Avanza il made in Italy ma la produzione è al palo
09/01/2009
Gli Usa marciano a pieno ritmo ma avanza anche il made in Italy: in aprile le esportazioni italiane verso i paesi fuori dai confini europei sono salite dell’11,9%, mettendo a segno, per il secondo mese consecutivo, una crescita a due cifre (+13,6% a marzo 2004).
Ma la produzione industriale rimane al palo: secondo il centro studi di Confindustria a maggio è salita solo dell’1,4%.
Le vendite italiane sono andate a gonfie vele soprattutto verso l’America Latina, la Turchia e la Cina (ma il deficit commerciale rimane alto: 535 milioni) permettendo così alla bilancia commerciale di chiudere in terreno positivo con un surplus di 372 milioni di euro. In aumento, lo scorso mese, anche le importazioni: +6,7%, massimo da marzo 2003.
Il primo quadrimestre si chiude con un aumento delle vendite all’estero del 2,4% e il saldo negativo si riduce a 118 milioni. La volata delle esportazioni italiane è stata trainata dai mezzi di trasporto, le cui vendite sono aumentate in aprile del 73,6%. Il presidente dell’Istituto nazionale per il Commercio con l’Estero (Ice), Beniamino Quintieri, attribuisce questo miglioramento al contesto internazionale ed al minor deprezzamento dell’euro.
Ma dalle imprese non c’è grande ottimismo. La crescita dell’1,4% della produzione industriale – spiega Confindustria – «è principalmente da imputare al confronto statistico con il maggio 2003, in cui si registrò una forte flessione». Rispetto al mese di aprile l’indice della produzione industriale, depurato dei fattori stagionali e dell’effetto calendario, resta sostanzialmente stazionario (-0,1%).
Nella media dei primi cinque mesi di quest’anno la produzione mostra una crescita dell’1,2% (+0,2% a parità di giornate lavorative). Sul fronte degli ordini + 6,3% ad aprile nei confronti dello stesso mese dello scorso anno. Nell’ambito dei comparti industriali, le indicazioni sono particolarmente positive per le imprese produttrici di beni strumentali.
Mentre il prezzo del petrolio rimane ben sopra i 41 dollari al barile, l’economia a stelle e strisce dovrebbe assistere a una «robusta espansione» nel 2004, fornendo così un’opportunità al governo di ridurre i deficit in preparazione di costi più alti per i sistemi pensionistici e sanitari nei prossimi anni.
È quanto ha dichiarato il Fondo Monetario Internazionale a conclusione della sua annuale revisione sull’economia statunitense, che si chiude con la raccomandazione di portare i tassi di interessi a livelli più neutrali, cioè di rialzarli. Due i rischi sulla ripresa Usa: l’effetto della guerra in Iraq sui prezzi energetici e la possibilità che i consumatori Usa smettano bruscamente di spendere, visti i bassi risparmi, la lenta occupazione e le preoccupazione di una bolla speculativa in alcuni mercati immobiliari.
Ma questi rischi, afferma il Fmi, sono bilanciati da possibili sorprese al rialzo per l’attività economica.
Sul greggio l’allarme è rosso anche in Italia, dove si sono registrati nuovi aumenti della benzina. Sebbene sul breve termine è possibile una correzione al ribasso, a inizio giugno c’e ancora il rischio che i prezzi possano spingersi verso i 45-47 dollari al barile. Ad affermarlo è la banca d’affari Merrill Lynch. E c’è chi scommette su un barile oltre i 50 dollari mentre si stima che i rialzi del petrolio pesino per 60 miliardi in più sulla bolletta energetica dei Paesi più sviluppati del G7.
Il Gazzettino online 26/5/2004