Brasile, i guai della Petrobras fanno infuriare mezza America
02/01/2015
C’è anche la presidente del Brasile Dilma Rousseff tra le 12 autorità citate dalla città statunitense di Providence alla vigilia di Natale nella denuncia presso la Corte di New York (che si occupa di class action) contro la compagnia petrolifera brasiliana Petrobras. Casus belli le ingenti perdite subite dalla capitale del Rhode Island con l’acquisto di obbligazioni della Petrobras, un tempo fiore all’occhiello del Brasile, e da mesi al centro di uno scandalo di corruzione che ricorda Mani Pulite.
Labaton Sucharow – che rappresenta Providence – è il quarto studio legale americano a intraprendere una class action contro Petrobras negli ultimi giorni, e altri sei lo faranno a breve. Ma è l’unico ad avere citato nomi importanti, a cominciare da quello della presidente. Per ora la Rousseff non è accusata, ma solo indicata come «persona interessata» insieme al ministro dell’Economia uscente Guido Mantega, l’ex presidente Petrobras Sérgio Gabrielli, Luciano Coutinho che guida il Bndes, la più grande banca pubblica brasiliana per lo sviluppo, e altri nove personaggi «di peso». «È troppo presto per dire se queste persone saranno chiamate a deporre», spiega al giornale «Estadao» Michael Stocker, socio dello studio Labaton Sucharow e responsabile della causa. Però a suo avviso una cosa è certa: i valori minimi che Petrobras dovrà sborsare al comune di Providence saranno nell’ordine di «centinaia di milioni di dollari».
Ma cos’è successo a Petrobras, uno dei maggiori simboli del Brasile? Nel maggio del 2008 la compagnia valeva 737 miliardi di reais, l’equivalente di 200 miliardi di euro al cambio dell’epoca. A fine 2014 dell’impresa petrolifera – il cui maggior azionista con il 55% dei diritti di voto è lo Stato brasiliano – rimangono appena 125 miliardi di reais.
La via crucis della compagnia petrolifera è dovuta a investimenti sbagliati, come la raffineria di Pasadena, in Texas, acquistata a un prezzo che a detta di molti è stato gonfiato, o come quella di Abreu e Lima, nel Pernambuco, che secondo il quotidiano «Valor Economico» sinora ha causato a Petrobras circa 10 miliardi di dollari di perdite. A fine 2013 «Forbes» stimava al 32% la probabilità che la compagnia andasse addirittura in bancarotta anche se, a detta degli esperti, «Petrobras è troppo grande per essere lasciata fallire» dallo Stato.
Rispetto ad allora però le cose oggi sono ulteriormente peggiorate perché nella primavera di quest’anno è scattata una mega-operazione di polizia, la «Lava Jato», che sinora ha portato in carcere per corruzione ex direttori e dirigenti Petrobras, oltre al gotha delle principali multinazionali brasiliane delle costruzioni. Nel mirino dell’inchiesta anche 28 politici: tra questi l’ex ministro dell’Economia Antonio Palocci, già coordinatore della campagna elettorale della presidente Rousseff nel 2010. Secondo gli inquirenti brasiliani, il valore totale della corruzione avrebbe condizionato appalti per oltre 20 miliardi di dollari mentre le indagini riguardano oltre 3 miliardi di euro di tangenti.
L’accusa nei confronti di Petrobras fatta da Providence è che alla base della perdita di valore dell’investimento – le cui azioni a Wall Street sono crollate dell’85% negli ultimi quattro anni – ci siano le tangenti e uno schema di lavaggio di denaro da miliardi di euro. Al momento i fondi raccolti da Petrobras con obbligazioni e titoli di risparmio superano i 100 miliardi di dollari e, per questo, a detta degli esperti le cause di class action americane si inseriranno tra le maggiori mai intentate negli Stati Uniti, con indennizzi simili a quelli di Enron e Worldcom.
Fonte:
La Stampa
Paolo Manzo