Azienda Italia, rischio crescita zero nel 2008

09/01/2009

Dopo l’estate, la produzione industriale italiana ha messo in evidenza un netto arretramento: l’indice destagionalizzato è diminuito per tre mesi consecutivi (da settembre a novembre) e il modesto rimbalzo stimato a dicembre non impedisce una brusca flessione dell’attività manifatturiera nel quarto trimestre sia nei dati congiunturali, così come in quelli tendenziali annui. Nella media del 2007 l’andamento della produzione è, dunque, tornato in crescita zero, a fronte della buona espansione (+2,6%) messa a segno l’anno precedente, con il picco ciclico toccato proprio a fine 2006, quando aveva temporaneamente recuperato il livello di sei anni prima. Nei mesi successivi del 2007 si è registrata una fase di assestamento, che si è via via trasformata in una nuova stagnazione, non lasciando intravedere nel breve termine una possibile inversione di tendenza. La frenata dell’industria in Italia è stata, ancora una volta, più sensibile rispetto agli altri paesi dell’area euro, dove la battuta d’arresto ha interessato sia la Germania che la Francia e la Spagna. Con il dato di novembre, in particolare, la produzione si è riportata ai minimi degli ultimi due anni, mentre il dettaglio dei settori offre un quadro di complessiva stazionarietà.

Come effetto della nuova debolezza della produzione industriale, anche il Pil sta segnando il passo tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, con una crescita congiunturale ormai stimata intorno allo zero. La media dello scorso anno, innanzitutto, si sarebbe attestata all’1,7-1,8%, se corretta o meno per i giorni lavorativi (tre in più rispetto al 2006). Nelle previsioni d’autunno la stima era superiore di due decimali, persi con i negativi risultati del quarto trimestre, chiaramente influenzati dal caro petrolio e dal supereuro, oltre che dalla stretta nel settore del credito. Ma le conseguenze più rilevanti si avranno nel 2008, in cui la crescita del Pil è prevista in forte rallentamento, dall’1,3-1,5% in autunno all’attuale 1% o anche meno (0,6-0,8%), se dovesse farsi sentire in Europa l’incombente recessione dell’economia americana, con un sensibile calo della domanda mondiale. A pesare sulla produzione e sul Pil ci sono sia i rincari del petrolio e delle materie prime, sia la minore competitività della nostra industria legata all’apprezzamento dell’euro, in cui le imprese italiane appaiono svantaggiate rispetto a quelle degli altri paesi dell’eurozona, a causa di fattori strutturali, quali il ristagno della produttività e i maggiori costi unitari conseguenti.

Insieme agli elementi di debolezza sul versante dell’offerta, occorre inoltre tenere conto che la situazione e le prospettive della domanda sono non meno problematiche. Guardando ai prossimi mesi, il recente andamento degli indicatori di fiducia di imprese e famiglie mostra un profilo cedente destinato a protrarsi nel corso dell’anno, aumentando così i rischi di una sostanziale stagnazione nella dinamica del Pil. I consumi privati continueranno prevedibilmente a languire, a causa della modesta crescita del reddito reale disponibile, aggravata dal rialzo dell’inflazione che sottrae potere d’acquisto alla famiglie, già ridotto dall’elevata pressione fiscale. A questo si aggiunge il rincaro del petrolio e dei prodotti energetici, con i suoi negativi effetti sulla capacità di spesa dei consumatori; la sopravvalutazione del cambio dell’euro sul dollaro e le monete collegate limita, a sua volta, le esportazioni in un contesto di crescenti difficoltà per il commercio mondiale. La dinamica dei consumi si sta indebolendo, del resto, in tutte le principali economie dell’eurozona e contribuirà alla generale frenata del Pil nel corso del 2008. Il rallentamento interesserà, poi, gli investimenti delle imprese, a cominciare dal settore delle costruzioni, su cui pesano l’esaurimento della ripresa ciclica e la stretta creditizia.

Fonte:
Il Sole 24 Ore