Brasile: timori per il futuro boliviano di Petrobras
09/01/2009
Petrobras, il gigante petrolifero brasiliano, potrebbe essere costretta a rivedere la propria strategia di espansione nel settore degli idrocarburi andini. Questo perché La Paz, dopo l’elezione di Evo Morales alla presidenza, potrebbe attuare una svolta radicale per quanto riguarda le politiche energetiche. L’esperienza del presidente brasiliano Ignacio Lula da Silva sarà importante per controbilanciare il radicalismo dell’omologo boliviano Evo Morales, propenso a nazionalizzare le risorse energetiche
Le prospettive di un governo di sinistra boliviano guidato dal radicale e poco prevedibile atteggiamento di Evo Morales, sta facendo nascere delle preoccupazioni in Brasile. Durante la campagna elettorale, Morales diverse volte ha fatto accenno alla nazionalizzazione del settore del gas naturale del Paese andino. Come si debbano esattamente intendere queste parole, l’ex capo dei cocaleros boliviani, non lo ha mai chiarito. Finora il nuovo presidente non ha fatto riferimento a misure concrete e complessive. Sta di fatto che sotto il termine nazionalizzazione si intende un vasto arco di politiche economiche che possono andare da un aumento più o meno pesante degli strumenti fiscali, fino all’espropriazione completa delle aziende.
Petrobras fattore fondamentale per l’economia boliviana
Dopo queste dichiarazioni del nuovo presidente boliviano, è pero comprensibile aspettarsi un aumento del ruolo dello Stato nel settore energetico a scapito dell’imprenditoria privata presente nel paese. Se così fosse, il Brasile sarebbe il principale investitore straniero a venire colpito dalla nuova strategia economia di Morales. Infatti, attraverso l’industria energetica Petrobras, il Brasile uno dei più importanti paesi investitori in Bolivia, nel settore del gas naturale è il più importante di tutti. Da quando, nel 1996, il comparto del gas boliviano è stato aperto agli investimenti stranieri, in questo settore economico, sono affluiti circa 3,5 miliardi di dollari. Di questi meno della metà, 1,5 miliardi di dollari, provengono da Petrobras. Oltre all’azienda di Brasilia l’economia del gas boliviano vede l’attività di Total, Francia, British gas, Inghilterra, Repsol-YPF, Spagna e Vintage Petroeleum, Stati Uniti. Secondo i dati forniti da Petrobras, l’azienda con contratti pari a 700 milioni di dollari, è la prima esportatrice della Bolivia. Petrobras inoltre paga allo Stato boliviano circa 400 milioni di dollari all’anno tra tasse e commissioni sulle licenze, contribuendo così in modo determinante alle entrate dello Stato. I brasiliani che lavorano in Bolivia, sono circa la metà degli addetti stranieri nel settore del gas naturale. In Bolivia, complessivamente vengono prodotti 35 milioni di metri cubi di gas naturale al giorno. In Sudamerica, per il livello dei propri giacimenti, 890 miliardi di metri cubi, La Paz è al secondo posto, preceduta solo dal Venezuela. Anche per questa ragione, da anni nel paese si discute a quali condizioni debba poter venir concesso agli imprenditori stranieri il diritto di sfruttamento dei tesori del sottosuolo nazionale. Durante il 2003 soprattutto su questa questione si sono confrontati, ed hanno fallito, due presidenti. Il loro fallimento ha condotto alle proteste di piazza che, guidate da Evo Morales, hanno portato alle loro dimissioni anticipate dalla massima carica dello stato, spianando al cocalero la strada per il potere.
La nuova normativa boliviana preoccupa le aziende private
A seguito di un referendum popolare, nel maggio scorso è stata approvata una nuova legge sulle risorse energetiche, gas e petrolio, del Paese. Con la nuova normativa il carico fiscale e la commissione sulle licenze passa dal 18 al 50 percento del valore della produzione. La data entro la quale si dovranno rivedere i contratti in scadenza non è stata ancora fissata. Le industrie energetiche internazionali anche se pagano già le maggiorazioni di spesa, minacciano però di adire le vie legali contro lo stato boliviano. Petrobras si è rifiutata di associarsi a questo piano. In una visita fatta in Brasile a metà gennaio, Morales ha fornito i primi indizi della strategia che egli intende utilizzare per Petrobras. Il presidente boliviano ha promesso che sicuramente non si arriverà all’espropriazione dell’azienda brasiliana, ma i contratti esistenti verranno sicuramente sottoposti a revisione e in futuro Petrobras dovrà lavorare in stretta cooperazione con l’azienda energetica di stato boliviana, Ypfb. Con questa strategia, Morales sembra voler seguire l’esempio della politica energetica di Caracas; negli scorsi anni il presidente venezuelano Hugo Chavez ha costretto le aziende operanti nel settore petrolifero del suo paese, a stringere delle joint venture dominate dallo Stato.
Differenze tra Chavez e Morales
A differenza di Chavez, che ha un atteggiamento aggressivo e al limite della xenofobia verso gli investitori stranieri, Morales si è comportato in maniera amichevole verso da Silva e i rappresentanti di Petrobras. Il presidente boliviano sembra nel frattempo aver compreso che non è semplicemente possibile fare a meno di un investitore dell’importanza di Petrobras e del Brasile. Il gigante sudamericano è anche il miglior acquirente del gas di La Paz. Circa il settanta per cento della produzione quotidiana di gas boliviano si dirige verso il paese carioca. L’uso di questa forma di energia per il Brasile è relativamente nuovo, e riguarda solo il sette per cento del suo consumo energetico complessivo. Circa il quaranta percento del gas consumato in Brasile proviene dalla Bolivia; gli idrocarburi viaggiano su una rete di gasdotti costruita nel 1998 di 3150 chilometri di lunghezza e costata due miliardi di dollari. Inoltre le competenze tecniche e le conoscenze scientifiche di Petrobras, nel lungo periodo potrebbero rivelarsi di grande importanza nella ricerca di nuovi giacimenti. L’azienda di stato boliviana, Ypfb, oltre ad essere alquanto squalificata dal punto di vista economico, non è nemmeno particolarmente competente da quello tecnico. Il presidente di Petrobras, José Gabrielli, ha recentemente dichiarato davanti ai media brasiliani di ritenere possibile che la quantità di gas naturale boliviano estratto, possa passare dagli attuali 35 milioni di metri cubi all’anno ai 100 milioni del 2010.
Nonostante tutte le potenziali tensioni, il rapporto personale tra i presidenti dei due paesi è buono. Ambedue provengono da strati popolari poveri e si sono fatti le ossa in movimenti di protesta in seguito diventati partiti, che li hanno prima spinti sulla scena politica e poi portati al potere nei rispettivi governi. Durante la sua ultima visita in Brasile, Evo Morales ha formalmente accettato l’offerta di Lula da Silva di affiancarlo nelle questioni più difficili. La Paz consulterà Brasilia anche nella formazione del governo. Lula oltre a proteggere gli interessi del suo paese, intende svolgere il ruolo del fratello maggiore nei confronti di possibili radicalismi del presidente boliviano. Del resto il presidente brasiliano ha attraversato lo stesso percorso: anche Lula si è reso conto che doveva allontanarsi da un radicalismo ideologico e invecchiato.
Fonte:
Quadranteuropa