Brasile: le difficili promesse dell’economia
27/02/2012
di Geminello Alvi
Diventare davvero la nazione del futuro e' stata per decenni la promessa mancata del Brasile. E tuttavia nell'ultimo decennio tutti ci hanno ricominciato a credere. Una crescita in media la 5% nel 2004-2008 lo ha inglobato tra gli invidiati BRIC (Brasile, Russia, India e Cina).
E tutto il quadro economico confermava almeno nello scorso decennio quest'ottimismo; il Brasile manteneva un avanzo primario che riduceva il deficit, e il debito sul Pil calava; la banca centrale si impegnava a una politica monetaria restrittiva e ad un obbiettivo di bassa inflazione, dopo due svalutazioni del 40%; il sistema bancario appariva meglio regolato come la politica la quale, con Lula, iniziava a ridurre il dislivello sociale. E infine il boom della domanda di materie prime con la scoperta di altro gas e petrolio convinceva tutti che stavolta il Brasile poteva mantenere la sua promessa Tuttavia proprio l'aumento degli investimenti esteri conduceva all'apprezzamento eccessivo del real. Sara' il primo sintomo di una situazione che negli ultimi anni si rivelera' piu' fragile del previsto.
La crescita cala al 3%; l'avanzo primario si riduce, la banca centrale subisce pressioni sistematiche per una politica monetaria piu' morbida; si manifesta un deficit dei conti con l'estero; aumenta la dipendenza dall'economia cinese con tutti i rischi del caso; l'indebitamento della classe media cresce troppo in proporzione ai suoi redditi. Si configura insomma un quadro di minore ottimismo che le statistiche conclusive del 2011, con una crescita solo al 2,7% confermano.
In effetti il miglioramento dell'ultimo decennio non ha risolto le contraddizioni dell'economia brasiliana che resta per gran parte un capitalismo di Stato. Quindi sussidiato dalle banche statali in perdita, centrato sulla dubbia politica dei campioni d'industria nazionali, e quindi apparentato con gli schemi degli Anni 50. Com'e' la politica delle imprese statali che acquistano sul mercato interno a prezzi superiori e pero' si propongono di abbassare i prezzi. Per non dire del sistema pensionistico, o delle tasse elevate, ovvio esito dell'interventismo statale, che con la Roussef non aiuta l'investimento in infrastrutture, necessario perche' il Brasile mantenga davvero la sua promessa.
Fonte:
AGI