTERVISTA AL PRESIDENTE MARIO BOSELLI – Il fatturato continua a crescere, ma il Paese offre pochi spazi per le protezioni doganali, la concorrenza cinese e un clima caldo per 365 giorni, che limita l’accesso alle sole collezioni primavera-estate

La voce di Mario Boselli, Presidente rieletto della Camera Nazionale della Moda Italiana, mostra tutta la soddisfazione di chi vede il settore merceologico del quale si occupa con dedizione, andare avanti e superare le difficoltà che sembrava dovessero perpetuarsi grazie ad una concorrenza, spesso sleale, proveniente soprattutto da Cina e India. Il fatturato dei primi 25 gruppi italiani della moda, infatti nel 2006, è cresciuto del 12,4%, passando da 24.330 a 27.335 milioni di euro. L’aumento di quello dei concorrenti esteri è invece rallentato rispetto al 2005, con una crescita del 9,6% (10,2% nel 2005) e un passaggio da 22.041 a 24.161 milioni. Per la moda italiana continua quindi il trend positivo iniziato nel 2005, quando il fatturato era cresciuto del 10,5%. Una progressione continua, quindi.

“Un po’ in tutto il mondo, con una ripresa interessante in Germania e a seguire in tutti i Paesi Europei – afferma Mario Boselli – mentre la tendenza diventa sempre più interessante, in nuovi mercati come la Russia, dove la qualità italiana viene sempre più ricercata”.

Qualità che, stando alle nostre informazioni, è premiante in Giappone, dove per esempio Giorgio Armani esporta soltanto prodotti tutti originali italiani.
È un fenomeno che, grazie ai nostri imprenditori e a un mercato che sa distinguere le differenze, si sta allargando a macchia d’olio. Certi mercati rifiutano oggetti di griffe italiane, che non garantiscono la provenienza Made in Italy, situazione consentita dalla assenza di una norma Cee sulla indicazione obbligatoria dell’origine. Un premio quindi non solo alla creatività, ma anche alla qualità della manifattura.

Abbiamo appreso che anche per i tessuti, la seta per esempio, si sta verificando lo stesso fenomeno, in diversi Paesi, come gli Stati Uniti.
L’origine del prodotto sia nel mondo del lusso che in quello del prêt-à-porter è premiante in tutti i mercati. Anche gli stilisti di altri Paesi apprezzano e utilizzano sempre di più tessuti Made in Italy, dando pieno riconoscimento alla bravura dei nostri imprenditori, alla eccellenza dei loro manufatti.

Fra i mercati affluenti, come si posiziona un Paese come il Brasile, dove esiste, tra l’altro, una massiccia presenza di cittadini di origine italiana?
Il Brasile è un grande Paese, con 150 milioni di abitanti, dei quali almeno 30 milioni con un potere d’acquisto elevato o elevatissimo. Un bacino interessante per il settore della moda italiana, che deve tuttavia superare diversi ostacoli: tassi doganali alti, dovuti alla politica protezionistica di Lula, la concorrenza cinese, e infine il clima. Mentre i due primi ostacoli si riferiscono a situazioni geopolitiche, il terzo è dovuto alla natura. Il clima brasiliano va da quello torrido equatoriale del nord a quello estivo delle regioni del sud. Questo significa che non vi è spazio per capi invernali. Lì, salvo rare eccezioni, si possono esportare soprattutto capi in cotone e seta, adatti a quel clima. Un mercato che potrei definire in un certo senso ‘dimezzato’, perché non ha la possibilità di dare adeguato spazio alle collezioni autunno-inverno.

Fonte:
Italplanet