Brasile, tutte le vite della canna da zucchero
22/06/2015
Della presenza del Brasile a Expo si è parlato tanto, ma quasi sempre a senso unico: la maxi rete sospesa sopra l’orto botanico adiacente al padiglione è infatti tra le attrazioni più apprezzate dell’esposizione, con una coda perpetua di giovanissimi e non in attesa di poter camminare su una tensostruttura che ricorda molto le tipiche dune brasiliane. In realtà, nelle intenzioni dello studio Arthur Casas e dell’atelier Marko Brajovic che hanno realizzato il padiglione, la rete vuole essere metafora della natura flessibile, fluida e decentralizzata dall’agroindustria brasiliana, che è cresciuta a dismisura negli ultimi decenni. Il pubblico festante di Expo probabilmente non coglierà il riferimento ideale e continuerà a vivere l’esperienza come un grande Luna Park, ma è un fatto che qui a Milano il Brasile è arrivato non solo per divertire, ma anche per informare e far conoscere l’economia di uno dei Paesi oramai più influenti a livello globale. Il settore primario genera infatti un valore pari al 23% del Pil e al 43% delle esportazioni totali del Paese (circa 100 mld di dollari nel solo 2014), dopo una crescita oramai quarantennale che ha portato la produzione agricola da 30 a 180 milioni di tonnellate. In un Paese dall’elevata biodiversità e che ospita il più grande polmone verde della Terra, i punti di forza sono molti, dai cereali alla frutticoltura, al caffè e zucchero. A livello di volumi il prodotto di punta è la soia, di cui Brasilia da sola coltiva il 40% di tutta la produzione globale. E anche per quanto riguarda la zootecnia il Brasile è tra i maggiori esportatori mondiali. Come di recente testimoniato con un’intervista concessa a L’Indro dal Ministro dell’Agricoltura, Katia Abreu, gli argomenti e i punti di forza certo non mancano; così addrentandosi nell’edificio troviamo una serie impressionante di schermi che trasmettono infografiche lungo un muro di 56 metri, e postazioni digitali che raccontano l’industria agroalimentare brasiliana; inoltre è stato creato uno spazio per mostre e convegni che durante l’Esposizione ospiterà i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni. In questo primo mese di Expo al padiglione si sono già visti Patrus Ananias, Ministro dello sviluppo agrario (i Ministeri che si occupano del settore primario sono addirittura due, quello dell’Abreu e appunto di Ananias), e il Ministro dello Sviluppo e della lotta alla fame, Tereza Campello, la quale ha partecipato a conferenze sulla lotta alla malnutrizione e sullo sviluppo dell’agricoltura a gestione familiare. Si è poi appena conclusa la mostra “Alimentario”, incentrata sulle contaminazioni tra gastronomia e arte, e dal 23 al 25 si terranno una serie di tavole rotonde con focus sullo sviluppo di reti commerciali internazionali che siano eque e sostenibili per le filiere agroalimentari. Infine, il 2 giugno si è svolta una conferenza dal taglio molto particolare, sull’industria della canna da zucchero, un distretto di vitale importanza per l’economia brasiliana, e a cui hanno partecipato i vertici di Unica, l’associazione nazionale di riferimento per il settore. L’evento, “Produrre cibo ed energia per un Paese più sano”, è stato organizzato con la collaborazione di Apex-Brasil, l’Agenzia che promuove commercio e investimenti nel Paese sudamericano, e si proponeva di far luce sulle molteplici declinazioni merceologiche a cui la coltivazione della canna da zucchero può condurre oggi, oltre alla tradizionale produzione di zucchero ad uso alimentare. L’Indro ha parlato con Géraldine Kutas, direttore degli Affari internazionali di Unica.
Il Brasile è un grande produttore di canna da zucchero, che ha anche usi non alimentari. In che modo la lavorazione di questa pianta può contribuire alla sostenibilità ambientale in Brasile e nel mondo?
I prodotti derivati dalla canna da zucchero contribuiscono alla sostenibilità ambientale in Brasile e in tutto il mondo grazie al loro basso livello di emissioni di anidride carbonica. L’etanolo da canna da zucchero ad esempio riduce l’emissione di gas serra in media del 90%. Per di più la produzione di questo etanolo, ma anche di bioplastiche e di bioelettricità, dipende da fonti rinnovabili, a differenza dei combustibili fossili. Infatti la canna da zucchero è una pianta con una resa molto alta, con un impareggiabile rapporto energetico di 1 a 9: ciò significa che un’unità di combustibile fossile è sufficiente per produrne nove di combustibili rinnovabili.
In effetti la canna da zucchero è una fonte di energia rinnovabile, ma c’è chi sostiene che il boom delle coltivazioni mini l’esigenza di conservare al meglio il vostro ecosistema, tra i più spettacolari e anche tra i più importanti per l’equilibrio dell’ambiente mondiale…
Bisogna chiarire che la produzione di questi carburanti non è in contraddizione con un uso resposanbile delle terre coltivabili: la produttività della canna da zucchero è molto elevata, con circa 7 mila litri per ettaro. E così oggi solo lo 0,5% del territorio brasiliano è dedicato alla produzione di bioetanolo. La canna da zucchero è un vero concentrato di energia, con un terzo della sua energia contenuto nel succo, un terzo nella bagassa (la fibra rimanente dopo la spremitura della pianta) e infine un terzo nella paglia. In una tonnellata di canna da zucchero c’è l’equivalente energetico di 1,2 barili di petrolio. Nel mondo ci sono più di cento Paesi produttori di canna da zucchero, i quali potrebbero replicare il modello di sviluppo brasiliano e produrre prodotti reciclabili per il consumo non alimentare, in aggiunta alla tradizionale industria dello zucchero di canna.
Che peso ha la canna da zucchero nell’economia brasiliana, sia come prodotto alimentare sia non alimentare? Quali sono i volumi di export e verso quali mercati principalmente?
I derivati dalla canna da zucchero rappresentano il settore più importante dell’export brasiliano, secondi solo a quelli legati alla produzione della soia. La maggior parte del bioetanolo è consumato in Brasile e solo il 10-15% è riservato all’esportazione, con volumi che nel 2014 sono risultati pari a 1,39 miliardi di litri. I mercati prinicipali sono stati Stati Uniti e Corea del Sud. Invece, per quanto riguarda lo zucchero le proporzioni si invertono: siamo il maggior produttore e venditore del mondo (24,1 milioni di tonnellate nel solo 2014), con flussi concentrati verso Cina, India, Nigeria, Algeria ed Emirati Arabi Uniti.
La produzione di energia e di prodotti non commestibili attraverso la lavorazione di materie prime alimentari viene spesso criticata perché considerata poco etica: mentre tante persone soffrono la fame, le economie avanzate tramutano potenziale cibo in biocarburanti e plastiche biodegradabili. Vi sentite parte del problema?
Non mi pare che questo tipo di critiche possano venire applicate a questo segmento della nostra industria. Infatti la canna da zucchero usata per scopi non alimentari è coltivata in aggiunta a quella destinata alla produzione di zucchero. A quest’ultimo distretto dunque non viene sottratta capacità produttiva. Studi dell’International Food Policy Research Institute (Ifpri), considerata dalla Commissione europea un punto di riferimento per i biocarburanti, e paper analoghi della Fao stessa hanno concluso che l’accresciuta domanda di canna da zucchero derivante da un più elevato consumo di bioetanolo nell’Ue è stata quasi completamente soddisfatta da forniture aggiuntive e non sostitutive. Inoltre, questi studi affermano che l’espansione della canna da zucchero brasiliana non ha nessun impatto significativo sull’offerta e quindi anche sul prezzo di altri prodotti alimentari. In Brasile ci sono abbastanza terreni per portare avanti sia l’industria alimentare che quella dei carburanti alternativi e delle bioplastiche.
Come si sono mossi negli ultimi anni i governi brasiliani sul tema?
La mappatura ‘agroecologica’ condotta dal Governo brasiliano nel 2009 ha già escluso più del 92% delle terre coltivabili del nostro Paese da un possibile utilizzo legato alla canna da zucchero. Questa coltura si sta infatti principalmente espandendo su aree da pascolo degradate, oggi non più produttive. E mi lasci dire anche che il cibo è sicuramente fondamentale per lo sviluppo dell’umanità, ma lo è anche l’accesso alle energie pulite, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. Tutti i prodotti derivanti dalla canna sono oggi utilizzati principalmente dal Brasile, una nazione in crescita che nell’ultimo decennio ha saputo far uscire dalla povertà più di venti milioni di persone.
Fonte: Lindro.it