Brasile in recessione, ma aziende italiane continuano a investire. Aspettando il voto

08/10/2014

Il Paese sudamericano ha visto il pil calare dello 0,6% nel secondo trimestre. Ma resta un mercato da 200 milioni di consumatori e con barriere commerciali che rendono più conveniente produrre in loco piuttosto che esportare. In più, una vittoria della sfidante di Dilma Rousseff, Marina Silva, potrebbe preludere a una svolta liberista

 

 Da piccole aziende di provincia a grandi gruppi come Fiat e Pirelli, sono oltre 800 i gruppi italiani con attività in Brasile. Un variegato universo che guarda con attenzione ai prossimi risultati elettorali: domenica 5 ottobre si sfideranno l’uscente Dilma Rousseff (Partito dei Lavoratori) e l’icona dell’ecologismo Marina Silva (Partito Socialista), con il candidato socialdemocratico Aécio Neves nel ruolo di outsider. Le cui divergenze sono particolarmente profonde proprio sul fronte della politica economica, un fattore decisivo in uno dei momenti più delicati della storia recente del Brasile.

Il Paese sudamericano è infatti entrato in recessione, avendo registrato due trimestri di crescita negativa del Pil (rispettivamente -0,2 e -0,6%). E il governo non ha potuto fare altro che dimezzare la previsione di incremento del prodotto interno lordo per l’anno in corso, portandola dall’1,8% allo 0,9%, stima ulteriormente tagliata dalla Banca centrale che nei giorni scorsi l’ha portata allo 0,7 per cento. Se anche andasse come si attende l’esecutivo, sarebbe il peggior risultato dal 2009.

 

Fonte:
Il Fatto